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Ripartenza felina

Creato il 17 settembre 2012 da Scribacchina

«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»: già lo disse il buon Antonino Lavoisier nel secolo dei Lumi. Lo ribadisco quest’oggi, nel secolo delle incognite.
Ebbene: d’improvviso, in maniera del tutto inattesa, le pagine bianche che la sottoscritta Scribacchina non riusciva a ricoprire di parole si trasformarono in terreno fertile per nuovi racconti.
Come successe tutto ciò, domandate?
E’ presto detto.

Curiosando nel mio archivio alla vana ricerca d’ispirazione, notai la presentazione che feci ad un album dei Meshuggah, titolato Nothing: poche righe di nullo interesse, per la verità. In atteggiamento da elettroencefalogramma piatto, girai quella pagina (datata 28 settembre 2002) quando – d‘improvviso – la folgorazione.
Lo spunto a ripartire.

L’attenzione venne catalizzata da un’immagine a me ben nota:

Momi gatto campione

Premessa.
Dovete sapere che i lettori d’un giornale di provincia sono quel che si suol dire
«gente alla buona»: capita di vedersi arrivare in redazione l’orticoltore part-time che orgogliosamente stringe in mano una testa d’aglio di dimensioni transgeniche o un fungo di foggia curiosa. Capita pure di veder arrivare un nonnino tutto sorrisi recante una gran cesta di melograni, «tanto belli che era un peccato non portarveli; poi se volete fare una foto da mettere sul giornale insieme al mio nome, fate voi… li ho raccolti dalla pianta del mio giardino, la coltivo da tanti anni con amore…» (oh, giusto per la cronaca, uno di quei melograni è ancor qui sulla mia scrivania, in bella mostra: rinsecchito, d’un caldo color ruggine, affascinante simbolo del tempo che passa).

Ebbene, un lontano giorno di settembre 2002, la sottoscritta – tutta intenta a vergare le canoniche quattro righe di presentazione del ciddì dei Meshuggah cui accennai più sopra – sentì squillare il suo interno: «Scribacchina, prendi la macchina fotografica e vieni di qua che c’è da fare una foto». Richiesta sentita mille volte: spesso nelle piccole redazioni lo scribacchino si ricicla in fotoreporter, telefonista, idraulico, talvolta segretario del direttore, talaltra tecnico informatico, occasionalmente galoppino-factotum.
All’occorrenza diventa fotografo pure chi non è in grado di far foto decenti, come la sottoscritta.
Ebbene, raccolta la macchinetta digitale, m’incamminai almanaccando mentalmente quale sarebbe stato l’oggetto da fotografare: ortaggi-record, forse? una zucca o una zucchina? No, una zucchina no: settembre è stagione tarda, crescon solo zucchinette bonsai.

Immaginate la mia sorpresa quando trovai ad accogliermi «di qua» un signore che teneva tra le braccia un gattone bianco di dimensioni enormi. Felino inquietante, che mi fissava con due occhi tanto penetranti da terrorizzarmi (e sì che io, coi felini, ho da sempre una certa dimestichezza…).

Nel corso della seduta fotografica appresi che il gattone bianco, denominato Momi, era risultato vincitore su ben 758 felini nella Classe Libera del Campionato Nazionale Felino all’ex Palalido di Milano, giudicato di grado «eccellente» dalla giuria straniera che lo valutò.
«Momi ha un anno e 4 mesi, pesa circa 7 chili, ha orecchie, zampette e musino rosa, mangia soltanto croccantini, ama molto viaggiare ed è di carattere socievole e tranquillo»: così ne scrisse il mio direttore, convinto che i lettori di provincia avrebbero apprezzato un poco di gossip.

Il proprietario del gattone era visibilmente orgoglioso del suo trofeo (vedete bene, dalla foto, come tiene tra le braccia il suo Momi: maniera alquanto strana di stringere un gatto; par quasi lo tenga in palmo di mano, col terrore che possa cadergli a terra e frantumarsi in mille pezzi).
Il suo entusiasmo non fu certo condiviso dalla sottoscritta.
Mi resi velocemente conto, infatti, che quel povero gatto era trattato a mo’ di oggetto: ben lavato e pettinato, fors’anche truccato, indi esposto quasi fosse un abito da passerella, infine giudicato con metrica precisione in base a parametri inventati dall’uomo.
Un essere vivente sottoposto suo malgrado a viaggi interminabili, strappato alla sua casa e ai suoi affetti per condurre una vita da vip, totalmente slegata dall’esistenza d’un comune felino fatta di sonno, crocchette e caccia al topo.
Terrificante.

Ripenso al povero Momi e guardo i miei cinque gatti.
Considero la vita da pascià che costoro conducono: il lusso dei loro
giorni normali lontano dai riflettori (sebbene siano, nel loro piccolo mondo antico, dei vip), le mille piccole abitudini che niente e nessuno gli toglierà, i ritmi lenti e i tanti vizietti che un «gatto da esposizione» (termine agghiacciante) mai conoscerà.

Tant’è.
Mando un virtuale saluto a Momi, che quest’oggi ha funto da musa ispiratrice, e torno a scribacchiare d’altro.
Alla prossima, soliti lettori.


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