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Ricordi: La storia infinita

Creato il 20 ottobre 2011 da Stregonestregato @ppstronzi

Stamattina mentre vagavo in macchina per Milano, girando di qua e di là per riportare indietro varie attrezzature da ripresa, sono incappato in una canzone che non ascoltavo da parecchio tempo: Neverending Story, cantata da Limahl e colonna sonora dell’omonimo film del 1984, da noi meglio conosciuto come La Storia Infinita.

Fermo al semaforo, tra i motori rombanti di gente stressata (compreso me) mi si è aperto un mondo: dalle nubi ho visto apparire il fortunadrago Falkor che con sé portava un mare di ricordi non del tutto assopiti, ma che mi hanno assalito con forza. Prima di tutto ho rammentato di quante volte a sette/otto anni, immaginavo di vederlo spuntare dalle nuvole; mi sono gasato e ho cominciato a cantare a squarciagola la canzone e ripercorrere con la mente le immagini di quel film che tanto ha caratterizzato la mia infanzia.

Mi è venuto in mente tutte le volte che cominciavo a singhiozzare alla morte del cavallo Artax nelle paludi della Tristezza: una scena cruda, triste e disperata che riusciva a farmi piangere anche se ero nel bel mezzo di una festa. Che poi diventavo seriamente disperato anche io, eh.

Ricordo l’amore per Bastian in cui mi rivedevo al 100%: un bambino timido, isolato, che si rifugiava nelle sue storie e nei suoi mondi fantastici e che aveva l’opportunità di vivere un’avventura magnifica: quante strane emozioni avvertivo quando Bastian stentava a credere di essere il vero protagonista di quella storia; mi sentivo davvero come se la cosa stesse accadendo a me.

E poi rimanevo incantato dalla prima volta in cui si vedeva la torre d’avorio, stagliata contro un tramonto mozzafiato, oppure dalla bellezza della principessa. Oppure dal passaggio di Atreiu attraverso la prima porta dell’oracolo del sud: due sfingi dorate dagli occhi chiusi che si aprivano al passaggio del malcapitato, fulminandolo con delle saette se non fosse stato degno. Le palpebre si aprono lente, con un montaggio incalzante e una musica inquietante e in quel momento io diventavo tutt’uno con la storia, smettevo di esser me stesso ed ero Atreiu che passava tra quelle due statue dorate. Ancora oggi, rivedendo quella scena, mi suggestiono e mi sale l’ansia che quegli occhi si aprano per uccidere.

Poi improvvisamente il semaforo verde e i clacson dietro di me hanno fatto sparire il buon Falkor e mi sono ritrovato di nuovo grande e con la voce dello speaker di radio 101 che copriva gli ultimi versi della canzone. Poco male, l’attimo in cui mi sono immerso totalmente nei miei ricordi è finito, ma lascia un buon sapore in bocca: una malinconia positiva, la sensazione di aver rivissuto e riassaporato una parte di me che amo particolarmente e che mi rende fiero. E che so che è ancora il nucleo del mio essere.


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