Sfogliando i quotidiani stamattina, mi è caduto l’occhio su una questione nucleare sollevata al centro civico di Capriva, in provincia di Gorizia, in occasione di un dibattito organizzato a cui ha partecipato anche il presidente della provincia. Di questi tempi un po’ tutte le regioni sono in fermento riguardo a questo tema del ritorno al nucleare, soprattutto per questioni che riguardano la localizzazione dei siti, una condizione necessaria affinchè si possa posare la prima, ideale, pietra. E va da sè che girando il Paese si incontrino le situazioni più diverse, con dibattiti, contrarsti, pro e contro, voci autorevoli e voci prese dalla strada. Insomma: se ne parla. In questa particolare situazione, il dibattito sul nucleare è arricchito da una proposta del presidente della provincia, consistente nell’installare impianti fotovoltaici da 3 Kw sulle abitazioni dei cittadini per avere energia da usare subito, gratuitamente. E’ una delle tante, interessanti alternative al nucleare (e al problema energetico in generale, in effetti). Ma le alternative (cioè le rinnovabili) possono davvero ‘sostituire’ il nucleare, additato come anti-economico e poco sicuro? La risposta purtroppo è no. Non ne sono in grado: producono troppo poca energia a fronte di costi ancora troppo alti (il paragone con l’energia da fonti fossili, in temini di rapporto spesa/produzione è impietoso), non coprono il fabbisogno.. insomma, la strada da fare è lunga per le rinnovabili. Certo, ben vengano nel mix energetico queste alternative. Ma del nucleare non si può proprio fare più a meno. Intanto perché non è vero che è poco sicuro, anzi. E poi perché non averlo ci crea un gap di competitività che non possiamo davvero sostenere, soprattutto in tempi di crisi. Non solo: avviarlo significherebbe creare migliaia di posti di lavoro, incentivi, sviluppo. In altre parole: una mano santa.