Ripensare la crisi

Creato il 27 ottobre 2011 da Fishcanfly @marcodecave

Piuttosto dovremmo vedere la crisi come un momento di apparizione della verità. (tengo a sottolineare che piuttosto presuppone un lungo discorso precedente abbastanza noioso che avrebbe dovuto controbattere questa semplice posizione, ma siccome va di moda il pensiero unico, lo adotto anch’io in questo articolo checché i nostri più fedeli collaboratori di ciurma siano appassionati di un corretto uso dell’italiano e facciano smorfie verso il ‘checché’. Dunque punto a capo)

La crisi dovrebbe essere, anzi, il momento di restituzione della stessa, il momento in cui tutto ciò che era stato occulto e faceva parte di quel generico bene che scorre ogni giorno e in cui presumiamo essere si svela come un’accozzaglia di tante realtà che, per caso, trovavano il proprio strutturarsi in bene. Ovvero, detto diversamente: la crisi scopre le carte.

La crisi deve appunto essere il momento in cui le realtà che avevano giocato pulito riemergano. Dicano: eccomi, sono pronto a vincere. Perciò è nella crisi che si misura il genio perché il genio presuppone una cesura, una rottura con la realtà borghese, ordinaria. La crisi richiede genialità che si ritrova proprio nella borghesia del pensiero. I rapporti , per un breve periodo vacillano, cercano nuovi equilibri. I nuovi equilibri superano il medioevo: i medioevi sono periodi non solo di passaggio, ma momenti di preparazione, di fermento, di brio occulto. Ecco che la crisi c’è: dà modo alle energie inespresse di essere rilasciate.

Certo: le crisi fanno male. Vallo a dire alla classe media greca e a quella italiana. Fanno male perché costringono il pensiero in una nuova direzione e lo costringono a pensare alla dimensione vecchia in modo diverso.

Il pensiero unico, oggettivizzante richiede un nuovo soggetto che lo pensi. E che lo pensi diversamente. Può occorrere molto tempo prima che il pensiero si superi di nuovo, anche perché deve fare in modo di mettere i piedi in un terreno paludoso. Non può continuare a puntellare qualcosa di vecchio.

La faccio troppo lunga? Forse. Di medioevi ne scorrono molti e, ripeto, dovrebbero essere visti positivamente, con il dolore della sopportazione e dell’inventiva.

Purché non si rinunci, purché non ci si concentri solo sui problemi, quanto sulle soluzioni.



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