Ricordi di scuola – 6

Creato il 08 agosto 2014 da Albix

Dopo la sospirata licenza elementare tutti noi, essendo ormai a regime la riforma della scuola media unica avviata nel 1962, e fatta eccezione per quei compagni già quattordicenni (l’obbligo scolastico, all’epoca, si arrestava a quella età), eravamo destinati ad iscriverci nella locale scuola media statale “Ernesto Puxeddu”, allora ospitata nella via Sivilleri (nome italianizzato del nobile ascendente catalano, Marchese di Alagon e Siviller).

Accadde però che alcuni  neo- licenziati elementari del mio paese decidessero, sulle orme di alcuni compaesani a quegli studi già avviati,  di iscriversi al seminario dei Salesiani di Arborea.

Non saprei spiegare per quale misterioso fenomeno si diffondesse in paese l’idea di intraprendere degli studi da seminarista.

Forse si trattava del  retaggio di un  passato in cui, famiglie che non se lo sarebbero potuto altrimenti permettere, erano riuscite a far  laureare i propri  figli grazie alla generosa accoglienza dei benemeriti Salesiani, sempre pronti, non per lucro ma per amore cristiano, ad accogliere tutti i giovani volenterosi di studiare e, perché no?, anche di avviarsi alla carriera ecclesiastica (manda o Signore, operai alle Tue messi!); o forse sarà stata la moda del momento; uno di quei flussi misteriosi ed arcani che smuovono persone e cose senza un’apparente, plausibile o logica spiegazione; o semplicemente il desiderio delle mamme (tra cui sicuramente la mia) di vedere i propri figli sistemati in una posizione sacerdotale che al tempo era rivestita ancora di un’aurea di prestigio e di stima.

Insomma, come fu e come non fu, anche io rimasi travolto da quest’ondata vocazionale.

Dopo averne parlato a casa fu deciso che avrei frequentato la scuola media parificata di “San Giovanni Bosco” ad Arborea. Mia madre era al settimo cielo. Finalmente vedeva concretizzarsi il suo antico sogno di vedere uno dei suoi sette figli maschi consacrato a Dio!

Dato che, come tutti i miei compaesani,  avrei frequentato da interno, mi  preparò un corredo coi fiocchi e i contro fiocchi e a fine settembre iniziai la mia avventura da seminarista.

Di quell’anno scolastico 1965-1966 e di quella prima media ricordo con piacere lo studio indefesso cui i Salesiani con la notoria competenza ci sottoposero: latino, italiano, storia, francese erano le mie materie preferite; un poco meno amavo la matematica, la fisica e il disegno (in cui ero proprio negato); ma la mia pagella fu comunque più che buona; ricordo anche il mio impegno nei cantores e nei super cantores (un gruppo ristretto del coro, prescelto dall’organista per accompagnare le messe dominicali); mi accadeva inoltre di essere prescelto come lettore (in particolare della seconda lettura) alla messa della domenica. Insomma tutto faceva sembrare che il sogno di mia mamma potesse finalmente avverarsi!

Ma  quando la pigra estate sorrense mi riavvolse nelle sue spire di avventurosa libertà, fatta di scorribande al fiume e nei campi, la mia vocazione si sciolse come neve al sole.

Al rientro in seminario una greve malinconia si impadronì di me e implorai i miei genitori di riportarmi a casa.

E loro, seppure a malincuore, dopo le vacanze di Natale, acconsentirono a non riportarmi più in collegio ad Arborea.

Finì così la mia breve carriera da seminarista.

Però il mio destino era quello di non concludere lil successivo anno scolastico nemmeno al mio paese natio.

Infatti mio padre, con uno di quei colpi di testa a metà tra il coraggio e l’incoscienza che costituivano uno dei  lati migliori del suo carattere (anche quando, come accade in questa circostanza, essi si mostrarono infruttuosi) decise di tentare il rientro nella sua terra d’origine, la Sicilia.

Così, neanche ebbi il tempo di finire il secondo trimestre che trasferì una parte della famiglia (io, mia madre e tutti i miei fratelli più piccoli, all’infuori di uno che venne ospitato da mia nonna nel paese di origine di mia mamma) a Spadafora (in provincia di Messina) dove aprì addirittura una gioielleria, alla cui conduzione mise mia madre, che dovette dividersi, più che mai,  tra negozio e famiglia.

Ma questo fa parte già di un’altra storia.

… 6 … continua…


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