Sul piano di rinnovamento dell’edilizia scolastica lanciato dal Governo sono stati versati i leggendari fiumi di inchiostro, anche virtuali. Su queste pagine, come chi ci segue con assiduità ben sa, dedichiamo una particolare attenzione al tema delicato della riqualificazione e della messa in sicurezza del patrimonio edilizio scolastico.
A settembre, inoltre, riprenderanno gli incontri rivolti ai professionisti tecnici organizzati da Maggioli Editore e dedicati al rinnovamento dell’edilizia scolastica. Il primo appuntamento è fissato per il 18 settembre a Bologna.
Abbiamo incontrato l’ing. Nicola Mordà, blogger di Ediltecnico e direttore scientifico del tour di seminari Rinnovare l’edilizia scolastica per chiarire meglio i contenuti del corso e per fornire alcune dritte ai tecnici che desiderino cogliere l’opportunità di lavoro che questo piano offre.
Mauro Ferrarini. Quando si parla di rinnovamento del parco edilizio italiano si parla di un grande contenitore. Proviamo a specificare cosa intendiamo esattamente: parliamo solo di ristrutturazione e riqualificazione dell’esistente o anche di nuove costruzioni?
Nicola Mordà. In effetti, il parco edilizio italiano è più che un grande contenitore: è una risorsa economica da intercettare nelle modalità più appropriate, sia dal lato dell’utenza che dal lato istituzionale.
Cerchiamo di dare qualche indicazione in merito.
Se si attinge a dati statistici sul patrimonio edilizio italiano, e ragionando per ordini di grandezza, si hanno dislocati sul territorio circa 27 milioni di edifici di cui il 18% è in condizioni che necessitano un rinnovamento; se si assume per tale frazione una superficie (estremamente prudenziale) di 50 mq per abitazione si ha una superficie di circa 243 milioni di mq da rinnovare.
Sempre per avere in mano degli ordini di grandezza, se si assume un costo di rinnovamento di 400 euro/mq (esclusi oneri, ad esempio IVA) questo genererebbe un volano di circa 100 miliardi di euro, e se l’IVA fosse al 4% si avrebbe un gettito di 4 miliardi di euro immediatamente disponibili.
Bloccare il comparto edilizio con balzelli di vario tipo significa procurare, a mio modesto parere, un danno erariale i cui numeri, come ordini di grandezza, sono quelli evidenziati.
Venendo alla seconda parte della domanda, a mio avviso, è importante intanto recuperare e riqualificare, il patrimonio esistente, rinnovandolo anche sotto il profilo della valorizzazione e della destinazione come bene economico avendo anche il coraggio, quando necessario, di rinunciare a inutili irrigidimenti su posizioni di conservatorismo, non rinunciando a quelle indispensabili nuove e moderne costruzioni che l’attuale società necessita.
Si pensi ad esempio alle nuove idee relative agli ambienti scolastici: nuove scuole con nuovi spazi concepiti in modo moderno non possono che essere un beneficio per gli studenti (e personalmente preferisco considerarli ancora tali, e non “utenti”).
Rinnovare in modo moderno significa anche, oltre a rilanciare un comparto virtuoso che trainerà l’economia, preservare il territorio.
Da più parti si ergono giuste voci cha additano la cementificazione come un male attuale; pertanto preservare il consumo di suolo, anche rinnovando in chiave moderna gli immobili esistenti, non può che essere un atto convergente a tale obiettivo.
In più, quello che emerso nei convegni che abbiamo seguito negli ultimi tempi, la componente manutentiva degli immobili incide sulla dinamica economica degli immobili in maniera importante, sottraendo risorse economiche agli utenti (affittuari e proprietari), di fatto dirottandola verso pochi “poli attrattori”.
Mauro Ferrarini. Lo stato precario in cui versano molti edifici scolastici in Italia è ben noto a tutti, ma a suo avviso se si dovesse stilare un’ideale classifica degli interventi più comuni (e urgenti) quali dovrebbero essere?
Nicola Mordà. Per rispondere alla Sua domanda, preferisco andare per logica costruttiva.
Le scuole devono essere per prima cosa sicure. Come esempio è importante citare la riclassificazione sismica del territorio fatta nel 2003. Essa è stata un importante passo in avanti a livello culturale, che ha posto molti edifici scolastici in grave deficit (ma non per colpa della classificazione fatta).
Pertanto la prima fase è certamente quella di renderle sicure sotto il profilo strutturale, sia nelle componenti propriamente portanti che in quelle secondarie, impiantistico e di esercizio.
In un’ottica manutentiva direi che occorrono degli interventi di manutenzione migliorativa.
Ma è altrettanto urgente anche il retrofit energetico. Come tecnico frequento spesso edifici della pubblica amministrazione e noto come, in molti casi, le condizioni di vetustà degli involucri e degli impianti, generino dei costi energetici spropositati.
Frequentando dall’interno i convegni dedicati all’edilizia scolastica ho potuto prendere visione di quanto le aziende italiane abbiano investito, nonostante le difficoltà di vario tipo (non ultime quelle legate a schemi rigidi ed immobilizzanti legati al mondo del lavoro), nell’immettere sul mercato nuove tecnologie, materiali e soluzioni tecniche che “organizzate” in un pacchetto coordinato possono certamente rispondere al miglioramento delle prestazioni termo-fisiche degli edifici, e quindi ad un risparmio sensibile per la pubblica amministrazione.
Mauro Ferrarini. Ma di solito il refrain negli appalti è: “scelgo quello che costa meno”
Nicola Mordà. Lo credo anch’io. Sfortunatamente, ed è una sensazione personale, ancora oggi nella fase di impostazione di interventi di miglioramento agli edifici si guarda alla minimizzazione del costo iniziale dell’intervento. Gli interventi devono “costare poco” subito. Ci si dimentica dei costi di esercizio, ossia si limita il flusso economico solo alla fase iniziale trascurando la vita utile dell’immobile e le conseguenti spese di gestione e manutenzione.
Ma quando si acquista, per esempio, un frigorifero, non si guarda ai consumi in esercizio? E quando si acquista un’auto non si considerano anche le spese dei “tagliandi”?
Mauro Ferrarini. Ci vorrebbe un cambio di mentalità.
Nicola Mordà. Ecco, rinnovare l’edilizia significa anche rinnovare il modo di concepire il ruolo dell’edificio.
Sotto questo profilo, come è stato evidenziato nel recente convegno sul tema svoltosi a Bari, è anche interessante il punto di vista degli spazi: nuove modalità di fruizione e di utilizzo degli spazi legati a nuove modalità didattiche. Rendere le scuole un luogo dove gli studenti hanno piacere di soggiornare e di apprendere, al fine conservare le capacità culturali e scientifiche dell’Italia. Queste sono, a mio parere, le metriche per misurare il vero rinnovamento.
Mauro Ferrarini. Il piano #scuolesicure lanciato dal Governo rappresenta senz’altro un’occasione per imprese edili e professionisti tecnici. Per la sua esperienza, quale consiglio si sentirebbe di dare ai tecnici interessati a cogliere questa opportunità?
Nicola Mordà. La domanda mi pone in una posizione impropria. Preferisco dare il mio punto di vista, con una piccola divagazione per risponderle.
Ho la sensazione (e forse qualcosa in più) che i tecnici, in quanto esperti ed edotti su molti temi importanti, siano oggi stati consapevolmente relegati, da scelte inopportune, in una posizione secondaria, come dei parafulmine di scelte altrui.
Mauro Ferrarini. Cosa intende dire?
Nicola Mordà. Sotto la bandiera della “concorrenza” si nascondono effetti devastanti che si propagano in modo incontrollato (o forse controllato da altri) e che a nulla serviranno ai giovani colleghi che si affacciano all’attività.
Una prima riflessione che spesso facciamo con vari colleghi riguarda la corsa verso il basso nei servizi, che ci ha investiti.
Ecco, da questo punto direi che noi tecnici dovremmo interloquire con le amministrazioni e con gli estensori delle varie norme di settore, per dar loro modo di prendere atto che tutte le riduzioni imposte ai servizi tecnici e la fretta cronica di molti lavori divergono rispetto agli obiettivi che il governo si è posto.
Forse un passo indietro, allineandosi su questo tema all’Europa per esempio (visto che anche sotto questo profilo saremmo cittadini europei), verso il rispetto delle professioni tecniche sarebbe utile per portare avanti tale obiettivo governativo, senza dilapidare risorse importanti.
E poi c’è un secondo approccio personale da tenere in considerazione.
Mauro Ferrarini. Quale?
Nicola Mordà. Il secondo approccio personale è quello del mantenimento dell’aggiornamento.
La tecnica e le industrie corrono velocemente; i regolamenti e le norme, cogenti e non, proliferano, anche giustamente, e impongono standard prestazionali crescenti e disciplinati, la cui ignoranza da parte del tecnico può essere problematica (la fretta e la carenza di risorse non agevolano).
Ritengo quindi utile e giusta la volontà di imporre una formazione continua ai tecnici, forse sarebbe stato meglio verticalizzarla nelle specializzazioni che ognuno ha.
Nei vari convegni in cui sono stato coinvolto, concordemente con L’Editore Maggioli, abbiamo cercato di impostare gli eventi in modo logico, dando ampio spazio ai contenuti normativi e tecnici per perseguire con gli obiettivi di ampliamento delle conoscenze professionali su temi spesso molto specialistici.
Ricordo con estrema soddisfazione l’intervento di un’azienda che ha esposto in maniera magistrale (sulla base dell’attenzione e partecipazione personale ma soprattutto dei colleghi) i requisiti acustici delle scuole e le problematiche conseguenti.
Ovviamente, e questo è un punto di vista ancora più personale, è necessario documentarsi a valle dei convegni non lasciare sterile la presenza. Va implementata con approfondimenti tecnici che poi hanno un immediato ritorno pratico, almeno questa è la mia esperienza “sul campo”.
Ciò si traduce in una maggiore competitività nel proporre o individuare soluzioni tecniche che consentiranno alle amministrazioni di risparmiare, investendo sulla professionalità dei tecnici.
In questo senso è, secondo me, da intendere la concorrenza: sulla professionalità e capacità oggettive e non sulla oggettività di un ribasso economico.
Ma questo è solo un punto di vista personale.
Mauro Ferrarini. Un’ultima domanda, ingegnere. Il prossimo 18 settembre a Bologna si terrà una nuova tappa del tour Rinnovare l’Edilizia Scolastica. Ci dica tre buoni motivi per partecipare all’incontro.
Nicola Mordà. Conosco da vicino il filone e le intenzioni sottese, in parte espresse prima.
Come ho detto, assieme all’Editore, cerchiamo di portare avanti il percorso convegnistico secondo lo schema “problematica da risolvere – normativa – soluzione tecnica”.
Sotto questo profilo sono queste le tre motivazioni che dovrebbero portarci, come tecnici, a tali eventi.
Questo significa, ad esempio, entrare in contatto con casi pratici esposti da chi è in prima linea (tipicamente le aziende del settore), poi entrare in contatto con lo scenario normativo che serve avere a portata di mano per essere competitivi ed evitare contestazioni, ed infine si possono ottenere spunti per le proprie attività tecniche (con soluzioni di cantiere che altri hanno sperimentato favorevolmente), confronti con i tecnici delle aziende (voglio ricordare che in tali eventi lo staff “esige” la presenza di tecnici che parlino la stessa lingua della platea) e con le esperienze dei colleghi.
Sono momenti interessante da cui traggo, personalmente, sempre tasselli importati per il completamento e l’irrobustimento della mia attività professionale.
Ricordiamo ai lettori che il ciclo di convegni Rinnovare l’edilizia scolastica riparte il 18 settembre a Bologna. Si replica il 23 ottobre ad Ancona e il 27 novembre a Treviso.