Magazine Religione

Riflessioni di fine anno dedicate ai miei alunni...

Creato il 29 giugno 2014 da Salvoc

Riflessioni di fine anno dedicate ai miei alunni... Alla fine di quest’anno scolastico mi è sorto il desiderio di fare qualche riflessione sul mio essere insegnante. Questa analisi la voglio dedicare ai miei alunni che stanno affrontando l’esame di maturità e che fra poco lasciando la scuola, in cui sono stato loro docente per anni, si cimenteranno con le difficoltà della vita.
Forse era destino che diventassi insegnante, probabilmente era quello lo scopo della mia esistenza. Quando ero piccolo, in campagna da mio nonno, mi capitava spesso di mettermi alla finestra della casa rurale che dava sul vasto vigneto di vigne basse che oscillavano al vento e di parlare ad esse come fossero alunni: già allora mi piaceva spiegare, si vede che è il modo con cui l'Altissimo mio Creatore ha voluto che portassi a compimento il mio dovere nel pellegrinaggio terreno.
Per la verità c’è stato un periodo della mia vita, durante l’Università e subito dopo la laurea, in cui avevo il desiderio di fare ricerca, volevo scoprire qualcosa nell’ambito della fisica, diventare uno scienziato, ma alla fine un po’ per  difficoltà economiche, un po’ per le distrazioni che presero il sopravvento impedendomi di applicarmi seriamente, e un po' per altri motivi, dopo un periodo di lavoro come programmatore, decisi di assecondare la mia vera vocazione e intrapresi perciò la strada difficile dell’insegnamento.
Mi ricordo che nei primi anni, quando ero supplente, qualche collega più anziano mi consigliava di scappare da quella professione bistrattata in cui avrei dovuto ingoiare molti rospi, ma a me insegnare piaceva, e quindi nonostante le difficoltà  restai. Furono per me tempi un po’ difficili, perché a Milano facevo la vita dell’emigrante, condividevo infatti   un appartamento a Quarto Oggiaro con altri colleghi e colleghe, ognuno con i suoi problemi, con visioni della vita contrastanti. Mi è rimasto impressa la difficoltà di trovare un alloggio e il prezzo proibitivo degli affitti, guadagnavo 800 mila lire al mese e per un monolocale ne chiedevano dai 400 mila ai 600 mila. Una volta cercando casa tutta per me, mi imbattei in una richiesta di 650 mila mensili, la proprietaria mi disse che l'appartamento possedeva una bella cucina nuova e arredata, ma io avrei voluto risponderle che per quel prezzo la cucina non mi serviva in quanto non avrei avuto più i soldi per comprare da mangiare…
E anche per andare a scuola, viaggi avventurosi…un anno che ero stato assegnato al Liceo di  Legnano prendevo nell’ordine: un autobus per recarmi alla stazione, poi il treno, poi la bicicletta posteggiata in un deposito per così poter arrivare alla scuola situata alla periferia del paese e poi  rifare  il percorso inverso per il ritorno. Quelli furono anni che ricordo con una certa tristezza: al grigiore del tempo senza sole di Milano, si aggiungeva una sorta di freddezza razzista dei lombardi, soprattutto quando parlavo e si sentiva  il mio accento siculo. Mi spiace dirlo, ma credo che andando via da Milano, dopo cinque anni, ho avuto la sensazione di non aver perso nulla ma anzi di averci guadagnato.
Ho avuto tantissimi alunni nel corso della mia carriera, con molti sono andato d’accordo, con altri un po’ meno, ma a tutti ho cercato di fornire una preparazione approfondita e un approccio il più possibile serio nello studio delle disciplne scientifiche, che potesse essere utile anche e soprattutto nel periodo dell’Università. Certo, oltre ad impegnarmi a fornire preparazione e metodo, ho anche dovuto assegnare  valutazioni ed esprimere  giudizi e questa è stata la cosa più difficile da fare, e quella forse in cui ho commesso più errori. Nei primi tempi mi chiedevo come era possibile che nella mia professione fossi tenuto a giudicare gli esseri umani che avevo davanti. Ogni persona è un mistero, lo siamo per certi versi anche noi per noi stessi, e all'inizio mi sembrava una pretesa pazzesca quella di dover esprimere delle valutazioni sul modo di essere e sentire dei ragazzi, però col tempo mi rassenerai,  capii e nel contempo perciò spiegai ai ragazzi che le valutazioni che mettevo dopo una interrogazione o un compito non erano relative al loro valore umano, ma  bensì semplicemente alla loro preparazione e al loro profitto rispetto a quanto era stato loro spiegato. E questa è una cosa molto importante: fare in modo di considerare le qualità di ognuno, indipendentemente dal voto ottenuto. Se i ragazzi si sentono apprezzati per i loro sforzi, anche se non riescono a raggiungere subito dei risultati, ma biasimati solo quando mostrano di non studiare per pigrizia, allora diventano più sereni ed accettano più facilmente il tuo giudizio. Io comunque sono dell'idea che sarebbe molto meglio se la fase di valutazione fosse separata da quella dell'insegnamento, non eliminata,  però eseguita da un altro docente deputato a fare solo quello.
Lo ammetto, quello della valutazione è stato sempre un problema per me. Di cosa vengo accusato infatti spesso e volentieri dai colleghi sempre in vena di giudicare, molto più che insegnare e farsi i fatti loro nelle proprie classi? Di essere troppo severo nei voti, per dirla in breve di essere cattivo, alle volte sono stato dipinto come un Torquemada!
Dopo tanti anni sono arrivato alla conclusione che quello della mancanza di uniformità nella valutazione è un problema nella realtà insolubile, anzi un falso problema, tant’è che tutte le ‘soluzioni’ proposte, specie da persone che non hanno mai insegnato, sono miseramente fallite. Il perché lo spiegherò con un esempio banale. Se io chiedo ad un alunno: “quanto fa due più due?” e l’alunno mi risponde “quattro” e io di rimando dico “bravo, risposta esatta, vai a posto, ti metto otto” posso farlo,  ma l’otto dell’alunno è sul “due più due uguale quattro”  e non su altro. Ebbene allora, se in classe il collega A enuncia un teorema ma non fornisce nel contempo la dimostrazione, quando interrogherà non potrà dare il voto massimo richiedendo la dimostrazione ma lo assegnerà  se l’alunno gli ripete solo l’enunciato. Invece il collega B che ha fornito anche la dimostrazione (e che quindi ha lavorato di più  per spiegarla e farla capire) per mettere il voto massimo richiederà  la dimostrazione, e siccome ciò è oggettivamente più difficile, sarà meno frequente che possa darlo. Quindi la  valutazione di B è diversa da quella del collega A per il semplice fatto che si stanno valutando cose diverse. Vallo a far capire all’esterno! Per i genitori c’è qualche scusante, ma per i docenti no! Ritengo che molti colleghi che fanno questo genere di critiche o sono in malafede o non hanno capito qual'è il vero problema!
Di solito sono andato molto più d’accordo con gli alunni che con i loro genitori o i miei colleghi e i presidi. Infatti in classe spesso basta un sorriso, una battuta di spirito e la tensione svanisce. I ragazzi per l’età che hanno sono propensi allo scherzo e alle risate, se li fai lavorare ma anche riposare e divertire li conquisti. In genere mi sono sentito amato dai miei alunni, ed è stato realmente così, perché l’amore quando c’è lo si avverte, non lo si può inventare, e questo è stata la maggior fonte di consolazione e sostegno nelle amarezze della professione e della vita. Quando i ragazzi dopo molti anni ritornano a scuola e salutano, mi fa piacere sentire che mi ricordano volentieri e riconoscono che ho insegnato loro qualcosa. E ciò non lo dico per vantarmi, sono conscio del fatto che avrei potuto fare di più e magari, con più impegno, recuperare alcuni che consideravo inadatti per gli studi scientifici, ma che volete, nessuno è perfetto!
Spesso sono stato odiato da alcuni colleghi, un po’ per invidia, anche se mi sono chiesto cosa ci fosse da invidiare, e un po’ perché non ho un carattere facile, lo riconosco, e rispondo picche a chi mi dice quadri.  E anche perché ho, come tutti, le mie convinzioni che difendo con passione, e purtroppo queste di solito non sono conformi al pensiero comune e al politicamente corretto che imperversa sovrano, e questo mio Blog ne è la dimostrazione. Io però non mi sono quasi mai permesso di giudicare il lavoro dei colleghi, a meno che non sia stato proprio costretto a farlo, né tantomeno ho mai parlato di loro con i ragazzi. Invece ci sono alcuni che ce l’hanno come abitudine, e mai come in questi casi starebbe bene il detto evangelico "ipocrita, togli la trave che è nel tuo occhio prima di notare la pagliuzza che è in quello del fratello". Ma di questo comportamento del prossimo me ne sono fatto una ragione, che volete, se aspettate di essere apprezzati da tutti state freschi, non succederà mai, e anzi ce da stare attenti quando ti loda tutto il mondo, anche i nemici, perché allora veramente qualcosa  non quadra e bisogna fermarsi e chiedersi "dove sto sbagliando?".
Mi sono reso conto, dopo tanti anni, che ciò che ha veramente avuto importanza è stato quello che sono riuscito a trasmettere ai miei ragazzi. Il resto invece, riunioni, discussioni, giudizi  è da buttare, tanta fuffa e nulla più.
Ecco perchè voglio concludere con un pensiero che stamattina appena sveglio ho scritto sul mio diario Facebook: Quando a fine anno lascio delle classi quinte mi prende un po' di malinconia. È come se andasse via una parte di me. Ad alcuni alunni ho insegnato a volare, perché la natura li ha dotati di ali, ad altri ho insegnato almeno a camminare. Sono consapevole di aver fatto il mio dovere, anche se forse avrei potuto fare di meglio e di più, ma la perfezione non è di questo mondo. Però tanta sarà la mia soddisfazione e grande la mia gioia se gli alunni nel corso della loro vita mi ricorderanno più come maestro che come prof.
Adesso per terminare auguro un grande “in bocca al lupo" a questi ragazzi.
Con la speranza di essere riuscito a restare per sempre oltre che nelle loro menti  anche nei loro cuori.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :