Vorrei iniziare da lontano: da William Tyndale, anno 1524. Siamo in piena Riforma e in piena Rivoluzione di Gutenberg, ovvero dell'invenzione della stampa. Tyndale fece due cose importanti. Per prima cosa tradusse in inglese la Bibbia.
All'epoca esistevano solo versioni in greco e in latino, vecchie di secoli, che pochissimi erano in grado di leggere e capire, c'era la versione in tedesco di Lutero, ma non esisteva alcuna versione in inglese. Poi fece stampare 50.000 copie della traduzione inglese in Germania e le introdusse in Inghilterra.
La duplice iniziativa non piacque alla Chiesa, Tyndale fu prima incarcerato, poi condannato a morte tramite strangolamento e infine messo al rogo.
Aveva commesso, diremmo noi in termini moderni, due crimini: aveva tradotto (e quindi modificato) la Bibbia senza il permesso di chi ne deteneva, o almeno pretendeva di farlo, i "diritti d'autore" e inoltre si auspicava di diffonderne la traduzione in grandi quantità e a un prezzo contenuto, crimine ancor peggiore in quanto portava la conoscenza della Bibbia alle larghe masse, sottraendone il monopolio alla ristretta casta sacerdotale del tempo.
Oggi non si strangola e non si mette al rogo, ma non si scherza neppure.
Oggi viviamo un'altra rivoluzione, quella digitale, che permette la riproduzione in migliaia di copie, in maniera semplice e a costi ridottissimi, una Rivoluzione che sta cambiando le nostre vite e i nostri modi di scambiarci informazioni.
Gli odierni detentori dei diritti d'autore, disturbati e preoccupati da questa nuova Rivoluzione che minaccia i loro diritti, ma soprattutto i loro portafogli, stanno reagendo da alcuni anni in maniera scomposta, assurda e illiberale.
Le società americane che operano nei settori protetti da copyright hanno iniziato una guerra mondiale contro la copia illegale delle informazioni digitali. Sono le società che operano nel settore dei film, della musica e del software, giro d'affari complessivo da 470 miliardi di USD l'anno (circa la metà del PIL dell'Italia). Si muovono su due fronti: il primo è quello della repressione della copia illegale, il secondo, e parallelo, è quello della difesa a oltranza dei sistemi di protezione della copia.
Una copia di CD non autorizzata si vende a due dollari, un originale di musica a 15 USD, un originale di software a circa 100 USD. La differenza è enorme e quindi invoglia molte organizzazioni illegali a produrre copie senza autorizzazione e a metterle sul mercato.
Il mondo dei produttori di opere digitali ha reagito a questa situazione chiedendo maggiori pene per i 'copiatori' e introducendo la protezione software della copia. In pratica l'informazione viene criptata e può essere decriptata solo con apposito software o hardware. Ogni tentativo di aprire la protezione senza autorizzazione è considerato un atto criminale da una nuova legge approvata negli USA, la DMCA nel 1998, indipendentemente dal fatto che il contenuto protetto sia soggetto al diritto d'autore o no e dal fatto che si abbia acquistato legalmente la copia criptata pagando quindi anche i diritti d'autore.
E' una cosa semplicemente assurda: è come se voi compraste una casa legalmente, ma quando vi apprestate a prenderne possesso, scoprite che alla porta c'è un lucchetto che vi impedisce di entrare. Vi rivolgete a chi vi ha venduto la casa che vi dice che per aprire il lucchetto dovete rivolgervi al loro servizio specializzato di apertura dei lucchetti, al costo di un tot. Vi rifiutate di pagare il tot, guardate il lucchetto, scoprite che potete aprirlo con una forcina, lo aprite ed entrate a casa vostra: venite arrestato per aggiramento dei sistemi di protezione!
Eppure la casa l'ho acquistata e mi stavo accingendo a un uso legale della casa appena acquistata! Non importa, il solo atto di aver aperto "illegalmente" il lucchetto è un crimine!
Dicevo che oggi non si usa lo strangolamento e il rogo, ma che non si scherza lo stesso, ecco alcuni esempi.
Dmitry Sklyarov, un giovane programmatore russo in visita negli USA per partecipare a un convegno, viene arrestato su iniziativa del Dipartimento di Stato e lasciato rientrare in Russia solo sei mesi dopo. Dmitry ha scritto in Russia un programma, legale nel suo paese, che permette di aprire il formato criptato dei formati degli eBook di Adobe, per vari usi perfettamente legali, quali trascriverlo in altri formati, stamparlo e ascoltarlo (cosa particolarmente utile per i non vedenti.
Ma negli USA, per la DMCA, aggirare una protezione è un crimine e quindi Dmitry, che non è cittadino americano e ha scritto il suo software legalmente in Russia, viene arrestato. Le imputazioni sono vaghe e imprecise, il Dipartimento stesso non specifica bene le colpe di Dmitry, ma intanto lo trattiene per ben sei mesi, dopo di che, forse accorgendosi di non avere elementi sufficienti in mano, lo lascia rientrare.
Va sottolineato che l'iniziativa non è partita dalla Adobe, licenziataria degli eBook, ma direttamente dal Dipartimento di Stato americano, e anzi la Adobe non ha appoggiato l'iniziativa.
Altro esempio di reazioni scomposte: Johansen, un giovane programmatore norvegese, scrive il programma DeCSS che permette di vedere i DVD in un sistema Linux. Per farlo deve aprire la protezione criptata dei DVD: quindi per la DMCA è colpevole, quindi la Giustizia americana interviene e proibisce ai siti americani di pubblicare o persino di fare un link ai siti dove è possibile trovare il programma. Jon Johansen inoltre viene incrimitato dalla Governo norvegese, su pressione dell'industria cinematografica americana, e ora rischia due anni di carcere per un software che ha scritto quando aveva 15 anni!!
Sembra la storia di Davide e Golia.
Voglio qui ricordare un ultimo esempio di utilizzo della DMCA che se non fosse allucinante sarebbe persino umoristico.
Un gruppo chiamato SDMI (Secure Digital Music Initiative) indice un concorso pubblico per incoraggiare tecnici abili a cercare di sconfiggere una certa tecnica di watermarking per la protezione della musica digitale. Il Prof. Edward Felten di Princetown, affiancato da un gruppo di ricercatori, accetta la sfida e riesce a rimuovere la protezione.
Il bando di concorso prevede un premio, a condizione che il risultato resti segreto. Il Prof. Felten rinuncia al premio e annuncia la pubblicazione del risultato. Immediata la reazione della SDMI in base alla DMCA: il Prof. Felten è diffidato a divulgare il suo risultato come pure gli organizzatori della conferenza dove avrebbe dovuto parlare, in quanto potenziale complici del crimine!
Un ultimo esempio, questo degno di Orwell è il CPRM (Content Protection of Recordable Media). La Intel sta sviluppando un chip, chiamato Fritz, e Microsoft sta sviluppando un apposito software per questo chip, il Palladium.
Fritz, una volta installato nella motherboard, verifica, quando il computer viene acceso, se il software installato è in regola e segnala a un apposito centro di controllo le eventuali effrazioni, cosa che questo possa provvedere di conseguenza.
Ma cosa c'è che non va nella protezione della copia?
In fondo copiare è, anche per la legge italiana, proibito.
Negli USA esiste un concetto preciso, che la legislazione corrente non ha ancora fatto sparire, chiamato "fair use". "Fair use" vuol dire che se io ho legalmente comperato una copia di un prodotto digitale posso farne liberamente uso a scopi personali. Per esempio posso fare una copia del mio CD musicale da tenere in automobile, posso copiare dei pezzi per scopi didattici, di critica o di studio, posso, nel caso dell'eBook, ascoltare il libro, posso fare delle copie a uso personale, per esempio per far valutare un gioco o un programma a un amico.
Tutti i sistemi di protezione della copia impediscono queste libertà , limitando di fatto il libero uso di prodotti legalmente acquistati e inoltre limitano la ricerca scientifica e il progresso tecnologico, secretando le tecniche, anche se banali, e intimidiscono programmatori, ricercatori e potenziali concorrenti.
Sono certo che più questi signori si accaniranno a escogitare espedienti strani per proteggere la copia illegittima, tanto più spingeranno gli utilizzatori ad avvicinarsi al software libero, come pure alla musica libera e ai libri liberi.
(Vedi i progetti per una licenza libera per la musica e le varie iniziative relative ai libri del tipo Gutenberg).
Inoltre non fermeranno la "pirateria", che come è noto si riduce soltanto avvicinando i prezzi di vendita ai costi di protezione.
Anche in Italia la Business Software Association, non è stata con le mani in mano.
Qualche mese fa ho visto all'aeroporto di Malpensa un gigantesco pannello pubblicitario che mostrava un giovane alle prese con un computer. Il messaggio era: "Copiare un software può richiedere solo tre minuti ma può costare fino a tre anni di carcere" firmato BSA.
Ma insomma questa "pirateria" del digitale, quanto è estesa?
I dati pubblicati dalle varie organizzazioni ufficiali dei produttori di software, musica e film, dicono che nel 2001 la pirateria è costata all'economia americana (le cifre sono arrotondate):
- nel software: 12 miliardi di USD;
- nella musica: 4,3 miliardi di USD;
- nei film: 2,5 miliardi di USD.
Ma se analizziamo i dati scopriamo che la perdita per la pirateria incide solo per il 4% del giro d'affari del settore che lavora con le protezioni copyright.
La perdita per la pirateria rappresenta il 2,6% delle esportazioni USA.
Ricordiamoci che i dati sulla "pirateria" parlano di "perdita", non di valore del giro d'affari, cioÚ se compero un CD con del software a 2 USD, la "perdita" conteggiata è il prezzo di vendita ufficiale, sull'ordine dei 100 USD a CD per il software e di 15 USD per la musica. (Il che spiega come il valore della "pirateria" dei CD musicali Ú così inferiore a quella del software).
E' evidente che se tutti gli acquirenti di CD si trovassero nella situazione di poter acquistare solo quelli autorizzati, a prezzi quindi molto superiori, comprerebbero molti meno CD.
La riduzione delle vendite non autorizzate e il relativo aumento delle vendite di copie autorizzate comporta, quindi, è un netto aumento di incassi per le società legate al copyright, ma non cosa è importante da giustificare a prima vista l'accanimento usato.
Cosa dobbiamo fare?
Oggi gli utilizzatori, gli installatori e i manutentori dei programmi proprietari sono solo dei tecnici che hanno letto i relativi manuali, ma non sono per questo in grado di scrivere una sola riga di programma vero. Inoltre non possono legalmente metter mano nei programmi proprietari per migliorarli o adattarli, in quando proibito dalla legge.
Molti Paese europei hanno optato per l'utilizzo del software libero nella Pubblica Amministrazione, noi italiani arriviamo ben ultimi o quasi, anche se vanno segnalate alcune meritorie iniziative a Firenze, Lodi e Pescara. Esiste anche una buona proposta di legge relativa al software libero, fatta dal Sen. Fiorello Cortiana, che ritengo vada appoggiata con decisione.
Noi siamo per l'introduzione del libero software nella Pubblica Amministrazione ma in particolare nelle scuole, dove dovrebbe semplicemente essere proibito il software proprietario, in quanto costa ed è diseducativo.
Sempre nelle pagine di www.linuxdidattica.org potrete trovare ampia documentazione su queste affermazioni.
Desidero terminare chiarendo che non sono favorevole alla copia "pirata", che preferisco chiamare con maggior precisione "copia non autorizzata". Non lo sono in quanto chi utilizza copie non autorizzate, se dovesse comperare una copia autorizzata, forse ci penserebbe un attimo e inizierebbe ad acquistare software libero, dove con 100 Euro si comperano programmi liberi equivalenti a programmi proprietari che costano decine di migliaia di Euro!
Non sono favorevole alla copia non autorizzata perchè questa diffonde l'utilizzo di formati proprietari, che diventano così uno standard di fatto, che mi pare essere oggi la maggior difficoltà che le distribuzioni libere incontrano per la loro diffusione nel grande pubblico.
Cosa dobbiamo fare oltre a uscire da qui e acquistare una distribuzione di software libero e istallarla nel nostro computer?
1) Dobbiamo esigere che nelle scuole e nelle università si usi solo software libero.
2) Dobbiamo chiedere che la Pubblica Amministrazione inizi a adottare software libero.
3) Dobbiamo esigere che il software scritto nelle Università e negli Istituti di Ricerca siano sempre rilasciati con licenza GPL.
4) Dobbiamo esigere che tutta l'informazione prodotta nelle scuole e nelle università sia rilasciata con licenza libera e che ne sia quindi permessa almeno liberamente la copia.
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