Il film in formato digitale diretto da Stefano Grossi ha chiuso la ricca e interessante sezione Documentariff, in cui sono risultati vincitori il viaggio alla scoperta delle nostre rovine moderne Unfinished Italy di Benoit Felici e il brasiliano The broken moon sul cambiamento climatico subito dagli abitanti dell’Himalaya, accanto allo svizzero An african election (Premio New Vision) e a Loro nella munnizza di Marco Battaglia (Menzione speciale).
Del suo vasto lavoro, intitolato Diari del novecento, il documentarista Stefano Grossi ha scelto di mostrare venti episodi incentrati sulla pericolosa vertigine autodistruttiva che attraversa il secolo in cui è stata costruita la bomba atomica, terribilmente riassunta dalle parole del fisico Oppenheimer: “Sono diventato Morte, il distruttore di mondi”. Il film comincia dalla mezzanotte del 1900, raccontata da una Sibilla Aleramo (Sabrina Impacciatore) preoccupata per la sorte della Terra che veleggia incontro a guerre e rivoluzioni, e da Lev Tolstoj (Giuseppe Battiston), che avverte: ”Bisogna ricostruire tutto da capo: è impossibile correggere l’ordine esistente con la ricchezza insensata e superflua di alcuni, e la miseria e il bisogno delle masse”.
Colpiscono le ultime parole dello zar (Gianmarco Tognazzi), la disperazione di Eva Braun (Cinzia Mascoli), così come emozionano le testimonianze di un kamikaze, dell’ambasciatore italiano a Mosca, di un intellettuale dal gulag albanese e il diario dal manicomio di Alda Merini. Alla fine del secolo, il regista Andrej Tarkosvski (Rolando Ravello) parla della catastrofe di Chernobyl e dichiara: “L’umanità sta già combattendo e morendo sul campo di battaglia nucleare. La guerra è già cominciata, solo i bambini e i pazzi non se ne sono ancora accorti”
Diari del novecento si avvale di una laboriosa ricerca in archivi privati e pubblici come l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio, che ha consentito al regista di affiancare materiale di repertorio all’interpretazione degli attori. Ma la completa assenza di movimenti di macchina, senza nulla togliere all’efficacia didascalica del film, ne rende poco interessante la realizzazione. Del resto, lo stesso autore afferma di aver lavorato con l’esclusivo intento di indurre il pubblico ad approfondire i protagonisti del ‘900, il loro vissuto e le tematiche toccate dal documentario.
Lucilla Colonna