Stamattina rileggevo dei brani tratti da Nel ventre della balena e altri saggi di Orwell. Un passaggio in particolare mi ha colpito, quello in cui Orwell dice: “Uno stato totalitario rappresenta in effetti una teocrazia, e la casta regnante, allo scopo di conservare la propria posizione, deve passare per infallibile. Ma dato che in pratica nessuno è infallibile, è spesso necessario alterare gli eventi passati allo scopo di dimostrare che questo o quell’errore non fu commesso, o che questo o quel leggendario trionfo fu effettivamente ottenuto. Allora, di nuovo, ogni fondamentale cambiamento nella politica richiede un corrispondente cambiamento di dottrina e una rivalutazione delle figure storiche principali. Queste cose accadono ovunque, ma è chiaramente più probabile che portino a delle complete falsificazioni nelle società dove solo una opinione è quella sempre lecita”. Considerato che i saggi in questione risalgono al 1940, leggendoli ho avuto la netta sensazione che la Storia si fosse cristallizzata, o che per un bizzarro scherzo del tempo io mi ritrovassi a fare considerazioni inattuali su situazioni politiche vecchie di decenni. Eppure le riflessioni di Orwell in ordine ai totalitarismi a alle reazioni delle società di riferimento sono sorprendenti. Ne sanno qualcosa i docenti della scuola. Una verità comunemente accettata dagli storici è che il crollo di tutti i totalitarismi ha significato la fine del tentativo di costruzione ideologica della realtà. Leggendo Orwell, oggi, mi domando se questa cosa sia poi così vera.