Non siamo i soli in Italia ad avere problemi con la squadra di calcio cittadina. Rimini si differenzia dalle altre città per un aspetto che si riassume con due parole: motore immobiliare. Una formula magica che nuovi mondi doveva aprire, attraverso la costruzione di uno stadio moderno, dove glorificare i trionfi immancabili dell’undici biancorosso.
Abbiamo, pardon, hanno sognato. C’era stata poi la cotta per il modello Dubai, grattacieli in riva al mare, e vai verso un futuro radioso di cemento che minacciava di cancellare la fisionomia delle nostre coste e della nostra cultura. Intendiamo per cultura una visione della vita di ogni giorno. Per i semplici cittadini, come li chiamavano una volta i cronisti dei grandi giornali, quella visione del futuro del nostro mare diverge molto dalle progettazioni tipo Dubai. Per i politici, la cultura della città e del turismo dipende da tanti fattori. Ci sono gli studi più approfonditi forniti da eccelse menti che analizzano tutto con la massima attenzione, soprattutto le loro ricche parcelle. Ci sono le proposte politiche che possono nascere attorno ad un tavolo di partito o leggendo controvoglia qualche settimanale alla moda dal barbiere. Non sono mancate le discussioni pubbliche, i piani che non sappiamo come si chiamino, ma che debbono programmare i prossimi trenta o quarant’anni dello sviluppo cittadino. Abbiamo letto interessanti interviste ad illustri personaggi, qualificati come intellettuali ed esperti. Siamo andati avanti nelle autocelebrazioni del radioso avvenire per un bel po’, mentre nel mondo le cose stavano cambiando. I nostri amministratori allora si sono divisi in due correnti. Quella più consistente (secondo voci raccolte all’estero) suggeriva di trascurare la lettura delle notizie economiche che facevano presagire tempi magri, con la scusa che i giornalisti a differenza dei politici non capiscono mai nulla.
La parte minoritaria della maggioranza comunale propendeva per riti propiziatori, suggeriti da autorevoli cervelli esperti nell’esoterismo meno plebeo: niente cornetti napoletani alla Benedetto Croce, niente rituali magici. Ma soltanto la serena, immarcescibile fermezza di chi sa di aver ragione perché sì: è un vecchio sistema che premia. Infatti Maurizio Melucci è diventato assessore regionale, nonostante il tracollo delle Borse che hanno fatto svanire il motore immobiliare ed il modello Dubai, ovvero la cartolina precetto per il nostro futuro. [1001]
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