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Ricordando San Martino

Creato il 11 novembre 2014 da Cultura Salentina

Ricordando San Martino

11 novembre 2014 di Dino Licci

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In un momento in cui il mondo è pervaso da una crisi che vede ogni giorno di più allargarsi la forbice della sperequazione sociale, è quanto mai opportuno ricordare il gesto altruistico di un santo che seppe donare metà del suo mantello ad un mendicante infreddolito.  Ma chi era Martino prima di diventare santo?

Egli  nacque in un avamposto dell’Impero Romano ai confini dell’odierna pianura ungherese. Il padre, tribuno militare della legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra, ma già da piccolo, egli  mostrò attitudini diverse se è vero l’episodio che lo vede, ancora bambino, fuggire  di casa e trascorrere tre giorni chiuso in una chiesa di Pavia. Nel 331 un editto di Costantino obbligò tutti i figli dei veterani ad arruolarsi nell’esercito romano. Così egli passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte di quelle truppe non combattenti che garantivano l’ordine pubblico, dalla protezione della posta imperiale al trasferimento dei prigionieri.

Si racconta che  una notte del 335, mentre faceva la ronda per ispezionare i posti di guardia delle guarnigioni,  egli incontrò un mendicante seminudo e, preso da pietà, tagliò in due il suo pesante mantello per donarne metà all’uomo sofferente il freddo. La  leggenda vuole che la notte seguente gli apparve in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello, che, al suo risveglio  era tornato integro. Tale  mantello  venne quindi conservato come reliquia nella collezione dei re Merovingi dei Franchi Il termine latino “cappella”(mantello corto),  deriva appunto da questo episodio  così come furono chiamati “cappellani” i custodi del  mantello, termine che  poi si estese all’oratorio reale definito appunto cappella.

Il sogno  impressionò tanto  Martino, che egli divenne cristiano e venne battezzato. Martino rimase nell’esercito per una ventina d’anni raggiungendo il grado di ufficiale, ma, giunto all’età di circa quarant’anni, decise di lasciare l’esercito e condusse, per ben quattro anni,  una vita da eremita diventando uno strenuo difensore della fede.

Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo ma, anche ricoprendo questa prestigiosa carica,   Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio nuove piccole comunità di monaci. Si batté contro  l’eresia ariana (concilio di Nicea) ed il paganesimo, predicò, battezzò villaggi, abbatté templi, alberi sacri e idoli pagani e, se gli perdoniamo questi eccessi di fede, è perché   dimostrò sempre compassione e misericordia verso chiunque.  La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana dove, oltre che come  taumaturgo, veniva venerato perché  uomo  caritatevole e giusto.

Più tardi egli  fondò  a Tours  un monastero  che divenne, per qualche tempo, la sua residenza.  Gli si attribuirono numerosi miracoli e la sua morte segnò l’inizio di un culto tramandatosi fino ai nostri giorni. Vien ricordato l’11 Novembre sebbene questa non sia la data della sua morte, ma quella della sua sepoltura.


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