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Rinuncia Italia

Creato il 18 marzo 2012 da Albertocapece

Rinuncia ItaliaMassimo Pizzoglio per il Simplicissimus

Per la prima volta da quando è al governo (ma anche prima, in verità) sono completamente d’accordo con il premier Monti: ognuno rinunci a qualcosa!
Frase di semplicità e chiarezza esemplari, perfettamente in linea con la sobrietà con cui il Marione nazionale aveva presentato la sua idea di governo.
E allora mi permetto di proporre alcune delle rinunce che potrebbero aiutare noi a pensare a un futuro migliore.

In primis, ovviamente, proprio a lui, Marione, che sia d’esempio alla Nazione:
rinunci a fare il preside di scuola col suo crocchio di professorini incapaci, ma fedeli e servili con chi il potere ce l’ha davvero. Se ha il “quid” lo dimostri facendo il vero politico e confrontandosi seriamente con chi la vita non la insegna, la vive (a proprie spese). Oppure, più semplicemente, torni a fare il prof alla sua università privata, a cui, nel frattempo, avremo fatto rinunciare ai finanziamenti di soldi pubblici sottratti alle università pubbliche.

Al suo predecessore diversamente alto, chiederei di rinunciare all’immunità che sta inseguendo da sempre a scapito della legalità del Paese e farsi serenamente processare e, se del caso, condannare e imprigionare, rendendo felice, e non è poco in questi anni di depressione, una buona metà degli italiani.

Al presidente della repubblica (essì, tutto minuscolo) di rinunciare a fare il “Padre della Patria” dei poveri, perché ormai siamo poveri davvero e per le sue esternazioni non riusciamo a considerarlo neppure uno zio.

A Casini di rinunciare a fare l’ago della bilancia di questa bilancia da ladroni del suk.
Ci provò, tanti anni fa al tempo dei pentapartiti, La Malfa senior e lo chiamavano “l’Ugo della bilancia”, sbertucciandolo.

A Bersani di rinunciare al partito “liquido”, soprattutto adesso che i liquidi spariscono senza che nessuno se ne accorga, e faccia, o lasci fare, un bel partito di sinistra “solido”, che sui fondamentali abbia una posizione chiara e, soprattutto, univoca.

A Bonanni di rinunciare a quella mosca da Portos dei poveri.
Nei romanzi di Dumas, il vero Portos difendeva i diritti di chi non ne aveva anche a rischio della propria vita: lui sembra difendere gli interessi di chi non dovrebbe anche a rischio della vita dei lavoratori
Alla Camusso di rinunciare a quegli spaventosi sandaletti con cui è comparsa in questi giorni e di ascoltare più Landini che Angeletti.

A LaFornero di rinunciare. Punto.
(ognuno aggiunga a cosa a piacere: va tutto bene e non devo scendere in volgarità)

A Marchionne, a cui l’Italia “fa schifo”, a cui i lavoratori italiani danno fastidio, che in Italia perde dei soldi e all’estero li guadagna, che “il problema è l’eccesso di produzione” e poi si lamenta della produttività e apre stabilimenti in Serbia, chiedo di rinunciare, semplicemente, all’Italia, di levarsi dai piedi.
Teoricamente non sarebbe neanche una rinuncia: con tutti i soldi, nostri, che i governi italiani in cent’anni hanno ammannito al gruppo Fiat, il diritto di requisizione sarebbe sacrosanto.

Ci riappropriamo degli stabilimenti, del marchio Fabbrica Italiana Automobili Torino, delle belle menti che hanno progettato alcune macchine geniali (poi non sempre realizzate a dovere, per tirchieria dirigenziale) e diamo tutto in gestione gratuita alla VolksWagen, con il modello “tedesco”, ma anche con la compartecipazione tedesca e gli stipendi tedeschi (anche con il 20% in meno è sempre il 50% in più dei nostri).
A costo zero per lo stato, a conservazione totale della forza lavoro, a messa in funzionamento logica, e non cervellotica, degli stabilimenti, finalmente con una dirigenza che si occupa di automobili e non di finanza creativa o di sociologia didattica.

L’elenco delle persone a cui vorrei chiedere qualche rinuncia è ancora molto lungo, ma sempre più breve di quello delle persone che le rinunce le stanno facendo obtorto collo, senza che nessuno manco gliel’abbia chiesto.

Ma non mi sottraggo alla domanda e anch’io rinuncio a qualcosa: a mandare i succitati a… quel paese.
Ma solo qui e adesso…


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