Fino a quando uno scricciolo dagli occhi blu come il mare mi ha convinta che non possa esistere emozione più bella che tenere il proprio figlio tra le braccia.
Aggiungeteci il lavoro (nella comunicazione, naturalmente) e le goie-dolori di una grande famiglia allargata... E capirete che di giorni così ne ho parecchi. Insomma, dove è finita la me stessa dei vent'anni, quella che di figli proprio non ne voleva sapere?
Si è persa tra i pannolini, i biberon, il senso di inadeguatezza? Sperduta tra pediatri, asili, festicciole di compleanno? Deceduta sotto le macerie della pesantezza derivante dal binomio lavoro-figli-uomo da accudire?
Ma no, eccomi lì! Ci sono ancora... Nel mio armadio, perchè la moda pur non essendone schiava fa da ponte tra il mio essere mamma e la mia voglia di rimanere "femmina". Nelle mie scarpe tacco 15, che ho portato fino alla sala parto. Nelle mie unghie che urgono ritocco alla ricostruzione, ma non c'è mai tempo. Nel carattere di mia figlia che rifiuta ostinatamente qualsiasi vestito che non abbia almeno un dettaglio di nero. Nella mente che rifiuta l'immagine di madre trascurata e spera di lanciare alle altre mamme il messaggio che i figli sono un incentivo e non un peso. Nella sbadataggine del non ricordare mai quello che stavo facendo il momento prima. Quella per cui la borsa non è mai abbastanza grande per contenere tutto e i capelli non sono mai troppo vaporosi.