C'è sempre qualcosa di sospeso e indefinito, qualcosa che va oltre il comprensibile e l'immaginabile, ed è ciò che accompagna il momento antecedente al tramonto. Non sto parlando in generale, questa sensazione la provo solo quando mi trovo davanti all'infinita solitudine del mare, quella vastità inconcepibile, che mi attrae e spaventa al tempo stesso.
Sono consapevole del fatto che non sto scrivendo in modo tradizionale. Mi spiego meglio. Non sto per niente seguendo la linea che mi ha condotto fin qui dall'inizio (o quasi) di questo blog. Ma è colpa dell'estate. E' lei, questa sinuosa sirena tutta luce e freschezza, che mi invita alla riflessione. Leggevo, qualche settimana fa, su una di quelle riviste di moda che fanno squagliare il cervello, che l'estate è il momento per mettere un punto alla propria situazione professionale o privata che sia. Concordo, anche se più che un punto metterei una virgola per separare tra loro le cose fatte, come avviene nei tag. Nei vari post, mi sto concedo quindi alcune riflessioni, talvolta implicite, circa il lavoro svolto fino a questo momento (e qui non parla solo del blog).
Tra poco quella medaglia infuocata si tufferà nel mare e del sole non resterà che un pallido languore sulla superficie dell'acqua. Le ombre si allungheranno e per me sarà il momento di preparare il biberon per mio figlio.
Non so a voi, però a me tutta quest'acqua mi piace e mi inquieta, come detto sopra mi attrae e mi spaventa.
Oggi pomeriggio, mentre le cicale si davano da fare per disturbare il sonno di mio figlio, guardavo alcuni quadri e fra tutti uno in particolare mi ha colpita perché, presumo, racchiuda tutto ciò che sento in questo entusiasmante e frastornato momento della mia vita.
L'artista si chiama Leonid Afremov.
Ps: ho scritto questo post verso le otto e mezza.