Anno: 2011
Durata: 88‘
Genere: Drammatico
Nazionalità: Danimarca
Regia: Birgitte Stærmose
In concorso al RIFF 2012 nella sezione Feature Film Competition, Room 304, vincitore al Karlovy Vary International Film Festival, è il primo lungometraggio della danese Birgitte Stærmose, laureata all’Accademia di Arti Cinemtografiche e Media della Temple University di Philadelphia, già regista dei pluripremiati corti “Now, Look at me” (2001), “Small Avalanches” (2003), “Letters from Denmark“, “Principles of Attraction“, “Sophie” (2006) e “Out of Love” (2009).
Ambientato in un hotel di Copenhagen, il film promette nel prologo di raccontare la fugacità dell’esistenza umana, messa in luce dalla natura delle relazioni che i diversi personaggi della storia intrecciano tra loro, per caso o per destino.
Si ode lo sparo di un’arma da fuoco. Poi il gioco oscuro degli incontri ha inizio. Una pistola viaggia di mano in mano e le vite dei personaggi si intersecano fatalmente. Una coppia di immigrati (Ksenjia Marinkovic e Luan Jaha) ossessionati dalla vendetta, una donna (Stine Stengade) e il direttore dell’albergo (Mikael Birkkjær) travolti da una storia d’amore clandestina, una hostess spagnola (Ariadna Gil) in cerca di avventure sessuali, un receptionist ossessivo (David Dencik), una cameriera filippina (Lourdes Faberes): tutti interagiscono in un alternarsi di lingue diverse che volutamente rivela l’estrazione sociale e l’origine di ciascuno, conferendo al film un respiro internazionale.
Ciò che si consuma all’interno dell’albergo viene raccontato due volte, porgendo il punto di vista opposto a quello immediatamente precedente dei diversi personaggi, grazie anche a particolari espedienti registici. Il montaggio sembra essere messo al servizio di quello che dovrebbe essere il nucleo narrativo centrale, ma si ha l’impressione che il film non sempre riesca a centrare il punto e che, nonostante l’indiscutibile bravura degli attori, esso rischi di disperdersi in appendici narrative fuorvianti, a fronte della scelta di un’ambientazione non originale che rievoca storie già viste al cinema. Lo stile di regia è asciutto e non lascia spazio ad emozioni potenti.
Il sottile disagio che si prova di fronte ai titoli di coda potrebbe forse essere imputato al mancato riscontro del messaggio ultimo del film, che viene, invece, dichiarato didascalicamente dalla voce fuoricampo in apertura e chiusura, ma che non sembra completamente messo a fuoco. È possibile che, nell’intento coraggioso di complessificare il racconto, siano stati introdotti alcuni personaggi che, anziché essere funzionali allo svolgimento della sceneggiatura, producono confusione, sfilacciando la storia in frange di avventure la cui interconnessione si fatica a cogliere.
Manuela Materdomini
Scritto da Manuela Materdomini il apr 16 2012. Registrato sotto FESTIVAL, RECENSIONI FILM VISTI AI FESTIVAL. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione