Rifugio dei Loff e col dei Moi

Da Francibb @francibb

Nel marzo del ’93 appunto sui miei taccuini la nota “incrociamo altre deviazione, puntualmente segnalate da misteriosi cartelli senza tempi di percorrenza, non riportate sulla cartina“; ed ancora, sulla stessa zona, qualche settimana dopo: “Vie ed arrampicate visibili sono del tutto ignorate dalla nostra cartina davvero pressapochistica“. Vent’anni dopo ho un’altra cartina, ma i misteri rimangono gli stessi.
La destinazione è il bivacco dei Loff.

Subito dopo il passo San Boldo, una stradina cementata porta ad un terrazzo prativo dove troviamo due malghe. Parcheggiamo e, raggiunta malga Favalessa, proseguiamo subito dietro questa, sua sinistra, per arrivare in forcella da dove si diramano una serie di sentieri: il sentiero per il valico La Scaletta (n.901) ed il sentiero che scende verso Cison di Valmarino.

Noi abbiamo preso il sentiero di destra (991… 991 come il sentiero della Crosetta del Cansiglio) che ha guadagnato un buon crinale che ci ha depositato proprio sotto alla cima dell’Agnellezze).
Dopo un tratto esposto sui dirupati crinali della Valfredda (c’è il cordino), arriviamo ad un dedalo di sentieri vari. Ci vorrà la bussola e il conteggio ipermetrope delle isoipse per decidere di prendere quello più pianeggiante che ci porterà, senza sforzo, verso il piccolo bivacco addossato ad una parete rocciosa. Il panorama è splendido anche oggi che la foschia ci porta via i contorni del mondo dopo pochi chilometri.

Mi vengono in mente gli scorci mozzafiato dei quali abbiamo goduto l’altr’anno, partiti a ridosso di giornate piovose e martoriate dai venti freddi. Furono giornate di grazia dove, a saperla identificare, dalle dorsali a ridosso della Slovenia, si poteva vedere anche Pordenone.

Al bivacco Andrea tira fuori la borsa frigo (ma dove la teneva nascosta?) e ci sbafiamo il pranzo che ha preparato, comprensivo di un vaso di ajvar piccante e tarallucci (e meno male che avevamo progettato un po’ di moto anti-pancetta!).

Con mezzo vaso di ajvar piccante in attivo, consultiamo la cartina (che segnala una sentiero su quattro) e decidiamo di proseguire verso ovest. Pimpanti e decisi puntiamo al sentiero in discesa: quello che incrocerà tutti i sentieri da Valmarino (vedi sulla cartina), con l’intento di risalire e raggiungere Forcella Foran. Mentre ci avviciniamo, sempre sotto l’effetto allucinogeno di mezzo vaso di ajvar piccante, decidiamo di affrontare anche i 200 metri o poco più di salita, per quadagnare la vetta glabra del Col dei Moi, che è la cima più alta del settore. Niente di che: 1350 metri.
Però da lassù si dovrebbe vedere anche la Marmolada, rivolgendosi a Nord.

Ma la Marmolada la vedremo un’altra volta. Il tempo si sta mettendo in moto e proprio da nord arrivano delle brontolate da tenere in considerazione. Scendiamo veloci e ci infiliamo nel bosco, aggirando a nord la Cima Vallon Scuro e la Coroda Val della Pitta. Incrociato nuovamente il 991, al quintivio (non esiste un quintivio, esiste il quadrivio, ma qui di sentieri se ne ripartono cinque!), ci rinfiliamo nel bosco, sbagliano sentiero. Se ne accorgerà Andrea, dopo un bel po’ di strada, mentre sta già gocciolandoci in testa. Ritornati sui nostri passi riprendiamo il 991 per poi abbandonarlo nuovamente preferendo il bosco al crinalino che sale per il passo della Scaletta. Intanto piove e come di migliore tradizione facciamo il solito prognostico.

- A venti metri dalla macchina vien giù l’iradiddio?
- No, non la prendiamo stavolta.

Mentre io armeggio dentro al bagagliaio protetta dal portellone sopra la testa, Andrea decide di farsi una doccia. In effetti l’abbiamo scampata e possiamo indugiare e lavarci un po’ sotto la pioggia: qui oramai, le griglie roventi delle malghe son a riparo, e non c’è più anima viva in giro.

Mentre cerco un sapone dentro le mie cianfrusaglie da passargli, vedo Andrea passare dalla modalità “umido” alla modalità “fradicio” in un batter di ciglia.

-Grandina!

Nemmeno il tempo di guadagnare i sedili e siamo entrambi zuppi!
Ok, anche qui ci si deve tornare, magari facendo la Claudia Augusta Altinate.

Destinazione Bivacco dei Loff e Col dei Moi Attacco Malga di Campo

Condizioni atmosferiche   e.. grandine! Discesa Malga di Campo

 Dislivello m 800 circa Classificazione E

Altitudine minima m 880 s.l.m. Topografia Carta escursionistica Prealpi Bellunesi e Trevigiane

Altitudine max m 1358 s.l.m. Sentieri CAI 991-2

Ore di marcia ore 4,30 circa Località Passo San Boldo

Totale uscita ore 5,30  Satellite  no

Lunghezza non calcolata Percorso  Clicca qui

Compagnia Andrea, io Giudizio

Pericoli qualche piccolo esposto ben messo in sicurezza da cavi metallici Note zanzare!

Qualità buono ma andrebbe più segnalato Acqua
no

La lunga dorsale gran parte boscosa e a pascolo, ma con qualche affioramento roccioso, è lo spartiacque tra la Valbelluna e la pedemontana trevigiana con il bacino della Piave ostacolato verso la pianura, nel ‘Quartier del Piave’, dal Montello. Costringe il grande fiume all’aggiramento completo in una sorta di grande ‘U’, modellato sul ghiacciaio, ma che in ere geologiche aveva sbocco sul Fadalto.
I valichi principali sono il Praderadego, già frequentato in epoca preistorica vi transitava la strada militare romana ‘Claudia Augusta Altinate’, il valico pedonale La Scaletta, un tempo importantissimo ora tributario al San Boldo, il valico di San Boldo, già conosciuto in epoca romana, reso carrozzabile per le esigenze della grande guerra con la costruzione della ‘Strada dei 100 giorni’, e la sella di Pian de le Femene.
L’antichissimo (romano) castello di Cison di Valmarino, ora Castelbrando, si trova opportunamente allo sbocco-confluenza degli itinerari del settore centrale.
passo di San Boldo (m. 710)

Arditamente vi transitava un percorso romano, con tanto di torri di vedetta, e la ripida mulattiera, oppressa tra le bancate rocciose, anche dopo la caduta dell’impero è stata via di transito per eserciti, pellegrini e mercanti e, in particolare, per la transumanza tra la Valbelluna e l’alto trevigiano.
In epoca veneziana fu il transito privilegiato dagli ‘Zattieri del Piave’, scorciatoia di ritorno per l’alto bellunese per i baldanzosi uomini che avevano consegnato a Venezia il legname, dopo la lunga e faticosissima discesa lungo il fiume Piave.

Con l’invenzione dei motori si sentì l’esigenza di rendere ‘carrozzabile a motore’ l’ardito passaggio, a tal scopo, nel 1914, venne risistemato ed adattato alle nuove esigenze il primo tratto da Tovena. Al progetto non furono estranei intenti preparatori all’offensiva contro gli Imperiali, sfociata nella grande guerra.

Con la ritirata di Caporetto, il bellunese si trovò a far da retrovia all’esercito imperiale impegnato sulla Piave e sul Grappa e la IV Armata AustroUngarica dispose, nel gennaio 1918, la costruzione della strada adatta al traffico pesante per gli intenti offensivi previsti per il giugno 1918 (battaglia del Solstizio).
Circa 7000 operai furono impegnati, vennero scavate le gallerie a tornante ed eretti numerosi alti terrapieni, il tutto nel frenetico tempo messo a disposizione e a memoria del quale venne intitolata “la strada dei 100 giorni”.

La strada, ancor oggi, anche percorsa in auto (un tratto a senso unico alternato da semaforo) ma soprattutto se percorsa in bicicletta (fanalerie), è estremamente affascinante e si presenta come un vero e proprio capolavoro di ingegneria stradale militare.
area escursionistica tra Cison di Valmarino, Praderadego e passo San Boldo

Particolarmente piacevoli e panoramicissime le escursioni su questo settore prealpino. La lunga dorsale Cesen-Col Visentin è uno straordinario terrazzo a cavallo tra la pianura, con vista sulla laguna veneta, e le Dolomiti. Vero e proprio ‘presidio’ medico-psicologico per chi soffre di claustrofobia da città ed allergia a vortici di gente e traffico.

Le escursioni più consigliabili sono il raggiungimento del bivacco Rifugio dei Loff (=lupo o lupi), con con salita a Cima Vallon Scuro e Crodon del Gevero, forcella Foran e Col de Moi ed eventuale traversata a Praderadego, la salita al Loff da Cison di Valmarino, bosco delle Penne Mozze, per il sentiero della Valle del Pissol (cascata) e discesa per il valico La Scaletta, la salita a La Cisa con proseguimento per Pian de le Femene.
Tutta la dorsale è attraversata dall’importante Alta Via Trevigiana o Sentiero Panoramico dal Grappa al Cansiglio.
La zona si presta per numerose escursioni in mountain bike.

Dal sito www.magicoveneto.it


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