Una risata? La medicina migliore
E ossigena il cervello.
La neuroscienza conferma.
La storia di un linguaggio universale osteggiato.
La risata. Il suo potere mercuriale può distruggere o intensificare un momento romantico, interrompere una disputa, o dare un provvidenziale sollievo nell’intensità della tragedia. Parla qualsiasi linguaggio però trascende il linguaggio stesso. La risata genuina è liberatoria, in un glorioso momento ci libera dalle circostanze della nostra vita. È stata per molto tempo una forza per il cambiamento sociale, e perciò il bersaglio dei leader religiosi e politici determinati a soggiogare il suo effetto sovversivo. Oggi, grazie alla scienza, siamo più che mai vicini a scoprire come funziona.
Neurobiologia
Chiunque abbia mai provato a spiegare perché una barzelletta fa ridere sa che la risata spesso sfugge ai nostri tentativi di analizzarla. Recentemente, però, un numero sempre maggiore di scienziati ci hanno provato.
Secondo lo scienziato comportamentista Robert Provine, la risata è solo sotto un debole controllo cosciente. La maggior parte della gente non sa ridere a comando. Se chiedete ad un amico di ridere, “molti vi risponderanno mettendosi a ridere veramente (l’effetto del comando) dopo di che la metà di loro vi diranno: «Non posso ridere a comando». O qualcosa del genere”.
Provine spiega che molti possono riprodurre i suoni della risata a comando ma non hanno la capacità di accedere al meccanismo di controllo neurologico della risata spontanea. È vero anche il contrario. Può essere altrettanto difficile smettere di ridere a comando, e tentativi di farlo spesso creano solo ulteriori risate.
Questo debole controllo cosciente potrebbe spiegare uno degli aspetti che lasciano più perplessi della risata – la sua qualità contagiosa. La risata contagiosa è immediata ed involontaria ed implica “la comunicazione più diretta possibile tra la gente – da cervello a cervello – con il nostro intelletto che si lascia trasportare,” dice Provine.
Questo tipo di risata scavalca le parole, il che spiega la risata inter-culturale tra persone che parlano lingue diverse. Tali scambi sono particolarmente comuni tra i bambini piccoli. Questo non sorprende poiché i bambini ridono fino a 200 volte al giorno, dieci volte più spesso degli adulti.
Come spiega Provine, gli esseri umani possiedono un meccanismo neurale che replica il comportamento che notano, producendo “una reazione a catena comportamentale … a questo livello, il gruppo può essere visto come un superorganismo, con ciascun individuo come un organo sensore e motore del tutto.” In altri termini, siamo meno in controllo di quello che ci piacerebbe pensare. Altri comportamenti che fanno scattare tali reazioni a catena includono lo sbadigliare e, in misura minore, piangere e tossire.
La maggior parte della ricerca sulla risata è stata condotta su quell’umorismo che implica il linguaggio piuttosto che il tipo non-verbale. Uno studio recente ha esaminato la risposta del cervello ai giochi di parole e alle barzellette semantiche. Vinod Goel della York University a Toronto e Raymond Dolan dell’Istituto di Neurologia a Londra hanno trovato che sia i giochi di parole che le barzellette semantiche attivano la corteccia mediale ventrale prefrontale, una parte del cervello connessa alle funzioni di ricompensa e comportamento controllato. Però, le vie che hanno preso per arrivarci erano diverse: i giochi di parole avevano attivato l’area di Broca che è associata al linguaggio, mentre le barzellette semantiche aumentavano il flusso di ossigeno in entrambi i lobi temporali.
La risata soppressa
In tutta la storia i politici, i sovrani e specialmente le chiese hanno cercato di sopprimere la risata dei loro sudditi, facendo grandi sforzi per sradicare la risata tra la gente comune.
Le religioni hanno disapprovato della risata fin dagli inizi, con terribili ammonimenti scritti persino nei testi dei loro libri più sacri. Nell’Antico Testamento, Dio ride solo quando crede che i suoi sudditi l’abbiano rifiutato. Questo di solito presagisce alcuni avvenimenti molto sfortunati per i soggetti in questione. Nel 300 d.C. il Rabbino Chanina bar Papa ha ammonito, “Quando avete un impulso verso la frivolezza, resistetelo con le parole della Torah.”
I primi cristiani avevano una visione ancora più cupa della risata. Hugo di San Victor, uno dei più influenti scrittori del dodicesimo secolo, ha dichiarato, “La gioia può essere buona o cattiva, dipende dalla sua fonte ma la risata è diabolica in ogni senso.”
Nel Medio Evo, la chiesa cattolica dispiegò l’artiglieria pesante in due modi: la Crocifissione di Cristo ed il Giudizio Finale. Il messaggio era: prendete la vita seriamente perché Cristo è morto per l’umanità. Nelle parole di San Giovanni Crisostomo, “Cristo è crocefisso e tu ridi?”
I teologi ebbero alcune difficoltà sulla questione se Gesù stesso avesse mai riso. Nel Policratico (1154), Giovanni da Salisbury ha affermato, “Nessun uomo l’ha visto ridere ma ha spesso pianto in presenza degli uomini.” La figura medievale solitamente accettata di lui era “solenne, serio, scevro da ogni traccia di risata gioiosa,” dice il professore di inglese e storico Barry Sanders.
Il problema, spiega Sanders, era che “La gente avrebbe fatto fatica a prendere seriamente un Cristo che rideva. Poteva ridere delle nostre imprecazioni, avrebbe potuto dimenticarsi completamente di noi o, persino peggio, poteva respingerci. Ad ogni modo, probabilmente non avrebbe preso seriamente la nostra condizione. Con un salvatore non solo capace di ridere ma che sapeva farsi una sonora risata, le nostre preghiere avrebbero potuto perdersi tra quei rumori celestiali di casa dei divertimenti.” La solenne immagine di Cristo rimane saldamente impressa nella cultura occidentale e ridere in chiesa è tuttora generalmente disapprovato.
Se la crocifissione non fosse abbastanza per moderare la gente, c’era sempre la prospettiva della dannazione eterna. Un’espressione comune durante il Medio Evo era, “Non si può ridere pensando al Giudizio Divino.” Sanders suggerisce che ridere durante la vita era visto come creare una distanza da Dio – tentare di avere il paradiso sulla Terra invece di aspettare diligentemente per le ricompense dell’altra vita. Luca 6:21 ammonisce, “Guai a voi che ridete ora, perché vi affliggerete e piangerete.” Il riformatore carolingio San Benedetto di Aniane afferma inequivocabilmente, “Poiché il Signore condanna quelli che ridono adesso, è chiaro che non c’è mai un tempo per ridere per l’anima fedele.”
I puritani erano d’accordo. Nel 1655, una setta puritanica aveva fatto fare un sacro giuramento ai suoi membri di non dire mai spiritosaggini in pubblico o in privato. La loro preoccupazione aveva due motivi: la risata, ed invero ogni sorta di distrazione, sviava la gente dal loro lavoro quotidiano, uno dei princìpi fondamentali della religione puritanica. Inoltre, essi credevano negli eletti, un gruppo di persone alle quali era garantita la salvezza finché non avessero errato agli occhi del Signore. Benché nessuno sapesse chi erano gli eletti, essi credevano che certi segni esteriori indicassero il favore del Signore, come un comportamento dignitoso e malinconico. Così, afferma Sanders, “il comportamento erratico e degradato segnalava agli altri che una persona di sicuro non era stata eletta.”
Il concetto della risata come attività della classe bassa risale fino ai tempi di Platone. Nella Repubblica, egli condanna coloro che mostrano agli dèi o gente di valore che perde la sua capacità di giudizio con la risata, e proibisce ai suoi capi di interessarsi attivamente di ciò. “Platone sembra intento ad erigere delle solide barriere tra l’élite e tutti gli altri, basato su un elevato atteggiamento verso la risata eccessiva e la frivolezza,” secondo Sanders. Aristotele, lo studente di Platone, diede un po’ di valore alla risata ma era principalmente interessato all’arguzia, che comporta l’intelletto.
Nel XVIII secolo, la risata eccessiva era vista come un sicuro segno di origine di una classe bassa. Infatti, il termine “volgare” deriva dalla radice latina “vulgus” o “la gente.” Nel 1737 Philip Dormer Stanhope, quarto conte di Chesterfield, scrisse a suo figlio, “La risata frequente e sonora è la caratteristica di maniere folli e volgari; è il modo in cui la plebe esprime la sua sciocca gioia per cose sciocche … non c’è nulla di così gretto e così maleducato come la risata udibile.” Addison e Steele, editori della popolare rivista Spectator, hanno affermato che si potrebbe distinguere un uomo arguto dalla plebaglia dal suo “modo leggero e studiato di ridere a metà.”
La Risata Liberatoria
In una scena famosa di Mary Poppins, i personaggi principali levitano ridendo; più ridono, più sfidano le leggi della gravità finché raggiungono il soffitto. Possono discendere solo facendo pensieri tristi. Infatti, le parole “lievità” e “lievitare” derivano dalla stessa radice latina che significa leggerezza di peso.
Questa scena è una perfetta metafora della capacità della risata di liberarci dalle nostre circostanze immediate, per quanto orrende siano. La risata favorisce la speranza. Come ha detto il filosofo Frederick Nietzsche, “Forse, anche se nient’altro oggi ha un futuro, la nostra risata potrebbe ancora avere un futuro.”
Nel mondo, la risata agisce da protezione contro l’oppressione e la disperazione. Durante l’Olocausto, i prigionieri dei campi di concentramento si raccontavano delle barzellette per mantenere intatta la loro salute.
Durante l’apartheid in Sudafrica, la risata e la musica hanno avuto un ruolo importante nel tenere alto l’umore di coloro che erano arrestati, percossi e torturati dal governo. Ron Jenkins, un professore di arti rappresentative all’Emerson College a Boston, fu preso in una dimostrazione dove oltre 600 uomini furono arrestati per protestare contro il presidente sudafricano F.W. de Klerk. “Sfidando i loro catturatori, i protestanti iniziarono a scherzare e a cantare canzoni di protesta appena la porta sbarrata del furgone blindato fu chiusa,” dice Jenkins. “Quando arrivammo in prigione, la musica e le risate fluivano fuori dai furgoni e nelle celle. Più gente la polizia metteva in prigione, più festosa diventava l’atmosfera. Quando un prigioniero esausto suggerì che facessimo una pausa dai canti e balli, uno dei festanti rise: «Perché dovremmo stare zitti? Possiamo fare qualsiasi cosa vogliamo. Siamo in prigione!». Benché i prigionieri non potessero controllare le loro circostanze, potevano controllare il loro atteggiamento nelle circostanze.
In modo simile, oggi a Bali gli isolani usano l’umorismo per adattarsi a quello che sembra essere un inevitabile influsso di cultura occidentale. Nei suoi viaggi attorno al mondo, Jenkins fu accettato dai residenti dei villaggi balinesi e alla fine gli fu concesso di partecipare ai loro festival dove ha osservato il ruolo mutevole del clown del tempio.
Da tempo parte della cultura tradizionale balinese, oggi il clown si veste con gli stessi abiti degli attori che rappresentavano gli Dèi ma porta una maschera che caricatura un naso occidentale. In quello che Jenkins definisce “una perfetta parodia di turisti maleducati e invadenti,” il clown afferra una macchina fotografica di poco valore che ha appesa al collo ed inizia a fotografare qualsiasi cosa mentre grida, “Sorridete, prego, ancora una!” Il suo pubblico si sbellica e tutti capiscono le intenzioni dell’attore.
“La nostra cultura ha bisogno di un filtro per modificare le influenze dell’occidentalizzazione,” spiega Nyoman Catra, uno dei clown più richiesti di Bali. “Quando la gente guarda i risultati dello sviluppo moderno attraverso gli occhi dei clown, la vedono con una dose di scetticismo. I clown ci aiutano a filtrare gli eccessi del progresso in modo che noi possiamo cambiare ed evolverci senza perdere le tradizioni che rendono unica Bali.”
La migliore medicina
La risata può anche essere terapeutica dopo l’accaduto. In Lituania, dopo che l’occupazione sovietica era terminata, un gruppo di musicisti cantò un brindisi a Stalin che era popolare durante il suo regno. Jenkins descrive la scena. “Con il gaio accompagnamento di una fisarmonica rossa, profondevano lodi sincopate all’uomo che aveva condannato migliaia dei loro concittadini a morte nei campi di lavoro siberiani:
“Il Partito ci conduce alla felicità
E noi ringraziamo il caro Compagno Stalin
Dal profondo dei nostri cuori.”
Una donna anziana che era vissuta sotto il regime di Stalin e sedeva in terza fila, rise fino alle lacrime. Ceslovas Stonys, uno dei musicisti, sostiene che le loro esibizioni erano come sedute di terapia di gruppo.
A parte i suoi benefici psicologici, la risata ci potrebbe permettere anche di trascendere la malattia. Dalla pubblicazione di Anatomy of an Illness (N.d.T.: Anatomia di una Malattia) di Norman Cousins nel 1979, un numero sempre maggiore di prove mediche ci indica il potere guaritore della risata.
Cousins è guarito da una seria malattia del collagene, la spondilite anchilosante, attraverso una combinazione di dosi massicce di vitamina C ed una regolare dieta di risate. Le probabilità contro la sua guarigione erano di cinquecento a uno, secondo i medici. Cousins fece “ la gioiosa scoperta che dieci minuti di genuina risata di pancia avevano un effetto anestetico e mi davano almeno due ore di sonno senza dolore.” Dal 1985, un gruppo di studi ha suggerito che l’umorismo innalza i livelli di anticorpi, rafforzando il sistema immunitario.
Guaritrice, liberatrice, distruttrice di regni – la risata è il genio nascosto tra di noi. Gli scienziati stanno continuando a studiare le sue magiche proprietà e facendo nuove scoperte ogni anno. Ma devono ancora spiegare perché le cose fanno ridere. Invero, forse non lo capiremo mai. Ma ci divertiremo a provarci.
Bibliografia
Cousins, N. (1979). Anatomy of an Illness. Bantam Books: New York.
Jenkins, R. (1994). Subversive Laughter: The Liberating Power of Comedy (N.d.T.: Risata Sovversiva: Il Potere Liberatorio della Commedia). The Free Press: New York.
Provine, R. (2000). Laughter: A Scientific Investigation (N.d.T.: La risata: Un’Investigazione Scientifica). Viking: New York.
Sanders, B. (1995). Sudden Glory: Laughter as Subversive History (N.d.T.: Gloria Improvvisa: La Risata come Storia Sovversiva). Beacon Press: Boston.
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