Sono passati più o meno due anni e mezzo dalle ultime righe scritte in questo piccolo spazio virtuale. Sono tornato più volte a rileggere i tentativi più o meno riusciti di condividere con il mondo quello che frulla (frullava?) nella mia testa, e tutte le mie precedenti escursioni terminavano con una strana sensazione a metà tra la nostalgia e la rassegnazione. Nostalgia di quei momenti in cui mi chiudevo nella mia stanzetta mentale e cercavo di mettere ordine e sintassi alle mie idee politiche, alle mie visioni, a cercare di descrivere le emozioni indicibili che mi procura l'ascolto di un bel disco. Era un periodo particolare della mia vita, quel limbo tra l'adolescenza e la vita adulta che sta diventando terra di nessuno per un'intera generazione, un periodo in cui potevo permettermi ancora di osservare il mondo, lasciarlo scorrere, dividerlo per categorie facilmente decodificabili. Potevo permettermelo perché c'era chi badava a me e non mi chiedeva altro se non che facessi il mio dovere. Era un periodo semplice, nonostante le mille difficoltà legate alla vita reale, e quando mi ritrovavo a sfogliare i vecchi post sorridevo a rileggere i commenti di quella che con il tempo si era configurata come una vera e propria combriccola, un gruppo di affezionati che riga dopo riga abbatteva sempre più la barriera tecnologica che ci separava l'uno dall'altro. Era una sensazione bella e straniante, e ora mi sento in dovere di chiedere scusa in qualche modo a quel gruppetto che da un momento all'altro, in maniera più o meno consapevole, ho abbandonato.
Abbandono, già. Dopo cinque anni di più o meno intensa attività le parole uscivano con fatica sempre maggiore, come se la carica propulsiva che mi aveva portato fino a lì si fosse esaurita. Avevo l'impressione di ripetere sempre le stesse cose, e il tentativo di scovarne di nuove o di adottare un punto di vista nuovo, non banale, qualcosa che svicolasse dalla solita indignazione a buon mercato che tanti spunti mi aveva dato in precedenza, ecco, questo tentativo veniva costantemente frustrato. Mi chiedevo il perché, dal momento che gli argomenti non mancavano, e me lo chiedevo ogni volta che riaprivo il blog con la voglia di scrivere qualcosa per poi chiuderlo rassegnato poco più tardi.
A distanza di due anni e mezzo potrei trovare molte risposte a questa domanda. Potrei dire che nel frattempo subentrava il mondo reale, i problemi con cui ci si affaccenda tutti i giorni, entrava di prepotenza un lavoro, quello del medico, che inevitabilmente arriva a occupare gli interstizi più remoti della mente. Entrava in gioco l'incapacità di elaborare opinioni compiute riguardo a una realtà sempre più frammentata e disordinata, a cui troppo spesso si risponde con un'indignazione riflessa, stereotipata o con semplificazioni ridicole, che si esauriscono nello spazio di un tweet o di un post su Facebook. Qualcuno potrebbe dirmi che il mondo è sempre stato così e che sono io ad essere cambiato, ad essere cresciuto in un certo senso. Sicuramente è così, ma d'altra parte penso che la realtà con cui noi abbiamo a che fare sia molto più complicata del passato, e che le risposte semplicistiche, da una parte e dall'altra, che continuamente ci vengono propinate siano assolutamente inadeguate.
E quindi cosa è cambiato ora? Sicuramente non ho la presunzione di avere le risposte in tasca, ma questi due anni e mezzo sono stati pieni di tutto, così come lo è la mia vita attuale, e l'idea di calarla nuovamente in questo spazio da un nuovo punto di vista è elettrizzante... e terrorizzante. Perché qui non si tratta più di osservare, ma di raccontare e interpretare, operazioni molto più complesse. Solo il tempo dirà se ci riuscirò, ma per ora devo ringraziare tantissimo chi mi ha dato lo spunto per ripartire. Adesso si tratta solo di togliere la ruggine dagli ingranaggi.
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