Magazine Diario personale

“Rinunci a Satana?”

Creato il 06 settembre 2015 da Povna @povna

Il 5 settembre, annunciato con due mesi di congruo anticipo e un bigliettino splendido, era previsto il battesimo di Regina, la figlia della Venexiana. Così la ‘povna – per quanto la parte religiosa dell’evento non fosse così poi nelle sue corde (l’ultimo battesimo cui ha assistito è stato il suo, e aveva otto anni) – si è organizzata di tutto punto, per onorare l’appuntamento con la sua presenza, e poi per la successiva (molto più vicino al suo carattere) grande festa al mare.
Ieri dunque, dopo aver superato le forche caudine dell’acquisto regalo sulla lista di nascita (di fronte a una commessa di Prenatal che tratta chiunque non sia pratico di attrezzi da lattanti come un puro demente – la ‘povna infatti alla fine è uscita, è andata alla Libreria dei Ragazzi, e ha comprato un’edizione integrale illustrata del Peter Pan di Barrie, e tanti saluti a tutti), ed essersi vestita ad hoc per le due location (da porno-collegiale chic per il battezzo, con la solita attrezzatura da Groenlandia per il vento sulla spiaggia), alle tre e mezzo è uscita di casa e si è recata in chiesa per la parte cerimoniale.
Dopo pochi convenevoli, il rito è cominciato alle quattro spaccate, in mezzo a una folla di atei e qualche sparuto credente. Officiava il rito un prete evidentemente in là con gli anni, aiutato da una Perpetua dai modi bruschi e maschi che sembrava più una insegnante di sostegno. E’ stata lei a segnalare agli invitati che era tempo di entrare nei banchi e, guidata dalla sua voce stentorea (quella di chi è abituato a spiegare a una folla costante di senza dio che cosa fare, passo per passo), la funzione è cominciata. Il compito di Perpetua si è dimostrato però arduo. E’ stato subito evidente, infatti, che la testa del parroco – evidentemente scongelato per l’occasione da una pietosa ibernazione in cui è tenuto normalmente – si era arenata altrove, tempo prima, in un mondo suo e altro. Oltre alla cura dei (non) fedeli (padre e madrina compresi), Perpetua si è così dovuta sobbarcare anche la guida del ministro di dio, dall’inizio alla fine, costantemente, con ciò regalando alla platea tutta uno spettacolo da eternare. Si è cominciato con l’identificazione dell’infante (vestita con uno scamiciatino bianco, elegantissimo). “E come si chiama questo bambino?” – ha domandato don Campana. “Bam-bi-na” – ha scandito la voce di Perpetua, con mezza bocca. L’altra metà era occupata a sillabare un “In piedi. Nel no-me del pa-dre, del fi-glio e del-lo spi-ri-to san-to” per l’assemblea tutta.
“Bambina” – ha concesso don Campana di buon grado, per poi, per nulla contrito, aggiungere un “Che carina!” di prammatica. Nel frattempo in prima fila una teoria di bimbe altrettanto bianche, di età variabile tra i cinque e i sette anni, tutte piccole senza dio come i loro genitori, era occupata a domandare e domandarsi: “Che cosa succede ora?; “Perché la mamma sta lì” (rivolgendosi alla madrina); “Che cosa sono quelle cose sul tavolo?”.
“Battezziamo Regina, e così la facciamo entrare nella comunità di Gesù”.
“Perché è la madrina, e aiuterà Regina e si prenderà cura di lei nel mondo dei fedeli”.
“Ora lo vedremo man mano”.
Ha spiegato Perpetua senza battere ciglio, mentre restituiva Regina alla mamma facendo in modo che don Campana non la facesse cadere e girando le pagine del cerimoniale nello stesso tempo. “Deve leggere qui” – dice a don Campana in un udibilissimo sussurro.
Lui, accomodante, legge.
Il rito prosegue. Perpetua sfoglia il libro con abilità compulsiva, volando tra le pagine.
“Non stiamo saltando niente, eh” – spiega brusca ai presenti – “solo che questa è la parte sulla benedizione dell’acqua, ma qui l’acqua è già stata benedetta, il sabato santo”.
Tutti tacciono, compresi del fatto.
“C’è pure un po’ di acqua del mar Rosso” – non resiste all’orgoglio.
E a quel punto il sorriso trattenuto dei senza dio diventa generale.
La madrina rinuncia a Satana, Darth Vader e Lord Voldemort, insieme a mamma e babbo.
La comunità dei senza dio non riesce nemmeno a ridere come programmato, su questa parte oggettivamente fantasy, perché oramai tutta la cerimonia è surreale.
Don Campana si perde un paio di volte, chiama di nuovo Regina “Re”, poi si dimentica: “E con questo sacramento ti liberiamo dal…” – si volta verso Perpetua, domanda: “Da che cosa la liberiamo più?”.
Questa volta lei non può, per correttezza di rito, rispondere al suo posto. Gli prende la mano, lo guida alla lettura delle righe del breviario, passo passo. Don Campana ritrova il filo, si riprende, e prorompe sorridendo: “Ah, sì, dal peccato originale!”.
Perpetua annuisce con lo sguardo dell’insegnante soddisfatta, la Venexiana tira un sospiro di sollievo, il viso dei presenti è maschera.
La cerimonia si avvia alla fine. Don Campana invoca la benedizione di Gesù (“Chi è Gesù?” – suona la voce stentorea delle biancovestite, ma questa volta perfino Perpetua non può farcela) sulle “madri, i padri e i bambini presenti” (“Molte grazie” – fa in tempo a pensare la ‘povna), poi viene impacchettato e riportato nella sua bara di grafite per ibernarsi in tutta fretta.
Perpetua invoca l’applauso per Regina, che è entrata nella comunità di tutti.
(“Che vuol dire? Ma prima non era qui lo stesso con noi, mamma?” – la figlia della madrina osserva).
Alle quattro e trenta in punto la cerimonia è già finita, e alla ‘povna, nemmeno benedetta, non resta che avviarsi sulla via del mare.


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