Vogliamo credere che si sia solo spostata, che sia andata in cielo e questo pensiero ci aiuta a rimanere in “contatto” con lei.
Così quando sono stata informata della scomparsa di Paolo ho pensato che non fosse vero, ho detto “No, non è possibile”, e la prima cosa che mi è venuta in mente di fare è stata andare sul suo profilo di Facebook, come se una persona fosse morta davvero solo se lo dice Facebook, e solo allora ci puoi credere, e puoi iniziare a piangerla.
“Buon viaggio”, “Era presto per andare via”, “Arrivederci”, “Sarai sempre nel mio cuore”, “Che tu possa correre libero sui tuoi pattini”. Ora è reale. Paolo se n’è andato davvero. Ma se sei sul suo profilo e gli puoi scrivere “buon viaggio” è quasi come se non fosse successo nulla e tu potessi ancora parlare con lui, perché paradossalmente la morte su Facebook non può esistere. Per chiudere un amore o un’amicizia la si elimina da Facebook, come puoi essere morto davvero se continua ad esistere il tuo account?
E la linea di demarcazione si fa sottile: possiamo morire pur essendo in vita, ritirandoci dal mondo come ha fatto Salinger, oppure possiamo sopravvivere da morti attraverso un profilo ancora aperto.
“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” si chiedeva Foscolo.
Oggi l’unico modo per rendere una perdita meno terribile, per mantenere il contatto con una persona, è il suo profilo di Facebook, sempre vivo e sempre collegato al nostro.
Ciao Paolo, grazie per avermi accompagnata fino a qui.