La ripresa di un’intesa
La crisi , una parola che ormai l’ascoltiamo, la leggiamo, in ogni luogo reale o virtuale e come sua soluzione quasi sempre ci si sofferma sulla ripresa dei consumi e mi sembra un’assoluzione più che una soluzione ! I consumi, sempre loro a fare le primedonne, mai ragionando che essi possono suddividersi in consumi che ci fanno star bene nel tempo e quelli che danno solo l’eccitazione nel pensare di acquistare ma poi questo stato è effimero, perché altre persone hanno comprato gli stessi oggetti e quindi l’individuo non riesce ad emergere se non ha altro valore da proporre. Quindi non è il caso che riflettiamo sulla qualità dei nostri bisogni e non sulla quantità? Invidiamo i ricchi? e per cosa, forse non sono anch’essi mortali e magari talmente invidiati che anche un pseudo-amore devono comprare!
Solidarietà, cooperazione vera, ridistribuzione della ricchezza, imparare mestieri che producono beni utili, riformare la scuola come perno per lo sviluppo locale e luogo aperto alla città, con una cura dell’edificio condivisa (attraverso una piccola manutenzione si avrebbe la trasposizione dell’etica del lavoro manuale come valore di sé e non un suo abbassamento) da trasformarlo in luogo della bellezza, con i canoni estetici attuali, e non come luogo di vandalismo e sciatteria! Se non prendiamo coscienza che noi “communitas” possiamo cambiare delegheremo al solito parlatore (parlamento) il ruolo di incantatore delle genti.
Le città sono diventate un luogo frustante e non dove abitare e habitus è una parola che ci deve far riflettere. Non scegliamo di certo un abito stretto, o troppo largo, con tessuti di cui siamo allergici, che si strappano dopo i primi lavaggi, insomma ci deve piacere e deve essere ben fatto e l’ abitare non deve essere da meno.
Spazzatura ammucchiata, abbandono di rifiuti che ci fanno solo cattiva pubblicità mentre potrebbero crearsi tanti mestieri e acquisire risorse (finanziarie e umane) se offrissimo una bella accoglienza ai tanti turisti che amano la nostra invidiabile cultura architettonica ed enogastronomica.
Dati i costi e una diversa cultura della gratuità, ormai non realizzeremo più opere universalmente “belle” come nel Rinascimento, ma prevarrà il concetto di funzionalità (sic!), magari con bandi al massimo ribasso e con problemi di manutenzione nel tempo. E allora manteniamo in buono stato le opere d’arte architettoniche dei nostri avi e non facciamo spallucce ai Musei, alle Biblioteche che consentono di avere nuovi colti giovani e dirigenti attenti ai turisti di paesi ricchi di denaro ma non di beni culturali e paesaggistici. Un’ innovazione che nasca dalla comunità, condivisa, in cui ognuno può trovare un valore (lavorativo, ambientale, di investimento) e che favorisca il piacere di parlare con l’altro , di conoscere nuove lingue per ampliare la visione di sé e del mondo , creando occasione di scambi di beni per favorire il rispetto e la pace con gli altri.