Meno venti. Tra venti giorni (il 14 agosto) entrerà a regime la riforma delle professioni prevista dal dl 138/2011. Sta per finire, quindi, anche il countdown al 13 agosto, ultimatum che il Ministero ha dato a tutti gli Ordini per modificare le regole in conflitto con il dl 138/2011.
Le nuove norme che gli Ordini devono recepire sono:
- abolizione delle tariffe di riferimento;
- libertà nella comunicazione pubblicitaria;
- equo compenso per i praticanti;
- formazione continua obbligatoria.
In commissione giustizia alla camera sono stati sentiti ieri il Pat (Professioni dell’area tecnica), l’Oua (organismo unitario dell’avvocatura) e Confprofessioni.
Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha affermato al Sole 24 Ore di ieri 24 luglio: “Quella sulla pubblicità è una falsa soluzione che rischia di penalizzare i giovani, favorendo i professionisti più ricchi. Per queto proponiamo di attribuire agli Ordini il compito di predisporre prospetti informativi che consentono agli utenti di comprendere la complessità e l’articolazione della prestazione professionale, in modo da valutare i preventivi del professionista”.
All’audizione di ieri c’era anche Antonio Zambrano, presidente del Pat, che , per quanto riguarda l’assicurazione, chiede una proroga perché non esistono ancora regole chiare, ma queste sono necessarie per stipulare polizza ad hoc per gli studi.
Marina Calderone, Presidente del Cup, riguarda la definizione di “Professione regolamentata” che, nel testo attuale del dl, include oltre agli iscritti agli Ordini anche le attività esercitate da chi è iscritto in registri tenuti da enti pubblici.
Altro tema decisamente scottante è la riforma del sistema disciplinare. Si introduce il principio di terzietà: ruoli amministrativi e ruoli disciplinari non sono compatibili. Il decreto stabilisce che vengano nominati componenti del consiglio nazionale di disciplina i primi non eletti alla carica di consigliere dell’Ordine.
Il Consiglio di Stato ha espresso diversi pareri sulla bozza del decreto (leggi anche Riforma delle Professioni, il no del Consiglio di Stato).
All’articolo 1 della Riforma delle Professioni si definisce “professione regolamentata” l’attività il cui esercizio è consentito agli iscritti a collegi, albi, ordini, registri e elenchi tenuti da amministrazioni ed enti pubblici, quando per esser iscritti occorre avere qualifiche professionali.
Secondo il CdS questo dilata l’ambito di applicazione del decreto oltre i limiti della norma originale.
Il decreto dice: il tirocinio professionale è obbligatorio, ha una durata di 18 messi e si svolge presso un professionista abilitato da minimo 5 anni; i primi sei mesi possono essere svolti all’Università, nel corso dell’ultimo anno di studi.
Il CdS sostiene che occorre specificare che 18 mesi deve esser la durata massima.
Prosegue il decreto: lo svolgimento del tirocinio è incompatibile con qualsiasi rapporto di pubblico impiego ma può esser svolto da chi lavora nel settore privato, se il tirocinio è compatibile con gli orari. Il Cds sostiene che, in questo modo, non si comprende la differenza tra impiego pubblico e privato: è meglio lasciare ai singoli ordinamenti delle Pa la valutazione del profilo.
Infine, come anticipato sopra, il decreto di Riforma delle Professioni afferma che devono essere nominati componenti del consiglio nazionale di disciplina i primi non eletti alla carica di consigliere nazionale degli ordini. Il Cds sostiene che è privo di significato attribuire funzioni così delicate a persone valutate negativamente dagli iscritti