La 54esima edizione dello Zecchino d’Oro si è conclusa sabato.
Non so quanti di voi seguano questa trasmissione o quanti di voi siano appassionati come lo sono io; non so nemmeno se sia normale per una sedicenne sciogliersi come un gelato sotto il sole di luglio ogni volta che risente una canzone dello Zecchino (pensate che nel suo iPod c’è addirittura un album pieno di canzoni). So soltanto che non saprei come resistere senza: ogni anno, verso metà novembre, non c’è nessun altro impegno che possa occupare quei cinque pomeriggi – soprattutto il sabato, giorno della finale.
Credo che i miei genitori me lo abbiano fatto guardare fin da quando sono nata o poco più, tanto che ancora adesso i cd delle edizioni dalla 41 alla 53 (quello di quest’anno lo devo ancora comprare), oltre che una buona decina di dischi di vinile risalenti a quando i cd non esistevano ancora, occupano uno spazio bello grosso sullo scaffale di fianco allo stereo. Insomma, sono cresciuta a suon di canzoni dello Zecchino, ma tutto sommato è da pochi anni che ho compreso l’importanza di questa trasmissione, che spesso viene considerata solo uno stupido show per bambini. Non c’è nulla di più sbagliato, perché sebbene lo Zecchino sia fatto dai bambini e per i bambini, il messaggio che sta dietro non potrebbe essere più bello, e questo vale sia per i piccoli che per i grandi: lo Zecchino è un punto d’incontro per bambini di ogni età e di ogni nazione (non mi scorderò mai, per esempio, l’abbraccio tra Nimrod, israeliano, e Ahmed, tunisino: due piccoli appartenenti a due realtà che non potrebbero essere più diverse e provenienti da due paesi in guerra, che lo Zecchino è riuscito ad unire) e la cosa più bella è che tra essi non c’è nessun tipo di competitività. Per loro lo Zecchino è un gioco tra amici: anche se alla fine una canzone vince su tutte le altre, tutti i bambini sono vincitori, e credo che ricordarsi a distanza di anni un’esperienza simile non possa che essere bellissimo.
Purtroppo non ho mai avuto occasione di partecipare come cantante (anche perché ai tempi, sebbene frequentassi già un corso di canto corale, avevo una fifa maledetta di cantare da solista…), ma come giurata incredibilmente sì: non potrò mai dimenticarmi di quel giorno, di quando avevo appena dieci anni – ovvero per lo Zecchino d’Oro n° 48 -, in cui per la prima volta ho visto l’Antoniano dal vivo e ho avuto l’onore di partecipare alle votazioni… Insomma, come vedete, anche per me questi ricordi sono molto preziosi.
Per quanto riguarda, in particolare, questa edizione dello Zecchino d’Oro – dovete sapere, infatti, che da quando ho fatto parte della giuria mi diverto ad assegnare anch’io un voto virtuale alle canzoni in gara -, sono contenta che abbia vinto Un punto di vista strambo: mi piaceva molto il ritmo del mambo e soprattutto il testo simpaticissimo. Belle anche Il rap del peperoncino (di questa, in particolare, ho apprezzato un sacco l’interpretazione del giovanotto ^^) e Silenzio, mentre non mi sono piaciute per niente Mosca e Bye bye ciao ciao (quest’ultima mi è sembrata tremendamente banale…). Ma la mia preferita rimane sempre Prova a sorridere: il testo è stupendo e soprattutto significativo, specialmente quando dice
Prova a sorridere a chi non ti piace, a chi gira lo sguardo se tu passi di là.
Prova a sorridere forse la voce di un amico ti risponderà.
Prova e vedrai non si sa mai cosa può fare un semplice sorriso,
In volo andrà e cambierà l’intero mondo ma… prova a sorridere.
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Concludo questo post breve e, come al solito, molto nostalgico scusandomi se vi ho annoiato con i miei ricordi e lasciandovi con quella che, secondo me, è una delle migliori canzoni mai sentite allo Zecchino d’Oro.
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