Sarracenia ingorda di vespe!
Le mie piante carnivore, durante la permanenza in Val Di Fassa, hanno fatto una vera e propria indigestione di api e vespe. Maya in particolare, la mia piccola Sarracenia Alata, ne ha mangiate così tante che ogni suo ascidio è pieno di qualche insetto.Mi sono divertita moltissimo a osservarla catturare le api e vedere come le poverette cercavano di uscire, inutilmente, dalla trappola. Ma le pareti cerose degli ascidi di Maya impedivano all'insetto di risalire, così il malcapitato, sfinito per i tentativi di fuga, cadeva sempre più in basso, precipitando nell'acqua e nei succhi gastrici della pianta e moriva, lentamente.
La sola cosa che ne mie piante non mangiano sono i bruchi, perchè troppo mollicci. Solo una volta ne ho visto uno catturato dalla Dionea, ma poco dopo dalla cattura, la foglia della pianta è marcita con il bruco al suo interno, segno che la pianta non ha tollerato la preda e si è guastata.
Evidentemente, contro le infestazioni di bruco serve ben altra pianta carnivora, o serve l'opera di un prete leggendario, il solo che riuscò a cacciare dal paese di Campitello i bruchi che, secondo una leggenda, lo avevano infestato.
Accadde tutto durante un'estate di tanti anni fa. I bruchi, famelici e voraci, avevano divorato in poco tempo tutta l'erba dei prati e le piante nei campi, tanto che la gente non aveva da mangiare per l'inverno, nè per loro nè per le bestie nelle stalle.
Temendo che questo flagello si potesse ripetere anche l'anno seguente, la popolazione si rivolse al vecchio prete di Campitello, che aveva fama di essere, prima che un sacerdote, qualcosa di simile a uno stregone.
Il prete, che si chiamava don Battista, fece venire i sindaci dei sette Comuni della valle. A ognuno diede un compito molto preciso: dovevano aspettare il momento del tramonto del sole, e raccogliere, nei quattro punti cardinali dei rispettivi Comuni, 9 bruchi in ogni punto cardinale, e portarglieli prima della mezzanotte, senza far parola con nessuno, altrimenti avrebbe perso tutto il suo potere sui bruchi.
La mezzanotte del giorno pattuito per la consegna dei bruchi, quando tutti i sindaci ebbero portato al prete i bruchi, il prete aprì un suo libro molto particolare, un libro di magia, e lesse alcune parole magiche, incomprensibili ai presenti ma perfettamente chiare per chi erano state pronunciate.
Poi fece più e più volte il segno della Croce e comandò ai sindaci di recarsi fuori dalla stanza con una piuma di gallina bianca in mano e di recitare un Padre Nostro a ognuno dei quattro lati del podere.
Il Sassolungo
Dopo aver fatto ciò, i sindaci tornaro nella stanza del prete, e questi disse che aveva capito perfettamente chi fossero i bruchi, ma di non poterlo rivelare; disse anche che non poteva farli morire, ma poteva cacciarli dalla Val di Fassa.Diede dunque le istruzioni ai sindaci: ognuno doveva ritornare al proprio Comune, andare in ognuno dei 4 punti cardinali, spargere un po' di acqua santa, badando però di non farlo nella direzione che porta alle rocce del Sassolungo, poichè quella era la strada che bisognava tener aperta ai bruchi, i quali sarebbero stati cacciati sulle rocce del Sassolungo, avrebbero mangiato quel poco d'erba che vi si trovava e sarebbero dunque morti di fame. Tuttavia, se fra i bruchi ci fosse stato anche solo un bruco bianco, questo avrebbe attraversato il corpo del prete e il sacerdote sarebbe morto.
Per fortuna questo non avvenne, e in breve, come aveva predetto il prete, l'intera valle fu liberata dal flagello dei bruchi.
Ancor oggi quelle splendide rocce del Sassolungo, ma soprattutto del Sassopiatto, sono completamente prive di vegetazione, perchè i famelici bruchi divorarono perfino le radici.
Ecco perchè il Sassopiatto è completamente spoglio e di nuda roccia, e si dice anche che lassù, guardando bene, si possano trovare i segni dei bruchi scavati nella pietra. Ma bisogna sapere bene dove guardare!