Riforma Pensioni: le ipotesi per anticipare la pensione

Da Pukos

Poletti: “È necessario intervenire sulla legge Fornero con strumenti flessibili di accompagnamento al pensionamento o si rischia un problema sociale”.

Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale del referendum promosso dalla Lega, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha aperto questa settimana ad una revisione del sistema previdenziale entrato in vigore nel dicembre 2011, con la Riforma Fornero. Le modifiche dovrebbero interessare «quelle persone che sono vicine a maturare i diritti alla pensione e che, nella situazione di difficoltà, hanno perso il lavoro o possono perderlo e non hanno copertura di ammortizzatori sufficienti a maturare le condizioni di pensionamento».

E’ bene quindi chiarire che la riforma Fornero non sarà cancellata ma solo adeguata a far fronte alle problematiche legate alla crisi economica soprattutto laddove manca il paracadute degli aiuti pubblici con gli ammortizzatori. «Sappiamo che abbiamo un problema» ha riconosciuto Poletti: indubbio pertanto che «bisognerà produrre uno strumento flessibile che aiuti queste persone a raggiungere i requisiti. In caso contrario si avrebbe un problema sociale».

Quando? Il Governo vuole prima concludere la partita sul Jobs Act: «La prima scadenza in assoluto è fare i decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro» ha detto Poletti. Da qui a fine giugno, quando scade la delega, non c’è da aspettarsi nulla di importante, insomma. Ma dopo il cantiere dovrebbe riaprirsi.

Le ipotesi. Le ipotesi per ora sono quattro. Si va dalla cosiddetta «opzione contributivo» estesa a tutti alla «uscita flessibile con penalizzazioni» fino alla «quota 100» e al cd. prestito previdenziale. Nel primo caso si estenderebbe a tutti l’opzione valida per le donne valida a fine anno: probabilmente sarà rivisto il requisito anagrafico (che potrebbe passare da 57 anni e 3 mesi a 62 anni e 3 mesi e 35 di contributi) ma con il ricalcolo dell’assegno con il sistema interamente contributivo. Poi ci sono le proposte di Damiano: quella dei pensionamenti flessibili con 62 anni e 35 di contributi e penalizzazione (per esempio del 2%) sulla quota di pensione calcolata con il retributivo per ogni anno di anticipo; e la quota 100, un’uscita anticipata per chi raggiunge il valore 100 determinato dalla somma di anzianità contributiva ed anagrafica abbinando un’anzianità contributiva minima di 35 anni e anagrafica minima di 60 anni (costo da 2,5 miliardi nel 2015 fino a 11,4 nel 2030).

Poi c’è l’ipotesi del cd. «prestito previdenziale» su cui aveva lavorato anche il suo predecessore, Enrico Giovannini. Lo strumento concede al lavoratore la possibilità di percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente anticipata tramite micro-prelievi sull’assegno Inps. Il costo varia a secondo delle variabili proposte, a partire dalla durata dell’eventuale fase di sperimentazione ma le simulazioni realizzate dal ministero del lavoro rivelano che il «prestito previdenziale» rappresenta la soluzione di flessibilità in uscita meno onerosa in assoluto per le finanze pubbliche.

L’importo dell’assegno anticipato sarebbe di 760-800 euro (1,7 volte l’assegno sociale). L’indennità verrebbe corrisposta a coloro a cui mancano pochi anni alla maturazione del diritto a pensione con le regole Fornero, che non sarebbero ritoccate.

«Meglio tardi che mai. Finalmente, anche il ministro Poletti si è accorto che sulla questione previdenziale il governo deve intervenire per correggere tutti i guai prodotti dalla riforma Fornero» commenta la vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Renata Polverini di Forza Italia. «All’inizio della legislatura sono stati incardinati in Commissione Lavoro, provvedimenti a firma di tutti i gruppi parlamentari presenti che risolverebbero immediatamente e strutturalmente questo grave problema, anche reintroducendo meccanismi di flessibilità in uscita». Velocità nelle modifiche è quanto reclamano i sindacati da sempre critici verso la riforma Fornero e ancora indignati per essere stati tagliati fuori dalla definizione del provvedimento.

Fonte: www.pensionioggi.it


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