di Umberto Scopa. I lauti stipendi, come ci dicono spesso, compenserebbero i loro beneficiari dei rischi connessi alle alte funzioni svolte. Escludendo i calciatori e poche eccezionali categorie di inutilità iperemunerata, la cosa è ritenuta credibile per tutte le altre categorie, imprenditori, politici, medici ecc.
Talora si accusano i lautoremunerati di essere incompetenti. Spesso lo sono. Se si analizza perché lo sono si capirà che la loro incompetenza è un male necessario e inevitabile. Incompetenti si diventa, e a caro prezzo, del resto nessuno vive la sua incompetenza con fierezza, anzi ne soffre.
La psicologia conosce molte patologie legate alla percezione della propria incompetenza. L’organismo soffre questa condizione di inutilità o dannosità, anche quando l’individuo fugge la sua consapevolezza.
E’ utile quindi che ci facciamo una ragione, utile anche per loro farsela, del perché tanti incompetenti occupano gli alti scranni delle varie gerarchie in cui si articola la nostra società.
Alla fine del discorso, se saprò persuadervi, proveremo insieme una tale compassione per questi pionieri mandati allo sbaraglio nelle alte sfere al punto che le loro remunerazioni non solo ci appariranno giustificate, ma addirittura meritevoli di essere paragonate ad un’indennità di disagio speciale, che chiameremo indennità di incompetenza. Cominciamo col chiederci come nasce un capo. Sfatato già nel 18 esimo secolo il mito che sia nominato direttamente da Dio, ringraziando i lumi della ragione e i non meno persuasivi argomenti di una ghigliottina, non è rimasta che una possibilità, quella elettiva. Elettiva nel senso più lato, non che serva una legge elettorale, che per averne almeno in Italia ci vuole un’intera era geologica, elettiva nel senso più semplice e aderente all’etimologia: cioè che qualcuno sceglie qualcuno.
Avrete notato anche voi che chi è investito del potere di scegliere qualcuno per ricoprire compiti vacanti in un livello della gerarchia che chiamiamo 6 in un ordine crescente non può prenderlo dal livelli 7 o 8 che sono superiori. Intanto il prescelto non la prenderebbe bene, apparendo una retrocessione. Ma non la prenderebbero bene tutti i suoi superiori che lo hanno messo lì e sarebbero chiamati in causa almeno moralmente per non essersi accorti che il tipo era dannoso nel ruolo occupato. Una retrocessione non è mai un fatto che riguarda solo il retrocesso in un sistema dove fai carriera perché altri scommettono su di te. Dunque è un fatto che nella gerarchia si sale o ci si ferma, il percorso è unidirezionale come il tempo, con qualche dubbio per il tempo. Tornando al nostro selezionatore che deve ricoprire un posto vacante nel livello 6 della gerarchia va da sé che dovrà esercitare la sua scelta (la sua scommessa?) sui livelli inferiori a quello da coprire. Dovendo fare questo il selezionatore, se è ragionevole (e stiamo ragionando del più ragionevole dei sistemi possibili) si sente di avere la massima garanzia di successo, o la minor possibilità di errore, scegliendo il soggetto tra tutti più bravo e competente tra quelli che occupano il livello 5. Tuttavia così facendo, a pensarci bene, l’unica certezza che abbiamo è di sottrarre un lavoratore competente alle sue competenze per destinarlo ad altri e più alti compiti dove potrebbe rivelarsi incompetente. Se sarà competente, per le stesse ragioni già dette salirà ancora di grado, finchè inevitabilmente si fermerà ad un livello per il quale si rivelerà non all’altezza, cioè incompetente. E prima o poi succederà come è vero che abbiamo dei limiti. Avendo conseguito la patente di incompetente non sarà più candidabile per ulteriori promozioni, non sarà retrocesso per le ragioni già dette, dunque occuperà quella posizione per sempre. Avrà raggiunto il limite di detto di Peter, dall’autore che per primo ha messo a fuoco la questione.
La gerarchia dunque tende per le sue stesse intrinseche modalità di funzionamento a trasformare persone competenti in incompetenti per poi non occuparsi più di loro come se avesse soddisfatto il suo scopo prmario.
Qualunque organizzazione gerarchica ha nel suo dna la tendenza (per alcuni è una benedizione) a mettersi fuori gioco da sola quando gli incompetenti riusciranno per il peso del potere detenuto e il quantitativo numerico raggiunto, a vanificare il lavoro di tutti gli altri. Un certo numero di individui competenti ci sarà sempre quanto meno perché molti di loro troveranno la strada chiusa verso l’incompetenza dal fatto che ruoli superiori da occupare sono già occupati dai incompetenti, come tali inamovibili. La società umana è gerarchica ovunque. Quindi ognuno di noi tende verso il suo livello di incompetenza come un sasso spinto dalla gravità cade al suolo e si lì si ferma. Così l’uomo ascende verso funzioni sempre più alte rispetto a quelle nelle quali si è dimostrato ampiamente capace, come per una gravità contraria che lo spinge verso l’alto finchè incontrerà un tetto insuperabile nella sua incompetenza.
Tutto questo spiega perchè i posti di vertice delle organizzazioni gerarchiche siano intasate di incompetenti. E’ gente sofferente, perchè anche se non lo ammettiamo, il nostro organismo percepisce la nostra inutilità e trova qualche salutare sistema per farci soffrire.
Del resto però soffre anche chi è competente e non può ascendere al suo livello di incompetenza in quanto occupato da un altro incompetente. Quindi tutti sono destinati a soffrire in un’organizzazione gerarchica.
E’ possibile trovare una condizione di non sofferenza?
Se una strada c’è non può prescindere dall’essere competenti, questo è sicuro, ma al tempo stesso l’aspirazione insoddisfatta alla promozione può essere fonte di infelicità non meno della promozione ottenuta, quindi occorre abbandonare l’aspirazione alla promozione.
Se uno è competente nel proprio lavoro per un certo tempo ad un certo punto susciterà per forza in qualche superiore il dubbio che possa essere anche sfruttato per compiti superiori. Dunque dovrebbe rifiutare?
Non credo. Il subordinato che rifiuta la promozione, invece di essere premiato come unica speranza di sopravvivenza dell’organizzazione, non è ben visto dal sistema, naturalmente, essendo questo dotato dei più formidabili anticorpi contro il buon senso mai visti in natura. Perciò viene dileggiato, penalizzato. si consiglia quindi a chi è competente nel proprio lavoro l’improbo compito di continuare ad esserlo (quanto meno per amor proprio) senza apparire tale, generando possibilmente un’immagine di incompetenza, come se avesse raggiunto il limite di Peter, ingannando così il sistema.
La credenza popolare più diffusa è infatti che i dipendenti pubblici rubino lo stipendio e siano tutti incompetenti, e quando gli strali dell’opinione pubblica si abbattono su queste figure hanno sempre in mente livelli bassi della gerarchia, quelli che si interfacciano col cittadino. Pochi considerano invece che l’unico lavoro utile in un organizzazione gerarchica è quello fatto dai livelli più bassi, che avranno la garanzia di poter continuare a farlo a condizione di non apparire competenti e sfuggire così alla perversa logica del sistema. Facciamocene una ragione e vivremo meglio. Buona incompetenza a tutti!
di Umberto Scopa. I lauti stipendi, come ci dicono spesso, compenserebbero i loro beneficiari dei rischi connessi alle alte funzioni svolte. Escludendo i calciatori e poche eccezionali categorie di inutilità iperemunerata, la cosa è ritenuta credibile per tutte le altre categorie, imprenditori, politici, medici ecc.
