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Riforma o non riforma?

Creato il 13 aprile 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

Riforma o non riforma?La riforma è equa". "No, è totalmente sbilanciata". "Bisogna reinserire il reintegro". "No, bisogna flessibilizzare". "L'articolo 18 è una conquista fondamentale della società civile". "No, è un relitto di un passato morto e sepolto". Sono talmente tante e talmente discordi le voci sulla riforma del lavoro, voluta dal Governo Monti, che ormai non si capisce più nulla. E' equa o no? Garantisce più tutele o più precarietà? E' finalmente pronta o ci saranno revisioni dell'ultima ora? Sostanzialmente, il testo è lo stesso, presentato dalla Fornero qualche mese fa, salvo la marcia indietro sul reintegro dei licenziati e la riduzione dell'indennizzo (nella prima stesura era dai 15 ai 27 mesi di stipendio, nella nuova è dai 12 ai 24), ma in Parlamento sono in parecchi a voler riscrivere qualcosa.

A detta del Premier, la riforma è perfetta e ben bilanciata, cosa che non fa ben capire come mai, per settimane, sia lui che la Fornero avevano cercato di imporla, così come l'avevano scritta. Perchè prima era assolutamente indispensabile abolire il "totem art. 18" e ora, invece, va benissimo non toccarlo? Che vuol dire che "i sindacati avranno un ruolo simile a quello ricoperto in Germania" (i sindacati tedeschi hanno il diritto di nominare rappresentanti dei lavoratori nei consigli d'amministrazione delle aziende, nonchè di presenziare sia durante le assunzioni che i licenziamenti ndr), quando in tutto il testo della riforma non si fa riferimento a nulla di simile? E le promesse di vigilare sugli abusi, di cui non c'è alcuna traccia? Tutto questo, mi pare, denota una certa confusione, che fa sorgere un grosso dubbio: ha senso questa riforma? Ha senso concentrare le forze sulla questione "articolo 18 sì, articolo 18 no", quando i problemi dell'economia italiana non hanno nulla a che fare con lo Statuto dei Lavoratori? Ha senso fare una riforma simile in un momento in cui l'85% dei manager aziendali pensano di non assumere?

Intendiamoci, va benissimo il voler superare il dualismo tutelati – precari e scrivere la parola fine sugli abusi del precariato di massa, ma come è possibile farlo, se i contratti atipici restano in vigore? E soprattutto, a che serve fare una riforma del lavoro se il problema è che non ci sono le condizioni per il lavoro? E' come voler convincere tutti a usare l'automobile, in una città priva di strade e parcheggi. L'"epocale riforma" di Monti & Fornero sarà totalmente inutile, perchè nel suo testo non c'è la minima traccia di norme contro la burocrazia soffocante, la pesante tassazione, la corruzione e la criminalità che divorano risorse preziose, la difficoltà di accesso al credito, i veri problemi che assillano la nostra economia. O si sta forse sbagliando Lars Petersson, amministratore delegato di Ikea, nel sostenere che ad ostacolare gli investimenti stranieri in Italia non è l'articolo 18, ma "la burocrazia e le incertezze della politica", un modo educato per dire che il nostro sistema economico è incapace, inefficiente e oppressivo.

Favorire gli investimenti e la produzione (detassando, ad esempio, gli utili reinvestiti, gli aumenti di produzione e le innovazioni tecnologiche), lottare SERIAMENTE contro la corruzione (ad esempio, ratificando la Convenzione europea sulla corruzione del 2003) e gli sprechi (ad esempio, snellendo la mastodontica e goffa burocrazia nostrana), investire in infrastrutture e innovazione (ad esempio, dando finalmente impulso alla banda larga e alle energie rinnovabili), solo in questo modo si possono creare le vere condizioni, per favorire una riforma del lavoro seria e di sicuro effetto. Altrimenti, come ha detto – per una volta – saggiamente la Marcegaglia, "piuttosto che fare una riforma pasticciata, meglio non farla".


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