Nel corso dell’estate scorsa, abbiamo potuto assistere agli annunci congiunti e senza precedenti della banca centrale americana, (FED), e di quella europea (BCE), orientati essenzialmente a “ drogare” i mercati di tutta la liquidità necessaria per contrastare la bassa crescita dei consumi e la difficoltà degli Stati periferici dell’eurozona.
Mario Draghi, presidente della BCE, è dovuto intervenire con decisione promettendo di acquistare i titoli di stato in particolare di Spagna e Italia per ridare fiducia ai mercati e per salvare l’euro. Allo stesso modo, Bernanke, presidente della FED, ha sorpreso un pò tutti gli operatori nell’annunciare una politica monetaria non convenzionale ad oltranza, ormai denominabile “ QE INFINITY ”, ovvero finchè non ci saranno dei sostanziali segnali di miglioramento del mercato del lavoro, remore del fatto che il pil americano dipende per quasi il settanta per cento dai consumi delle famiglie. Di fatto, questi interventi hanno naturalmente ridato fiducia ai mercati finanziari evitando così il tracollo delle borse europee, ma non hanno ancora prodotto benefici concreti per l’economia reale che prosegue lentamente.
Eppure, a livello di economia mondiale, si intravede qualche timido segnale di ripresa, che potrebbe addirittura consolidarsi a fronte di un prossimo miglioramento della fiducia dei consumatori americani. Resta ovvio che siamo ancora ben lontani dagli anni di crescita sostenuta e che prima o poi dovremmo fare i conti con una seconda recessione se non verrà risolta la grave situazione debitoria di molti Stati sviluppati, tra cui i paesi periferici europei ma anche Francia, Regno Unito e soprattutto Usa.
In America, oltretutto, scadranno entro fine anno le numerose agevolazioni fiscali concesse principalmente sul reddito da lavoro, il famigerato << Fiscal cliff >> e sarà necessario che il prossimo presidente neoeletto provveda a rinnovare almeno in buona parte tali benefici se non si vuole ricadere immediatamente in recessione.
Nel frattempo, segnali positivi di breve termine per l’economia, stanno arrivando dall’andamento dei metalli preziosi, sia oro che argento, che stanno avviando una fase correttiva del tutto fisiologica. Soprattutto l’oro, è ormai da considerarsi come una nuova “valuta rifugio” contro il rischio di spaccatura dell’euro e quindi un suo deprezzamento è sintomatico di una situazione europea più positiva, al contrario, un suo continuo apprezzamento indica forti tensioni sulla moneta europea.
Come risulta ben visibile dal grafico di lungo periodo dell’oro, quotato in dollari, il prezzo ha avviato un fase di consolidamento da oltre un anno, e solo nel mese di settembre ha tentato di riprendere con vigore la risalita andando a rompere al rialzo la linea discendente di medio periodo. Ma la rapida risalita estiva è propedeutica ad una pausa del prezzo che si sta realizzando. Ovvio però che il trend di lungo periodo è ancora chiaramente rialzista e resterà intatto fino a quando le quotazioni non scenderanno sotto 1.600 dollari per oncia e saranno proprie le eventuali e future accelerazioni al rialzo a segnalare le nuove tensioni europee.