… dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.
A noi che seguiamo gli insegnamenti tradizionali di Matsyavatara (Maestro Marco Ferrini), il quale ci esorta a mettere al primo posto nella nostra vita il principio di ahimsa (non nuocere, non sfruttare), questa storia non è mai andata giù.
Ed avevamo ragione a non farcela piacere.
Infatti tra gli esegeti dell’Antico Testamento è noto che la radice del verbo ebraico dominare è la stessa di discendere, ed in questa dualità sta la soluzione dell’equivoco secondo il quale l’essere umano avrebbe il diritto di soggiogare a proprio piacimento gli altri esseri viventi, fino a farne animali da macello.
Non è una forzatura del nostro contemporaneo desiderio ambientalista, né un’ortodossia del Maestro, attribuire alla Bibbia un pensiero all’insegna della responsabilità dell’uomo verso la molteplicità dei viventi. Dominare è anche cadere, se questo esercizio non viene inteso come “custodire”, infatti, sempre in Genesi, si legge che Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Ad essere pignoli l’esatta traduzione sarebbe che coltivasse e custodisse il suolo dell’Eden!
Leggiamo con attenzione e senza pregiudizio i testi delle tradizioni e non ci sfuggirà che quando una Tradizione è tale, ovvero il distillato di millenni di sapienza che ha sedimentato ciò che l’esperienza ha dimostrato essere valido, difficilmente ci porterà sulla strada sbagliata.
Secondo la tradizione Biblica (ma anche di altre civiltà dell’area medio orientale), Dio plasmò l’uomo e la donna dal suolo, come fece con tutti gli altri animali, e a tutti quanti soffiò nelle narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Nell’Antico Testamento si dice che il corpo dell’uomo è animato da un alito di vita (neshamah), un principio vitale (nefesh), un soffio (ruah) che rappresenta la sua dimensione spirituale, così come il suolo da cui è plasmato è la metafora della sua “animalità”.
La tensione tra terra e cielo è la condizione esistenziale propria dell’essere umano, a noi l’onere e l’onore di una particolare vicinanza a Dio, Lui solo diverso.
Noi invece non siamo diversi dal creato, chi pensa questo brancola nel buio ed oltre ad offendere la sua istanza più alta, è avviluppato in un tristissimo delirio autodistruttivo… come la storia ci insegna e come ascolteremo dal Mahabharata che il Maestro narrerà tra un mese a Volterra.
P.s.
Breve post con una lunga risposta utili per chi voglia pprofondire:
http://psicoanimismo.bloog.it/lequivoco-fondamentale-della-genesi.html