Rincorrendo una bellezza insospettata

Da Icalamari @frperinelli

Alcune goccioline trasparenti si posano sui vetri e strisciano per minimizzare la loro presenza. Così si disfano, cercano di venir evaporate dal sole, che sempre è sole di Giugno, prima di creare il panico tra noi mortali. Domani è sabato, e a Roma la situazione è questa:

 

Lola, insoddisfatta a prescindere dalla situazione, dice da sempre (o da che la conosco) che vuole andare via. A Honolulu, per la precisione. Tutta colpa di Stanlio e Ollio, del ritornello Honolulu Baby cantato durante la disavventura che li vede tornare da un falso convegno alle devote mogliettine, senza sapere che la notizia è corsa fino a loro, ma non ha raggiunto i due malcapitati. La nave è naufragata.

Ai due mentitori accadono disavventure che giusto nelle comiche, divergenti sul finale: Ollio massacrato e Stanlio premurosamente coccolato. E Lola vorrebbe andare a Honolulu senza essere né l’uno né l’altro. Beata lei, che le basta una canzoncina. Chi non risica …, la pensa così ma poi passa i suoi anni a rosicare (alla romana).

Io pure credo al proverbio, e ora come ora me ne andrei dritta a Copacabana (scongiurato anche il pericolo di coinvolgimento negli scontri per la finale della Confederations Cup). Colpa, nel mio caso, di una canzonetta smozzicataprêt-à-parodier  un certo Paolo Conte, di Stefano Bollani. Mi ronza in testa e non se ne va via, diversamente da Battisti (Cesare) che pare che non rischierei di incontrare, dato che su di lui adesso incombe l’espulsione.

Ottimi motivi dunque. E, senza esserci ancora stata, credo che chiederò a Lola di prendere una nave insieme a me domattina, e sostituire l’idea immanente di Honolulu con una fulminea Copacabana Experience.

Ancora una volta per via di una canzonetta, dove attorno a una col suo nome ruota un’atmosfera sognante, agli aromi di frutta estiva fresca, scintillante, lasciva, preludente a qualcosa che sa solo chi agogna, chi sogna, chi è senza vergogna. (Una come me, che non mi chiamo Lola, ma tant’è.)

Barry Manilow – Copacabana

Poi tornerei, però.  Anche per poter affermare Je ne regrette rien* a ragion veduta.

*) Una recensione cinematografica scritta anni fa da Luca Alvino, pescata zompettando di post in post. Qualcosa che sopravvive allo spunto che l’ha generata. Una recensione valida a prescindere dall’oggetto che la può indossare. Prêt-à-porter, sempre che non cambi tempo.

Ma quando non c’è più nessuno ad attenderti dall’altra parte, e hai ormai dimenticato di vivere in un mondo che non è reale (per convenienza, per rassegnazione, o per l’oblio che sempre incombe minaccioso sulla mortalità), l’unica possibilità che ti rimane per svegliarti è compiere un atto di fede: rinunciare all’indeterminatezza del sogno, e credere che la consumazione di una scelta non corrisponda alla spietata rinuncia all’infinità; percepire fino in fondo che nella consunzione può addensarsi un senso profondo, e nell’assunzione di responsabilità una bellezza insospettata.


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