Quando il discorrere è intriso di emozione, di tensione ideale e di onestà intellettuale è una lezione da non dimenticare e una gratificazione per l’anima di chi ascolta. Si può anche non concordare su tutto, ma è sempre utile il confronto. Con tale convinzione abbiamo ascoltato giovedì 30 gennaio, presso l’Auser sez. di Benevento, in viale Mellusi 68, il prof. Antonio Conte, già docente di storia e filosofia e più volte parlamentare italiano.
Il tema, molto gravoso e di tragica attualità, verteva sui fondamentalismi nel mondo tra cui l’ISIS, sigla che sta per “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” e indica un gruppo terrorista - di matrice islamica - attivo in Iraq e in Siria, il cui attuale leader, Abu Bakr al-Baghdadi, ha unilateralmente proclamato la rinascita di un califfato nei territori caduti e che cadranno sotto il suo controllo. Complesso sintetizzare il variegato fenomeno che non è limitato a poche zone nel mondo, ma è presente, sebbene con caratteristiche proprie, in numerose terre del continente africano e del medio oriente. Esso è la punta dell’iceberg di scontri e violenze intestine, nonché di trasformazioni causate dall’agire umano che non sempre ha intrapreso la via giusta della cooperazione, dell’integrazione effettiva e del rispetto reale dei diritti altrui. Spesso interventi ammantati da belle intenzioni come favorire i processi democratici hanno nascosto o almeno si sono rivelati solamente un mezzo per interessarsi a fonti di arricchimento e risorse per il proprio tornaconto economico. Pertanto, sebbene non in un sol caso si auspichi perfino l’intervento armato sovranazionale, sotto l’egida dell’Onu, soprattutto bisogna convincersi che altre sono le strade per spegnere questa temibile avanzata degli integralisti, che non fanno altro che seminare terrore, anzi attraverso il terrore cercano di indurre i “non credenti” alla conversione, pena ritorsioni economiche e morte. Di qui anche la spettacolarizzazione delle loro cruente azioni militari. Bisogna osteggiare la loro politica intrisa di religione o la loro religione intrisa di politica con l’accoglienza e l’integrazione reali dei cittadini che per decisione personale o per accadimenti altri si trovino in realtà sociali lontane dal loro paese d’origine, estendendo ad essi le prerogative dei paesi di accoglienza e determinandone la crescita culturale. Bisogna consentire a tutti le stesse opportunità e una vita decente perché non si sentano sfruttati e dunque desiderosi di trovare sfogo e appagamento nell’azione di guerriglia. Bisogna intervenire con la diplomazia cercando di andare incontro ai governi che, vessati in casa, cercano appoggi per uscire da situazioni estreme. Bisogna intuire e agire in tempo perché non si realizzi la “guerra santa” che davvero sconvolgerebbe gli assetti storici e geografici dell’Occidente.
Adriana Pedicini