è da quasi due settimane (forse anche di più) che non metto piede nel mio angolino web preferito, il Diario. Novembre è un mese pieno di novità (e di qualche, gloriosa, prova da superare): a costo di qualche schiaffo in pieno volto, ho imparato qualche lezione.
Ho imparato che quando vediamo che il mondo attorno a noi ci evita, relegandoci ad un angolino buio ed inospitale, è perché noi stessi non vogliamo buttarci nella mischia, perchè preferiamo la sicurezza di una posizione scomoda ma conosciuta, all'incertezza di ciò che ci si presenta dietro l'angolo.
Ho imparato che quando il mondo ti manca di rispetto, è perché tu stesso non esigi quel rispetto (forse, nemmeno te lo porti): perché, dopotutto, quando hai paura di esprimere la tua opinione nel rischio di non essere accettato dal collettivo, non hai nessun diritto di lamentarti circa il destino e/o le condizioni avverse in cui ti ritrovi a vivere. Quando rispetti te stesso, quando conosci ciò che vuoi o ciò che non vuoi sia fatto alla tua persona, il rispetto da parte di terzi - quello meno importante dal punto di vista dell'identità individuale, ma fondamentale per la tua esistenza collettiva - arriva automaticamente. E, qualora non dovesse esserci, hai tutta la forza per proteggere te stessa correggendo il comportamento altrui nei tuoi confronti, perché sei una persona degna di rispetto, vali una fortuna e nessuno, ripeto nessuno, può farti pensare il contrario o farti perdere tempo. E ricordiamo sempre una cosa: la gentilezza è un fattore fondamentale a questo mondo, a mio avviso troppo sottovalutato e poco applicato. Ma non è umanamente possibile, se non per pochi santi esemplari di super donne o uomini, mettere in tutto e per tutto gli altri e le loro esigenze davanti alle proprie. Gli zerbini stanno bene davanti alla porta, soprattutto dopo che pulisci casa, fuori diluvia ed i tuoi ospiti devono pulirsi le scarpe prima di entrare.
Ho imparato che una corretta e varia alimentazione, volta alla varietà e non agli eccessi, soprattutto se unita ad una costante attività fisica, ti riempie di forza e buona volontà, ed allontana lo spettro della pesantezza, anche mentale. Ma il piacere più grande, ve lo dico, è stato quello della scoperta: evitare il grande supermercato, in favore della piccola bottega sotto casa. Scegliere il fruttivendolo che coltiva ciò che vende, invece della catena di GDO che compra a prezzi da fame merce, molto spesso proveniente dalle celle dei magazzini di frutta, che poi rivende a prezzi maggiorati. Affidarsi a nuovi sapori, colori forti e ad un nuovo modo di concepire la cucina stessa: meno carne, più verdura, colori forti e sapori mai sperimentati (come quello della rapa rossa) e l'idea che la cucina è una vocazione da esprimere (il bisogno di nutrire e di far provare emozioni agli altri), una passione da cui trarre giovamento nel momento in cui la si mette in atto, ed un modo di ricavare energia necessaria per vivere. Non è un'ancora. Non è una scialuppa di salvataggio che ci aiuta nel momento della tristezza o delle crisi affettive: per quello ci sono i cani ed i gatti, i nipotini che sorridono sempre, gli amici con cui uscire, la musica da ascoltare e, nuova, nuovissima scoperta, pulire casa (quando sei infuriata, le pulizie ti riescono velocemente e molto bene).
Ho imparato che il nostro pensiero condiziona il mondo: non tanto perché la mente umana è dotata di questi magici attributi che le permettono di cambiare la realtà. Quanto perché ci sono sempre due modi di vedere le cose che accadono: uno positivo ed uno negativo. Quando prevale quello negativo, l'esistenza prende i colori della frustrazione, della solitudine, della paura ingiustificata: qualsiasi cosa accada, anche quella più stupida ed insignificante, diventerà parte fondante di un piano cospirativo ordito nei nostri confronti per farci soffrire, per non permetterci di essere felici. Perchè manca qualcosa: e quando manca qualcosa, ci illudiamo automaticamente di poter posticipare la nostra felicità a quando quella tal cosa ci sarà, perdendo completamente il senso dell'esistenza. Non siamo nati per soffrire, siamo nati per costruire. Per ricavare una lezione, per affrontare ogni sfida, indipendentemente dal risultato: perché affrontare la realtà, camminare (per quanto lentamente) verso il futuro, significa vivere davvero. Perché la notte non dura in eterno, perché la paura non serve a renderci persone statiche, ma ad insegnarci che siamo vulnerabili, esseri umani imperfetti, che vivono un'esistenza imperfetta ma che cercano in ogni modo di darle un senso. Spesso accettando il fatto che la vita stessa non ha senso, che la sofferenza arriva in modo totalmente indiscriminato, senza guardare il tuo conto in banca, la tua bontà o il modo in cui cerchi di vivere giorno dopo giorno. L'importante è ciò che fai per affrontare questo sentimento che, diciamocela tutta, è più che normale: si usa lo sterco per rendere il terreno più ricco. E perché, quindi, non dovrebbe essere necessaria la sofferenza per renderci persone migliori, ovvero persone capaci di apprezzare e comprendere ogni più piccola imperfezione?
Ho imparato che, talvolta, la compagnia di noi stessi è necessaria ad apprezzare in modo più totalizzante, quella degli altri.
Ma, soprattutto, ho imparato che se non posso cercare amore negli altri, in qualsivoglia persona, se io per prima non mi amo, non mi apprezzo e non mi rispetto. Questa è, senza ombra di dubbio, la lezione più grande che questo novembre mi ha insegnato.
Semplicemente epico.
Vi auguro di credere sempre nella vostra vita, amici: e tanta, tantissima fortuna.
Elena
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