Oggi, dopo il turbinìo della mattina appena iniziata (Chi sono? Dove sono? Che ore sono?), dopo la sistemazione dei vari ordini, un messaggio ad un’amica che mi sta a cuore; dopo essermi lasciata a morire lungo il corridoio e in cucina e in ogni stanza per l’ansia di un nuovo progetto, sono finalmente riuscita a mettere il naso fuori casa e a ragionare un poco. Cioè, ho provato a respirare e a togliermi un pò di peso: quel robo strano e grigio – molto simile alla polvere – che s’infratta sempre nei pressi dell’anima. L’unica modo per eliminarlo e debellarlo, fino alla prossima formazione, ha un solo nome: mamma – altro che swiffer!
Con la faccenda degli ordini, la necessità di creare e avere a disposizione materiale, ovviamente il più eterogeneo possibile, ho digitato, mentre guidavo, la combinazione e l’anima è rigurgitata fuori in auto, riempiendo tutto l’abitacolo, incuneandosi persino nei vani porta oggetti e nel baule.
Non lo so… mah… cioè… boh… ho provato a smantellare ‘sto peso, confessandole di come mi senta aliena in questo mondo. Sono fortunata, molto. Quando si è trattato di decidere cosa fare della mia vita – blablablabla – la mia famiglia mi ha ascoltata e non mi ha imposto nulla. Anzi, mi ha aiutata a intraprendere una strana molto, molto ardua, stretta e piena di curve. In fondo, quella scelta, in un certo senso è stata obbligata. Però, su questa mia strada così… elfica?… mi trovo – giuro – a non capire certi meccanismi o a non volerli accettare. Cerco di non lamentarmi mai. No. Vabeh, dai, mi lamento il giusto essendo un donnino. Le donne, da che mondo e mondo, sono geneticamente predisposte a lamentarsi, ma a parte la manicure non curata, la voglia di concedersi qualche trucco in più, non mi lamento mai. Ho smesso di farlo quando la vita si è manifestata in tutta la sua crudezza. E penso sia sempre pronta a farlo, magari non con me, ma con altri (basta leggere i giornali, guardare la televisione o andare dal medico) e, allora, ho deciso di non lamentarmi, perchè sono fortunata. Sì, nonostante le mille mancanze, sono proprio fortunata. Sono fortunata pure davanti e su questa strada in salita e non riesco – giuro che non riesco – a capire come si possa stare senza uno scampolo di sogno. I sogni non devono essere necessariamente utopie. Il sogno di passare una serata tranquilla con lui, il sogno di riuscire a rendere felici i bimbi con i Teddy o accontentare le richieste o, ancora, il sogno – piccolo piccolo – di realizzare qualche accessorio strambo e colorato.
I sogni possono essere milioni, immensi e piccoli. Il sogno di lavorare, di sentirsi realizzati e di sorridere sempre. Ehhhgggià…questi sono bei sogni. Non sono solo speranze. Personalmente mi sento fortunata – già l’ho detto – perchè nel mio piccolo mondo nuvoloso e gomitoloso mi sento realizzata eppure, sogno, ancora di fare di quest’isola qualcosa di più. E non ho fretta. Lascio che le difficoltà enormi mi travolgano ma va bene così. In fondo, le difficoltà non mi strapperanno mai quello che sono, anche se – lo ammetto – mi fanno sentire molto, ma molto aliena.
Ecco… così, giusto per riflettere a quattr’occhi e tastiera sotto le dita. Però le campane del mezzodì mi hanno distratta. Devo andare.
Benben <3"><3"><3