Luca Lombroso
Riceviamo da Luca Lombroso, meteorologo e “divulgatore ambientale”, volto noto della TV per le sue apparizioni, per esempio, a Che tempo che fa, questo interessante articolo sulle relazioni tra rifiuti e cambiamenti climatici.
La versione integrale dell’articolo può essere scaricata dal sito di Luca Lombroso.
Come può il rifiuto intelligente fare il bello e il cattivo tempo, e che c’entrano i rifiuti con clima e cambiamenti climatici? Prima ancora di rispondere a questa domanda, è bene chiarire e sottolineare subito che il rifiuto non è mai intelligente. Il motivo è banale: in natura non esiste la parola “rifiuto”. In natura tutto si ricicla, o meglio riutilizza: la natura non solo fa la “raccolta riciclata” ma riutilizza tutto in meccanismi chiusi “virtuosi”, nelle foreste per esempio ci pensano insetti, microorganismi e altri animali a liberarsi di tutto, dagli escrementi alle carogne degli animali morti.
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Il rifiuto, in poche parole, non dovrebbe esistere: ma così non è, per varie ragioni, soprattutto legate al nostro squilibrato modello di sviluppo socio-economico.
Torniamo dunque alla domanda iniziale: come e perché il rifiuto può dunque fare il bello e il cattivo tempo? La risposta è che, pochi sanno, i rifiuti sono responsabili dell’emissione del 3% complessivo dei gas di serra, sia come media globale che in Italia, e addirittura del 9%, in Italia, della produzione di PM10 (fonte: annuario ambienta ISTAT su base dati APAT). Sia che lo sotterriamo in un buco nel terreno (discarica) o che lo bruciamo in un inceneritore, impropriamente detto “termovalorizzatore”, il rifiuto interagisce, oltre che con il suolo e le acque, con l’atmosfera: nel primo caso (discarica) producendo principalmente metano, un gas serra meno abbondante dell’anidride carbonica ma 21 volte più efficace nel fenomeno dell’effetto serra.
Nel secondo caso (incenerimento) dalla combustione, dato che “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, si sprigiona anidride carbonica, oltre a vapor acqueo. In più, in entrambe le modalità, nella filiera dei rifiuti si producono direttamente e indirettamente polveri fini. Per la parte di biomassa l’anidride carbonica emessa da un inceneritore risulta neutra, in quanto viene riassorbita nel ciclo naturale, purchè il ciclo sia rispettato (ad esempio, bruciando carta o legno di scarto si sprigionerà anidride carbonica che poi verrà riassorbita dai nuovi alberi da cui si ricaverà altra carta); così non è invece per la parte di materiali non rinnovabili, come plastica, che dovessero essere bruciati. Non è nemmeno vero come taluni credono che quanto bruciato si “trasforma” in energia, in quanto la combustione è chimica e non nucleare: qualche studente, corre voce, avrebbe detto che in un inceneritore si produce energia in quanto la massa di rifiuti sparisce e si applica la legge di Einstein E=mc2, quasi come un inceneritore fosse una centrale nucleare! Riguardo all’incenerimento comunque rimando al post “in visita nel lato B della società dei consumi” sul blog ASPO Italia.
Non è neanche vero che si “recupera” energia perché la quantità di energia prodotta bruciando un qualsiasi oggetto è nettamente inferiore a quella necessaria per produrlo, un esempio è la bottiglia di plastica e ancor più vero è, chiaramente, con il vetro, lattine, e altri materiali non infiammabili che finiscono invece dentro agli inceneritori. Questi ultimi anzi ne abbassano il potere calorifico, ed in più si ritrovano nelle polveri e ceneri di scarso, che possono rappresentare fino al 30% di quanto introdotto, che sono oltretutto un rifiuto speciale da portare in discariche in paesi lontani.
I rifiuti ci creano un mare di problemi per un motivo molto semplice: ne produciamo tanti. I rifiuti urbani, il pattume di casa per intenderci, sono cresciuti ben più del PIL, da 440 kg pro capite nel 1995 a 550 nel 2005, e da 26.6 a 31.2 milioni di tonnellate complessivamente. Una mole enorme, dato anche che nel frattempo il loro peso specifico è molto cambiato negli ultimi anni. Siamo passati da un peso specifico di quasi 300 Kg a metro cubo nei primi anni del 900 a 150 kg/metro cubo negli anni ‘60 a poco più di 100 kg/metro cubo odierni. Secondo alcuni calcoli, in Italia, il volume dei soli rifiuti solidi urbani (che sono circa un terzo di tutti i rifiuti prodotti) e’ di circa 60 milioni di metri cubi all’anno, pari ad una torre di 20 piani con un chilometro di base.
Produciamo tanti rifiuti perché consumiamo tanto ed ogni prodotto si trascina con se circa il 10-15% di rifiuti sotto forma di imballaggi, per non parlare del prodotto stesso e soprattutto, come vedremo, dello “zaino ecologico”: 354000 t/anno di detersivi implicano circa 18000 t di imballaggi da detersivi, 214000 t/anno di yogurt ed ecco 11000 t di vasetti di yogurt che, messi in fila, arriverebbero sulla luna. Abbiamo anche le 11000 t di scatolette da cibo per animali domestici come scarto di circa 216000 t di “pet food” secondo dati del 2002, ma che dire delle 1000 t di banali cartine di caramelle, scarto delle 24000 t mangiate?
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