Lo scrittore Primo Levi immaginò un particolare tipo di duplicatore, chiamato Mimete, capace di duplicare un oggetto esattamente come l'originale. Da una parte si poteva inserire un foglio protocollo con i bolli, dall'altra usciva un foglio protocollo identico all'originale con su dei bolli veri, un clone perfetto.
Il protagonista prova quindi a duplicare vari oggetti, dapprima una banconota, poi un diamante, poi ancora una salamandra, riuscendoci felicemente. Alla fine duplicò la moglie e poi, stanco di avere due mogli, duplicò se stesso, per riformare due coppie uguali...
Ci sono delle macchine per fotocopie che fanno delle copie 'quasi' uguali all'originale, ma non perfettamente uguali, se continuiamo a fare una copia dall'ultima copia, la qualità degraderà più o meno velocemente in funzione della qualità della macchina. Quindi non è un Mimete.
Eppure la fantasia dello scrittore ha visto giusto, esiste un Mimete e molti di voi l' hanno in casa. Non duplica tutto, ma duplica perfettamente il software. La copia di un dischetto è esattamente uguale all'originale, non c'è modo di capire quale è l'originale e quale la copia, posso fare quante copie voglio, l'ultima copia sarà esattamente uguale all'originale. Il vostro PC è un Mimete limitato al software e la sua capacità di duplicazione è un fatto assolutamente rivoluzionario. Non solo è possibile duplicare, ma costa poco e lo possono fare tutti.
Si tratta di una rivoluzione importante, che mi piace chiamare "La Rivoluzione del Mimete" in onore di Primo Levi.
CHE COSA E IL SOFTWARE?
Il software non è altro che una ricetta, un qualcosa di immateriale che congiungendosi a qualcosa di materiale, l' hardware, trasfigura la materia informe facendola diventare qualcosa di ordinato e utilizzabile.
Dire che il software sia un' opera d'autore assimilabile ad un' opera letteraria è sicuramente forzato, inoltre la legislazione corrente che protegge il software è molto più severa di quella per esempio che protegge i libri.
Un libro posso leggerlo così com'è, ne godo direttamente , non devo metterlo in una macchina per goderne. Un libro posso imprestarlo ad un amico, in ufficio posso tenere una sola copia del Manuale dell' Ingegnere anche se ci sono dieci ingegneri che lo usano. Esistono biblioteche pubbliche dove posso prendere in prestitoun libro e leggerlo, quindi 'usarlo' completamente per quello che è stato fatto, con poca spesa.
E' vero che gli editori che fanno libri per la scuola si lamentano del fenomeno delle fotocopie, in Francia si è trovata una soluzione che prevede il versamento da parte delle scuole di un tantum a un fondo che risarcisce autori ed editori. Non so se sia il sistema migliore, ma sicuramente prende atto della facilità di copiare e cerca una soluzione non poliziesca.
CENNI DI STORIA DEL SOFTWARE.
La prima macchina che si considera essere un calcolatore digitale moderno è l'ENIAC, costruito nei laboratori della Moore School of Electrical Engineering dell'Università della Pensilvania, agli inizi degli anni '40. Iniziò a lavorare nel '46, venne spento nel 1955. Vale la pena di accennare all' architettura della macchina: 18.000 valvole, memoria a flip-flop, quindi ancora a valvole, 20 parole di memoria.
Usa un sistema digitale e non più analogico, ma non ancora il sistema binario. La macchina seguente, progettata da Von Neumann mentre l'ENIAC era in fase di realizzazione, usa ancora valvole, ma per la memoria usa una linea di ritardo acustica a mercurio, ed è una delle prime ad usare il codice binario, propugnato appunto da Von Neumann e ha una architettura che sarà poi seguita da quasi tutte le macchine seguenti. La macchina di Von Neumann entra in operatività nel 1950.
Entrambe le macchine furono costruite su iniziativa dell' Esercito Americano e furono usate per fare calcoli balistici, le usò anche Fermi per i laboratori di Los Alamos. Infatti i calcolatori precedenti a relè elettromeccanici erano molto più lenti, circa un secondo per una moltiplica, mentre l'ENIAC impiegava circa un millisecondo.
In quegli anni i dati venivano inseriti tramite schede perforate, i programmi venivano scritti in linguaggio mnemonico e poi tradotti da umani in codice binario. Solo nel '49 si iniziò a tradurre il codice mnemonico in binario con uno speciale software di traduzione.
Il primo vero linguaggio per calcolatori fu il Fortran, che iniziato nel '54 e ultimato nel '57, divenne il linguaggio più diffuso al mondo.
I calcolatori conobbero una prima rivoluzione con l' introduzione dei transistor, nel '56 infatti appare il TX-0, una macchina molto più piccola, che non usava schede per l'input ma la flexowriter, un perforatore di nastro cartaceo che molti di voi avranno visto sui telex in uso fino a qualche anno fa.
La seconda rivoluzione delle macchine è l' introduzione dei circuiti integrati, 1961. Le macchine diventano ancora più piccole e potenti, la memoria aumenta e la velocità di calcolo pure.
Nel 1959 John McCarty, padre della Intelligenza Artificiale, inizia a scrivere il linguaggio LISP, nel 1961 arriva al MIT il Pdp-1, una macchina con schermo ma con input ancora a nastro, prototipo di una lunga serie di macchine Pdp che assomigliano sempre di più ai calcolatori moderni.
Nei primi anni '60 John Kemeny scrive il Basic, nello stesso periodo l' agenzia ARPA (Advanced Research Project Agency) dell' Esercito USA inizia a finanziare progetti di ricerca sui calcolatori.
Siamo ancora nella preistoria del software, ci sono pochi programmi o non ce ne sono affatto, i ricercatori si scrivono i codici di cui hanno bisogno e se lo passano liberamente senza problemi. Le macchine vengono vendute con un po' di software come fosse un set di istruzioni per l'uso.
Ogni anno segna un progresso importante, nel 67, appare il primo floppy disk, nel '69 inizia lo sviluppo di Unix nel laboratori Bell di AT&T, nel '70 Intel, con la collaborazione di Federico Faggin, produce il 4004.
Se vogliamo dare una data alla fine del periodo iniziale questa potrebbe essere il '68, per il nuovo atteggiamento dell'opinione pubblica ed in particolare degli studenti che vedono con sospetto le ricerche fatte al MIT con i finanziamenti dell' Esercito, che culmina con l' assalto ai laboratori.
In quel periodo nasce e si sviluppa un movimento per portare il computer al popolo, di cui un protagonista è stato Lee Feldestain.
L'IBM, pressata dagli ambienti antimonopolisti, decise una mossa che voleva dimostrare come essa monopolista non fosse: scorporò il prezzo delle macchine, l' hardware, da quello del software, il famoso 'unbundling', dando così spazio a potenziali concorrenti nel settore del software.
Gli anni seguenti sono di grande fermento, nasce il primo PC, una macchina venduta in kit che si chiamava Altair. Molti di voi l' avranno vista nel film 'War Games', era una scatole con dentro un micro-processore, sul fronte delle levette per l'input e delle lucine per l'output! Costava 300 $ e aveva 256 byte di memoria. Non serviva praticamente a niente, eppure ebbe un grandissimo successo, portava finalmente in casa di tutti un computer, quello che Lee Feldstein ed i suoi amici predicavano da tempo.
Poi ancora una accelerazione incredibile: nel '76 appare il Sol, progettato da Lee e nel '77 l'Apple. Nel 1974 Brian Kernighan e Dennis Ritchie sviluppano il linguaggio C.
Il 1976 segna la nascita del software proprietario e dei principi che ci stanno dietro. Infatti assieme all' Altair si poteva comperare una versione del Basic, a circa 150 $. L' autore del programma e che chiedeva un prezzo così esoso era Bill Gates.
A causa del prezzo elevato qualcuno fece delle copie del programma (allora i programmi stavano su nastro perforato), Gates molto irritato, scrisse una storica lettera sui giornali letti allora dagli hacker, nella quale lamentava il fatto che si copiasse senza pagare e che questo fatto avrebbe ostacolato che del buon software venisse scritto.
"Chi può affrontare di fare del lavoro professionale per nulla? Quale hobbista può mettere tre anni di tempo-uomo nella programmazione, trovare tutti i bug, documentare il suo prodotto, il tutto gratuitamente?... Francamente, la cosa che voi fate è rubare." (Bill Gates, lettera aperta sulla pirateria, apparsa sul bollettino dell'Homebrew Computer Club, il 3/2/76.)
Argomentazioni sulle quali Bill ha costruito i suo impero, certamente con buona parte di verità ma che non tengono conto che già allora esisteva un Mimete con il quale si poteva copiare facilmente, velocemente e a basso costo.
Sul Doctor Dobbs Journal, Jim Warren scriveva:
"Quando sarà gratis o così poco costoso che sarà più facile pagarlo che duplicarlo, non verrà più rubato".
Tim Pittman scrisse allora un Tiny Basic e lo mise in vendita a 5 $! Lo fa teorizzando che il software deve essere disponibile per tutti e che quindi deve costare il meno possibile.
IL COPYRIGHT/DIRITTO D' AUTORE NEL SOFTWARE.
Fino a circa la fine dell'80, il software veniva ceduto assieme alla macchina o veniva scritto su richiesta dei clienti. Se c'erano dei pacchetti pronti, questi dovevano venir personalizzati per ogniutente. E' solo con la nascita del PC IBM, 1981, quando il computer si diffonde in milioni di pezzi che nasce una richiesta di massa di software.
Su come proteggere i diritti dell' autore del programma software esisteva un dibattito teorico sin da una decina d' anni. In Francia nel '68, una legge dichiarava il software non brevettabile. Negli USA , con approccio più pragmatico, semplicemente il software non veniva brevettato in quanto l' Ufficio Brevetti non aveva la più pallida idea di come si potesse brevettare un programma software. Il problema esiste tuttora, essendo quasi impossibile riconoscere se un software in qualche modo lede i diritti brevettuali di un altro.
Oggi tutta via si brevettano gli algoritmi, una assurdità totale, che però sull' onda del successo del concetto di "proprietà intellettuale", riesce a venir accettata dai legislatori e dalla opinione comune.
Sarebbe come se oggi la tabellina del nove o i logaritmi fossero brevettati e doveste pagare per usarli.
Nel 1980, su pressione dei produttori di software, il governo americano promulgò il Copyright Act con il quale si riconosceva al software lo stesso tipo di protezione accordata sino ad allora ai testi letterari o alle altre forme d'opere d'arte.
Non sfuggiva ai legislatori l' effetto 'Mimete', ma venne semplicemente risolto vietando severamente ogni forma di duplicazione del software. Tanto era rigida la legge che un po' dopo dovettero chiarire che la duplicazione per uso di 'back-up' era lecita!
Senza entrare nei dettagli, voglio solo far notare con l'ultima legge anti pirateria italiana, la copia illecita di software è punita con reclusione da 3 mesi a tre anni, come mi ha ricordato vigorosamente un immenso cartellone a Malpensa: ci vogliono 3 minuti per copiare un programma ma ti può costare 3 anni..!!
UNA BREVE STORIA DEL DIRITTO D' AUTORE.
L'idea del copyright e la legislazione relativa nasce dopo l' invenzione della macchina da stampa di Gutemberg (1400-1468). L'idea era semplice: stampare un libro costa, quindi se lo stampo io non deve poterlo stampare un altro.
La legislazione originale quindi proteggeva gli interessi degli stampatori, l' autore non veniva preso in considerazione, anche perché spesso poi i libri contenevano testi di antichi scrittori morti da secoli. Il libro più stampato infatti era la Bibbia.
Il monopolio librario relegava gli autori in una posizione palesemente subalterna o inesistente. Dal 1709 (data che segna la nascita il diritto positivo del copyright) fino al 1774, la proprietà letteraria dell' autore fu affermata a beneficio degli editori più che degli autori.
Solo nel 1777 gli Editti che precedono la Rivoluzione Francese, riconoscono il diritto d'autore, nasce allora la concezione moderna della tutela dell' autore. Il diritto d'autore è la proprietà più sacra in quanto si considera "inscindibile l'oggetto dal soggetto'.
Si riconosce finalmente la figura dell' autore e se ne tutelano i suoi diritti. L' autore dell'opera possiede tutti i diritti per il semplice fatto di esserne l' autore. Può poi cedere alcuni o tutti i diritti a terzi con un patto esplicito. Se si tratta di un testo, in genere i diritti sono quelli di riprodurre il testo in un libro, eventualmente di farne delle traduzione e ancora delle ristampe. Se l'opera è un quadro, l' autore può cedere il diritto di copia dell'opera, per esempio per farne una copertina, o un manifesto.
Un autore può tutelare la sua opera anche se ha ceduto i diritti di riproduzione. Può esigere che l'opera resti integra, o che non subisca modificazioni. Hanno quindi ragione quei registi che pretendono che il loro film passi senza interruzioni pubblicitarie, o che rifiutano che vengano tagliati (o censurati) in alcune scene.
In via generale se comperate un quadro, con il possesso e la proprietà legittima dello stesso, non avete automaticamente il diritto di riprodurlo.
I diritti d'autore sono ereditari, per cui gli eredi potranno godere dei vantaggi economici derivanti dai diritti d'autore anche dopo la morte dell' autore.
Le multinazionali (americane) del cinema, della musica e del software sono riuscite ad ottenere il prolungamento della durata dei diritti d'autore fino a 70 anni dopo la morte.
Quando il legislatore dice Autore intende "di opera artistica". Negli USA il concetto di copyright tende a venir esteso anche in mancanza di un' opera d'arte. Persino una lettera commerciale è stata considerata soggetta a Copyright.
Negli USA è oramai prassi brevettare anche il software, non programmi interi, ma pezzi particolari. E' brevettato il cestino dell'Apple, l' algoritmo di compressione usato dal programma zip, l'ex-or del puntatore grafico. La Microsoft deposita migliaia di brevetti e così pure le altre grandi case.
Oggi nessuno può seriamente pensare di scrivere del software commerciale se non ha capitali molto grandi. Infatti deve utilizzare schiere di avvocati a tempo pieno per assistere chi scrive, affinché non incorra in infrazioni di brevetti o di copyright. Poiché è impossibile che uno studio di avvocati conosca tutti i brevetti di software, c'è la quasi certezza di incappare in qualche azione legale. Cause che costano molto o si chiudono con costosi accordi.
Avevamo detto che la legislazione USA ha assimilato il software ad una opera d'autore e quindi ha utilizzato il corpo legislativo del copyright per proteggerlo.
I SEI PUNTI DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE.
L'avv. Pamela Samuelson ha così voluto riassumere i 6 punti principali della rivoluzione digitale:
1)E' molto facile duplicare, si fa presto, costa poco, le copie sono dei duplicati perfetti dell' originale.
2)E' facilissimo trasmettere i dati e si trasmettono quasi istantaneamente, si trasmettono in tutto il mondo scavalcando barriere nazionali, doganali, censorie.
3) Il dato digitale è malleabile, si può trasformare quanto si vuole, si può deformare quanto si vuole, un originale ne diventa facilmente un altro deformato o rielaborato.
4)Le opere letterarie, sonore, grafiche, una volta messe in forma digitale, subiscono la stessa sorte, sono indistinguibili nel supporto, non sono più differenziate tra libro, quadro e disco, mettendo in crisi i concetti di copyright che sono diversi se si tratta di quadro disco o libro.
5)Il dato digitale è compatto, è piccolo si trasporta facilmente.
6)Il dato digitale non si visita più linearmente come si fa con un libro, ma in modo non lineare. Tutti coloro che hanno visitato un sito in Internet non hanno letto pagina dopo pagina, ma sono saltati da una pagina ad un altro sito, creandosi percorsi individuali.
Ciascuna delle caratteristiche precedenti è sufficiente a causare una rottura delle dottrine esistenti sulla proprietà intellettuale. Tutte e sei assieme sicuramente costringeranno i legislatori ad una modifica radicale del concetto di copyright e di proprietà intellettuale.
I VANTAGGI DEL FREE SOFTWARE.
Le sei caratteristiche citate da Pamela Samuelson riguardano in generale tutti gli aspetti del digitale, per quanto riguarda in particolare il software, invece questi sono gli argomenti principali a favore del software libero.
1) la diffusione del sapere funziona se l' informazione circola: Jefferson ha detto che se alla luce di una candela studiano due persone, il sapere dell'umanità aumenta, senza che per questo si consumino più candele.
2) le limitazioni imposte dai 'privilegi' del copyright e dei brevetti impediscono lo sviluppo tecnologico e scientifico e facilitano i monopoli.
3) il mantenimento delle licenze con le quali il software oggi è venduto, e la relativa assimilazione del software ad una opera letteraria, induce una legislazione oppressiva assurda e la sua applicazione necessita di un sistema poliziesco da grande fratello.
4) il software libero è meglio per gli utilizzatori, in quanto hanno a disposizione il codice sorgente per fare delle modifiche a degli adattamenti alle loro necessità specifiche rapidamente e senza esborsi onerosi
5) il software libero è meglio per i programmatori, che non devono avere un avvocato alle spalle e in quanto hanno a disposizione dei codici che possono utilizzare per scrivere altro codice, in un processo di accumulazione e di sviluppo del sapere.
6) il free è meglio per gli utenti perché' non ci sono licenze da pagare.
Il free è il futuro, non soppianterà il software proprietario per quanto riguarda applicazioni complesse professionali, ma lo costringerà a tornare a prendere in considerazione la vecchia affermazione di Jim Warren, "quando costerà così poco che sarà più facile comperarlo che copiarlo...."