Magazine Arte

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

Creato il 29 marzo 2012 da Postscriptum

 

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte
“La Madonna rinascimentale è ellenisticamente trascendente, olimpica, fiera e distaccata dai problemi mondani, eppur specchio di un uomo che nello studio di se stesso sfiorava la divinità.” Così scrivevo nel primo articolo di questa mia breve, sin troppo amena, trattazione del Rinascimento a Scicli.
 
Mi riferivo alla marmorea statua di Santa Maria della Pietà, custodita presso la chiesa sciclitana di S. Maria La Nova. La bellezza distaccata di questa classicità ritrovata, tipica del periodo preso in considerazione, cederà il posto alla disillusione. Un ciclico rincorrersi di superstizioni che a tratti si fondano sulla capacità umana, a tratti sulla sua insussistenza. Da Platone ad Aristotele, continuamente, in una infinita Scuola d’Atene che si ripropone con cadenze vichiane. Per quanto mi riguarda, ho sempre apprezzato gli sforzi vani di entrambi i momenti, adoro persino quell’istante di compiacimento che sta in mezzo, tanto deprecato da Schopenhauer nella sua visione del pendolo.

Poi l’artista, il poeta, il profeta, colui che nel contesto sa cogliere il momento opposto, è destinato alla gloria terrena! Sempre? Non sempre probabilmente. Il 1497 può considerarsi ancora un contesto di umanesimo positivo? Da questo dubbio si può cominciare a discutere, a proposito del simulacro di Santa Agrippina, sito attualmente all’interno della Chiesa di San Giuseppe, in Scicli.

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

La statua è più antica di quella Madonna della Pietà di cui prima (datata 1537), per cui mi espongo e avanzo addirittura l’ipotesi che il maestro di Santa Agrippina, fosse artista migliore – o quanto meno più innovativo – rispetto il suo collega di quarant’anni dopo. Mi soffermerei volentieri sulla descrizione della mestizia di questa santa martire raffigurata, un pathos che quasi preconizza i drammi del barocco spagnoleggiante. Ma qui il tema è ancora esposto con la serenità d’animo e la rilassatezza del luminoso Rinascimento italiano e siciliano. Dicevo, mi soffermerei, se solo non mi trovassi sprovvisto di quelle corde tipiche, peculiarmente poetiche, di un periodare in esaltazione dei momenti tristi. In altre parole, del passaggio pessimistico Rinascimentale ho sempre preferito la visione ironica che ne dava Ludovico Ariosto, o Rabelais. Saranno più bravi i lettori di questo articolo, capaci di andare a riscoprire una delle più belle opere rinvenibili negli iblei.

Sul perché tale magnifica scultura si trovi in una chiesa a San Giuseppe intitolata, conviene, al fin di sbrigarci prima nelle ricerche, interrogare il solito Canonico Pacetto. Il quale ci informa che esisteva in Scicli una chiesa dedicata al culto di Santa Agrippina, trovantesi nei tempi che furono sulla “parte più eminente del Piano dell’Oliveto”, cioè non troppo lungi dalla stessa San Giuseppe. Quest’ultima, tra l’altro, era Grancia della Matrice posta sul colle di San Matteo. Sempre il Pacetto dice poi che nel momento in cui i Padri Cappuccini “impiantarono in Scicli il loro Convento, si fecero donare questa Chiesa, dalla Confraternita per atto in notar Guglielmo Marsala del giorno 9 Febbraio 1569; la quale confraternita si aggrego alla Chiesa di San Giuseppe, ove trasportarono la marmorea statua della suddetta Santa.”

E non ci sarebbe granché d’altro da dire se non fosse per un particolare del quale si potrebbe discutere all’infinito, avendo tempo da perdere. Ridonando l’occhio alla statua, in particolare ai piedi della Santa, scorgiamo subito una forma antropomorfa e di fianco (sulla sinistra della scultura) un essere immaginario, una bestia dalle vaghe sembianze di un gallinaceo – perlomeno per postura – pur essendo senz’altro squamata come un Drago.

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

L’essere fantastico manca della testa, scusate la lacuna del mio rapporto.

Andare appresso alla leggenda aiuta poco: Agrippina, cittadina romana, nata nel 243 da nobile famiglia cristiana, fu martirizzata da Valeriano all’età di quindici anni. Dopo la sua sepoltura, tre ragazze – tra cui una sorella di Agrippina – ne traslarono il corpo sino in Sicilia, a Mineo (ove sussiste ancora un sentito culto della Santa). Il corpo fu sepolto in zona detta della Lamia. Per capire dove voglio andare a parare, bisogna discendere sino alla mitologia greca: Lamia, bellissima regina libica, riceve da Zeus un dono ben particolare, una di quelle cose che servirebbero molto ancor oggi, quando le discussioni da salotto languono e gli ospiti si stanno annoiando. Lamia poteva togliersi gli occhi dagli incavi a proprio arbitrio, quando voleva. La cosa fece evidentemente presa su Zeus, o forse fu altro a far breccia tra i desideri di quel vero sciupafemmine che era il padre degli dei, in ogni caso, se ne invaghì e fece infuriare per l’ennesima volta Era. La mogliettina cornuta, per ripicca, uccise tutti i figli nati da quel rapporto extraconiugale (beh, qualcuno si salvò) e Lamia impazzì dal dolore. Da quel momento prese a mangiar bambini. Da qui in poi le fantasie popolari e quelli dei letterati condussero al plurale, in Lamie, l’essenza unica di Lamia, indicandole quali esseri mostruosi per metà uomo e metà bestia. Infine nel medioevo Lamia divenne sinonimo di Strega. Tutto ciò va a coincidere con il fatto che in Mineo si credesse il luogo omonimo infestato da demoni, almeno sino all’arrivo del corpo della santa. Non è trascurabile il fatto dai rimandi biblici che ai piedi delle sante, spesso venisse posto un serpente. E da qui, accorre ricordare che il termine greco Draco, designasse in realtà il Serpente. Così diviene molto più semplice capire le raffigurazioni medievali di Santi (anche guerrieri) in non cordiali rapporti con l’alato essere sputa fuoco. Si tratta senza dubbio dell’ennesima confusione, una traduzione inversa da Draco a Serpe. Sotto i piedi di Santa Agrippina dovrebbe dunque esserci il Serpente dell’Antico Testamento, eppure c’è un Drago dalle posture gallinacee. Addirittura, un Basilisco forse? Il re dei Serpenti (sempre Satana?)?   

Super aspidem et basiliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem.
(Salmi 91,13)

Mi sembra estremamente fondata l’assimilazione tra l’essere ai piedi di Santa Agrippina ed il basilisco nella sua iconografia classica.

Rinascimento a Scicli: Santa Agrippina e i Demoni di Mineo. Seconda Parte

Ma la particolarità sta nel fatto che tale animale era più presente probabilmente nel bestiario medievale che non nelle fantasie di uno scultore con le idee già rivolte alla delusione della divinizzazione dell’uomo.

In merito all’altra figura sottomessa, essa appare quale uomo munito di turbante e dunque non si pongono particolari problemi interpretativi. Ci soccorre l’Amari:

“Tra questi luoghi sostò lo stuol musulmano, divorato dalla pestilenza, guidato da Eufemio che, in abito e nome d’imperatore, recava seco le maledizioni di tutta la Sicilia: e parea gli antichi numi lo attirassero in loro voragini.”

Gaetano Celestre


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

COMMENTI (1)

Da Salvo Dentice
Inviato il 29 marzo a 16:20
Segnala un abuso

L'articolo è molto interessante, peccato non sia riportato qui, con le foto altrettanto belle... Comunque complimenti all'autore e a paperblog