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Ricordi di letture in spiaggia: Selvaggia Lucarelli

Creato il 23 ottobre 2014 da Frailibri

Selvaggia Lucarelli, Che ci importa del mondo, Rizzoli (2014), euro 18,50

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Chi l’ha detto che solo le anglosassoni sanno scrivere romanzi rosa, ideali per una rilassante lettura estiva, e le italiane riescano a fatica a far bene? Il mio approccio con Selvaggia Lucarelli è passato dai social. La conoscevo, o almeno, conoscevo quello che (adesso l’ho capito) è il suo volto pubblico, ma incappare in un suo post su facebook condiviso da un mio contatto è stato come un colpo di fulmine. Ironica, coerente, divertente e senza dubbio interessante. Ho iniziato a seguirla. E, visto che mi piaceva il suo approccio alle cose, ho comprato il suo romanzo. E mi è piaciuto. Che sia rosa (e non del tutto), giallo (in un certo senso) o di qualunque altro colore poco importa. È una lettura piacevole e per quanto fiction l’ho trovato “onesto”, come lei.

Un po’ Sex and the city (un gruppo di amiche che, fra serate e chat di whatsapp, condividono tutto) ma meno patinato (un bicchiere di rosso in una località di montagna è meglio di un Cosmopolitan in un bar trendy di Manhattan), un pizzico di Bridget Jones (Viola Agen che va in pigiama ad accompagnare il figlio a scuola, che soccombe all’egocentrismo di un uomo, che abbassa gli occhi incontrando il vicino burbero) ma senza diventare patetica come la sfigatissima single e tantissimo Selvaggia.
Non so se sia vero che Selvaggia (come la sua protagonista) è stata per anni una ghost writer, ma devo dire che il “mestiere” ce l’ha tutto. Non sarà un capolavoro della letteratura mondiale, magari non verrà ricordato fra i classici da leggere assolutamente, ma è un libro scritto più che bene, curato, pieno di congiuntivi ben messi (ultimamente ho letto cose che voi umani…), con un progetto dietro, una trama studiata e non buttata a casaccio tanto pe’ pubblica’ (come sembrano fare tanti vip).

Tante sono le strade che percorre, con onestà e coerenza, questa storia.
Viola Agen è una mamma single di un bambino (Orlando, appassionato di Godzilla e piccolo saggio) che ti viene subito voglia di conoscere e che è la spalla perfetta della protagonista. C’è un padre, “trentenne in stato avanzato” ma rimasto indietro di almeno dieci anni, assente, anzi – che è peggio – presente a singhiozzi. Alcune cose che lo riguardano sembrano un po’ forzate (porta il figlio in una sorta di bisca e ad appuntamenti con narcotrafficanti); però, tutto sommato, il personaggio regge (lo reggeresti con una mano e con l’altra lo prenderesti a schiaffi, anche).

Dall’altro lato c’è l’amore che arriva quando meno te lo aspetti, il “rosa” che ti porta nelle vallate rigogliose di Rosamunde Pilcher, a chiederti se uomini come Vasco Martini, che regala sedie anziché fiori e sembra l’ultimo dei romantici (nonostante sia un politico, ergo, il peggio) esista veramente e ti auguri che la “vera” Viola lo abbia incontrato sul serio.
Logico trovare in questo romanzo parte del mondo della scrittrice, quello televisivo, in questo caso reso caricatura (ma forse nemmeno troppo) con personaggi e situazioni estreme che lo rendono talmente grottesco da sembrare verosimile.

Il piccolo giallo è concentrato nella parte finale, ma non è la scoperta di un assassino, di un ladro o la soluzione di un enigma. È il giallo di una mamma messa di fronte al suo essere protettrice e scudo di una creatura indifesa e sentirsi, a volte, indifesa anche lei. E per difendersi, commettere un errore. Grave, gravissimo, con cui dover fare i conti. E da cui cercare di uscire, anche appoggiandosi, per una volta, a chi la ama, con dignità e onestà.
E vi assicuro che nonostante il romanzo non abbia pretese di fare la morale a nessuno (di questo sono sicura), in certi aspetti vi farà riflettere, portando su un piano concreto e reale qualcosa che, sentendola magari distrattamente, mentre prepariamo la cena per i nostri figli che pensiamo di proteggere come nessun altro al mondo, giudichiamo troppo in fretta e cassiamo con “io questo mai, tutte in galera dovrebbero sbatterle!” Qualcosa che potremmo, almeno con un pensiero più empatico e meno superficiale, potremo condividere con Viola. Come tutta la sua storia del resto, che prende, coinvolge, dall’inizio alla fine.



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