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Nella sua polemica contro filosofastri contemporanei, tardo-marxisti, tardo-nietzschiani, tardo-freudiani, l’autore dipinge un ritratto icastico di codesti stanchi epigoni. “Sono figure, in fondo, folcloristiche e tutto sommato pochissimo interessanti: accettarli come interlocutori in un serio dibattito culturale significa conferire loro una dignità intellettuale che non possiedono e alimentare l’arroganza, il narcisismo e la spavalda faciloneria che costituiscono il loro abito mentale. Essi, semmai, rappresentano dei buoni esempi di quel che si intende per supponenza dello scientismo; degli esempi in negativo di tutto ciò che non è autentico spirito scientifico né autentico senso storico, perché della scienza e della storia essi vedono sono quel che fa loro comodo vedere e negano o travisano con la massima impudenza tutto il resto. Sono pertanto dei faziosi, dei partigiani, dei militanti di un’ideologia totalitaria che si cela dietro una serie di formule, facili ed accattivanti, di sapore libertario e di largo smercio presso un pubblico che non va troppo per il sottile sul piano intellettuale”.
E’ fantastico: questo è anche il ritratto perfetto, l’ipotiposi dei negazionisti! Il discorso, però, è più complesso di quanto si potrebbe pensare: rifuggirei da una schematica e tranquillizzante opposizione tra i buoni (i Cristiani, anzi i Cattolici) ed i cattivi (atei, agnostici, massoni...). Si può solo concordare con il Nostro quando demolisce l’idealizzazione del paganesimo gioioso e solare: l’età antica, come ogni epoca umana (umana?) è un groviglio inestricabile di bene e di male. Con i monumenti letterari, filosofici, artistici, scientifici… , alte testimonianze del mondo classico, stridono le efferatezze delle guerre, dei giochi gladiatori, delle stragi, della schiavitù… Tuttavia ciò non vale forse anche per il Medioevo cristiano? Monasteri in cui pazienti amanuensi copiavano i testi antichi, chiese impreziosite da mosaici e da affreschi, eccelse opere d’arte... : la media tempestas fu un’età splendida, eppure... Eppure accanto a questi fasti, come in un dittico, si assiepano orrori e bugie innominabili: l’omicidio di Ipazia su istigazione di Cirillo, vescovo di Alessandria, le pie frodi di alcuni padri della Chiesa, le menzogne di Eusebio, le persecuzioni ai danni di Pagani, Manichei, Ebrei, Ariani dopo l’editto di Tessalonica, promulgato da Teodosio il Grande nel 380 d.C. fino alla simonia ed alla corruzione esecrate da Dante, fino al Tribunale dell’Inquisizione...
La Chiesa cattolica non vanta molti rivali, quanto a numero di vittime: dalle persecuzioni dei Donatisti (cristiani ostili a qualsiasi collaborazione con l’Impero) sino alle atroci carneficine perpetrate dagli Ustascia cattolici in Jugoslavia, è difficile contare quanti uomini e donne furono massacrati in nome di Cristo. Eppure è doveroso tessere un elogio del Cristianesimo: qui mi riferisco per lo più alle chiese ariane che furono di solito migliori della rigida chiesa nicena (cattolica dall’anno 867).
Ariano fu il re degli Ostrogoti Teodorico che si adoperò per una coesistenza pacifica tra Ariani (i Goti) e Niceni (gli Italici). Il suo progetto fallì soprattutto a causa dell’intrigante diplomazia bizantina.
La sconfitta degli Ariani
Non dimentico che la Chiesa celtica è in nuce ariana: il suo patrimonio culturale è notevole. La Chiesa celtica, che sa integrare la tradizione gaelica, è costretta ad assoggettarsi a Roma con il sinodo di Whitby del 664 d.C.
Mi pare che l’Arianesimo, secondo cui Cristo è una creatura intermediaria tra Dio-Padre e l’umanità, offra una dottrina non solo un po' più aderente agli Evangeli, ma pure estranea ai cervellotici dogmi del simbolo niceno-cattolico.
Con Costantino, lo scaltro e spregiudicato imperatore che vede nella religione un instrumentum regni, benché egli riceva il battesimo, in articulo mortis, secondo il rito ariano, la Chiesa nicena vince la prima battaglia. Vince la guerra – come è noto – con Teodosio.
Tuttavia la Chiesa dal IV secolo in poi è ancora “cristiana”?
Non si avvia piuttosto a trasformarsi in un’istituzione che, tra alti e bassi, con persone sia degne sia indegne, mira ad un potere culminato nella granitica teocrazia del Basso Medioevo, nello sterminio di altri cristiani “eretici”, nella logorante lotta con l’Impero?
Le acque sorgive del Cristianesimo scorrono nelle correnti esoteriche ed eretiche, quelle che alimentano l’immortale poesia di Dante (fu cristiano in senso stretto?) o l’arte sublime di Michelangelo.
La Chiesa ufficiale con il passare dei secoli si secolarizza ed il suo tesoro, in buona parte ereditato dall’Urbe pagana, si disperde. Certo, alcuni vescovi, cardinali e papi sono mecenati, ma il Vaticano, in età moderna, è ormai una sontuosa monarchia retta per lo più da pontefici fatui: mi chiedo che cosa sia rimasto del Cristianesimo, ammesso che tale termine abbia un significato univoco e non lo ha.
Il Cristianesimo primitivo è quello dei Nazirei cui subentra l’audace rielaborazione soteriologica di Shaul-Paolo. Nei secoli seguenti la religione, impropriamente definita cristiana, si impone nell’Impero romano. Tra IX e XI secolo il Cristianesimo si divide tra Cattolici ed Ortodossi: quali sono i “veri” cristiani?
La storia del Cristianesimo è costellata di luoghi comuni: è assodato che le persecuzioni contro i proseliti del nuovo credo non furono feroci, a differenza di come le hanno enfatizzate certi romanzi e film pseudo-storici quali “Quo vadis?”
Diocleziano tenta di estirpare la superstitio, ma le persecuzioni nella parte orientale dell’Impero sono piuttosto blande, anzi il Cesare Galerio si decide nel 311 d.C. a promulgare l’editto di Serdica con cui si riconosce la liceità di tutte le religioni monoteiste. In fondo sacrificare agli dei significa solo bruciare qualche grano d’incenso di fronte all’effigie del principe.
La celebrazione dei martiri più che altro alimenta l’infocata retorica degli apologeti. La teologia cristiana successiva, però, accantona gran parte della polemica anti-pagana per recuperare idee e valori della cultura classica: è ancora cristiana?
Così Agostino media tra Platone e Cristo: si inventa l’anima immortale, l’inferno, il peccato originale, anche se nella Bibbia non si trova neppure un cenno a tale macula primigenia.
Sta nascendo una nuova filosofia denominata, a torto, cristiana.
E’ fondamentale il contributo del vescovo d’Ippona che nel "De civitate Dei” fornisce i capisaldi ideologici al Cristianesimo, mentre le “Confessioni” (sopravvalutate, se si escludono i brani sulla memoria e sul tempo, il libro è poca cosa), sembrano ripercorrere più una carriera ecclesiastica che un’esperienza interiore.
Fonte: http://zret.blogspot.it/
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