Il regista Rino Di Silvestro è stato finalmente svelato nel bel documentario Rino Di Silvestro Story. Il cinema. L’arte. La cultura di Luigi Pastore e Antonio Tentori. Per non pochissimi si è trattato di un arricchimento, anche socioculturale pensiamo, importante. Chi era Rino Di Silvestro? “Sei dita di follia” lo ha identificato curiosamente il regista Luigi Pastore nella interessante serata commemorativa al cinema Trevi di Roma il 20 marzo scorso voluta proprio da Pastore e Tentori, dedicata appunto al cinema di Rino Di Silvestro e dei suoi eredi. In tal senso è stato proiettato a seguire il film Hippocampus M 21th, un film di Alexander Fennert (vedere al proposito la recensione di Manuele “Bisturi” Berardi che segue il nostro articolo). Perché definire il cinema di Rino Di Silvestro come sei dita di follia? Spiega Luigi Pastore: “semplicemente perché aveva proprio sei dita in un piede. E Rino si divertiva molto di questa sua caratteristica fisica, ne andava anche molto fiero, in qualche caso sembrava sottolineargli la personalità. D’estate, togliendosi spesso i sandali, amava ciondolare quel suo piede particolare. Per noi poi è stato quasi un vezzo simpatico e fraterno quello di dedicargli la serata al cinema Trevi con quel titolo ”.
Pastore conosce Rino Di Silvestro grazie allo scrittore e sceneggiatore Antonio Tentori. L’incontro avviene perché Di Silvestro voleva raccontarsi e raccontare il suo percorso artistico attraverso un documentario. E voleva farlo attraverso la regia di un autore appassionato come Luigi Pastore. Racconta Pastore: “una cosa straordinaria quando Rino mi dice, solo un attimo dopo il primo incontro, ti conosco solo da tre minuti e già ti sento fratello…”
Rino Di Silvestro è stato certamente un regista cinematografico scomodo, non seguito ed apprezzato fino in fondo, ed in qualche caso forse nemmeno troppo gradito ai sistemi di potere, proprio nel momento storico della sua attività, che va principalmente dal 1973, anno della edizione del suo film Diario segreto da un carcere femminile per proseguire poi con Prostituzione, Le deportate della sezione speciale SS, La lupa mannara, Hanna D. la ragazza del Vondel Park, forse i suoi titoli più ispirati. Ecco, l’ispirazione sembra suggerire Rino Di Silvestro in più di una confidenza rilasciata nel documentario,è qualcosa che certamente proviene da una qualche entità misteriosa e che improvvisamente ti travolge, ti supera, ti manda al di là di noi stessi, e ti concede di produrre in fondo qualcosa che poi non sempre siamo in grado di realizzare in maniera coerente. E così sembra sia andata la carriera cinematografica di Rino Di Silvestro, ed anche quella pittorica, finanche quella di scrittore e di drammaturgo. Il suo teatro, perché la carriera artistica di Di Silvestro è iniziata in teatro, è stato sempre oggetto di pesanti ripercussioni censorie, come d’altra parte è successo sempre al suo cinema. Il suo è stato una sorta di teatro d’avanguardia e tutti i suoi spettacoli sono passati pesantemente, come detto, sotto le maglie aberranti della censura e denunciati per oscenità, pornografia. Uno spettacolo, l’opera originale Coriolano, del 1970, addirittura non andò oltre l’anteprima e la prima perché fu fermato dalla magistratura dopo le proteste degli spettatori scandalizzati. Ed eravamo già nel 1970, l’anno che sarà il preludio per il suo passaggio al linguaggio cinematografico. Il documentario di Pastore e Tentori è certamente un atto di amore, per entrambi gli autori del documentario l’opera cinematografica di Di Silvestro, proprio nella sua interezza pensiamo, racchiude una filmografia di capolavori. Prima di tutto è questa l’assoluta e concreta dimensione che percepiamo dall’opera. Poi c’è, tra i valori solenni del documentario, quella che è la voglia di Pastore e Tentori di rispondere sinceramente a quelle che sono le tensioni, anche le poetiche in fin dei conti, e quali le eredità che il cinema di Rino Di Silvestro in qualche caso ha potuto lasciare, e questo proprio al di là dell’inestimabile e sincera passione di Pastore e Tentori, per l’uomo e per l’artista. Tutti i film di Rino Di Silvestro avevano nelle intenzioni certamente il valore del capolavoro, e tale restava la percezione, grazie alla abilità del regista, capace di mantenere e trasmettere all’intera troupe questa aspettativa per tutta la lavorazione del film. Poi naturalmente la resa finale poteva ritrovarsi con dei tratti caratteriali decisamente opposti. L’attrice Orchidea De Santis ad esempio, protagonista del film Prostituzione, ed anche Sebastiano Somma, presente nel cast di Hanna D. la ragazza del Vondel Park, entrambi presenti al convegno, hanno sottolineato, oltre alle dichiarazioni di stima, di affetto, di riconoscenza, anche questa capacità particolare, anche di affabulazione, del regista.
Dice inoltre Orchidea De Santis: “entusiasmo e follia erano alla base della personalità di Rino Di Silvestro, e del suo lavoro artistico. Un entusiasmo assoluto ed una follia creativa onesta, pulita. Penso a lui sempre con gratitudine perché è stato uno dei pochi registi, nella mia carriera, ad avermi affidato un ruolo drammatico. Nella mia filmografia sono numerosissimi i film comici e le commedie, anche sexy e all’italiana, ma pochissimi i film drammatici. Rino è stato uno dei pochissimi che ha avuto il coraggio di farmi fare cose diverse. E devo dire che nutro anche un certo rammarico, perché è capitato molto spesso, in anni precedenti, di parlare della mia carriera e Rino, devo fare ammenda, l’ho menzionato e ricordato sempre troppo poco. Oggi provo un certo dispiacere per questa mia mancanza”.
Sebastian Somma dal canto suo ha dichiarato: ”io mi sentivo molto gratificato intanto dopo la chiamata di Rino perché Hanna D. è stata una delle primissime cose che ho fatto da protagonista, ero ancora molto giovane e trovavo la cosa straordinaria. Rino era un regista, devo dire, passionale, fisico, nel senso che ti toccava proprio, si buttava addosso, ti manipolava, doveva quasi accertare e stabilire fisicamente la tua presenza. Dava sempre delle motivazioni molto forti, dopo spiegava e cercava molto, in ogni caso dai suoi interpreti. E credeva davvero fino in fondo a quello che stava facendo”.
Sebastiano Somma poi riconosce come quel suo film, Hanna D. la ragazza del Vondel Park sia stato dopo effettivamente manipolato, e grossolanamente, dalla produzione e dalla distribuzione, soprattutto nel finale, che Di Silvestro aveva previsto in un’altra dimensione. Ma questa era un poco la storia soprattutto del periodo, molte volontà autoriali non venivano davvero soddisfatte dall’industria e dalla censura. Anche oggi comunque succede questo, ma è ammorbidito da una differenza sostanziale, i film, almeno quelli alla Di Silvestro, oggi non si fanno proprio. E noi dobbiamo dire grazie proprio a Pastore e Tentori se oggi, dietro il fantomatico regista Alexander Fennert, si sia potuto mettere in produzione Hippocampus M21 Th, un film nato proprio su ispirazione del lavoro di Rino Di Silvestro.
Dice Luigi Pastore: “per realizzare questo Hippocampus M21 Th ci siamo detti, io e Antonio Tentori, dimentichiamoci di essere italiani”. E nelle sua struttura in episodi, ritmati da splendidi brani classici (su tutti l’episodio sottolineato al Bolero di Maurice Ravel), noi lo troviamo assolutamente straordinario. Nell’ Hippocampus M21 Th si raccontano quelle che sono delle realtà piuttosto estreme della vita umana, ma, come dice Pastore “è una realtà messa in scena in maniera fantastica”. Cosa aggiungere altro se non che Hippocampus M21 Th è un film fatto davvero con grande passione, semplicemente con un grandissimo cuore e forse anche con tanta rabbia. Alla fine della serata è Antonio Tentori, spronato da una domanda secca di Sebastiano Somma, a chiarire ancora una volta chi era Rino Di Silvestro. Dice Antonio Tentori: “due parole solo, un poeta”.
Giovanni Berardi