Magazine Società
di Mauro Furlan
Cari amici,
ho lasciato passare un po’ di tempo prima di scrivere perché è successo qualcosa difficile da capire ed accettare.
Il giorno sette di aprile, alle otto di mattina, un giovane di 23 anni è entrato nella scuola che aveva frequentato, a Realengo, periferia di Rio de Janeiro, e con la scusa di ritirare il documento con i voti degli anni scolastici è salito al primo piano della scuola. E’ entrato in due classi, ha sparato con due pistole, ha ucciso 12 alunni di 13-14 anni e feriti altri 20. Ragazze, in maggioranza.
Un poliziotto è intervenuto ferendolo e subito il giovane si è ucciso.
Dentro di me ho sentito un dolore grande.
Uccidere dei ragazzi è assurdo, illogico, nulla può motivare un accanimento verso tale fascia di età. Chi convive con loro come educatore o professore, sa quanta bellezza e carica vitale porta con sé questa fase adolescenziale della vita.
Di stragi dentro alle scuole si sentiva parlare di paesi lontani ed evoluti (Stati Uniti). Adesso questo fatto orribile è accaduto vicino a me e l’ho vissuto come se in quella scuola ci fosse mio figlio di 14 anni.
Le indagini hanno messo a nudo come il giovane avesse una storia di problemi psicologici (madre schizofrenica), difficoltà di relazione e in quella scuola era stato vittima di bullismo. Lui ha lasciato vari messaggi, molto sconnessi, per spiegare il suo gesto, mescolando sofferenza patita, rabbia contro un mondo malvagio, bisogno di fare un gesto eclatante ispirato all’ attentato dell’11 di settembre.
Resta inconcepibile il motivo che porta a scegliere una scuola come luogo per comunicare il proprio dramma o la propria follia, e come vittime innocenti e sacrificali dei ragazzi di 13-14 anni.
La televisione e la radio hanno presentato l’argomento con forte carica emotiva, infiniti dettagli, sfruttando al massimo l’ evento e facendo pure qualche gaff dovuta al voler spiegare in fretta l’ accaduto.
Adesso la vita in quella scuola sta tornando lentamente alla normalità. Le classi dove è stato compiuto il massacro diventeranno museo. Gli psicologi stanno aiutano i ragazzi che hanno vissuto il dramma a recuperare. Si fanno attività varie per elaborare il lutto e andare avanti.
L’ episodio drammatico ha sollevato due grosse riflessioni.
La prima riguarda la quantità di armi in circolazione.
Il giovane ha comprato illegalmente pistole e proiettili e forse ha imparato a sparare guardando internet. Alcuni movimenti e alcuni politici vogliono fare un nuovo referendum per proibire la vendita delle armi. Quello che sicuramente si farà è un’ altra campagna affinché la gente che tiene armi illegali in casa le consegni: in cambio avranno del denaro.
I vari movimenti a favore del disarmo dicono apertamente che le armi usate normalmente per compiere atti criminali sono tutte rubate a persone che le avevano regolarmente comprate per uso personale.
La seconda riflessione riguarda il bullismo, fenomeno diffusissimo in Brasile. Gli esperti sono intervenuti per aiutare a individuare e riconoscere i segnali della presenza di atti di bullismo e le difficoltà di relazione tra ragazzi.
Per vigilare e prevenire si stanno istallando telecamere nelle scuole e si assumono delle guardie, pensando che ciò possa aumentare il senso di sicurezza delle istituzioni.
Io riconosco che la quantità di armi in circolazione è grandissima. Moltissime sono illegali. E’ impressionante la quantità di crimini compiuti con uso di armi e che hanno per effetto la morte di persone. Il Brasile è un paese violentissimo. Acquistare illegalmente un’ arma è facile e assoldare un killer di professione non costa molto.
Ma anche questa riflessione mi sembra non sia sufficiente per lasciarmi la coscienza tranquilla e proseguire.
Mi sembra che manchi una riflessione più profonda su questa società che fa della morte uno spettacolo, che coltiva la solitudine, che condanna un individuo come pazzo ma non fa un’ autocritica. Non si parla di ingiustizia, di disuguaglianza, di esclusione, di gestione del potere. Un animale rabbioso come questo non nasce in un giorno e non nasce da solo.
La vita continua, tutto è tornato alla normalità, le pagine dei giornali e la tv ne parlano sempre meno. Resta un fatto di cronaca. Ma un fatto così terribile rimane dentro, crea fantasmi e nuovi mostri se non lo si decodifica e lo si elabora in modo collettivo.
Questa Pasqua è dura da vivere. Ogni Pasqua è dura da vivere se si pensa che Gesù è vittima di un assassinio organizzato dallo stato romano assieme ai responsabili dello stato ebraico.
L’uomo è un animale difficile da capire, giustifica l’uccidere e si organizza per uccidere.
Buona Pasqua da Rio de Janeiro!
Mauro Milse, Rafael e Matteo
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