Ripreso in TV mentre prendeva il treno: nessun risarcimento per il passante

Creato il 16 novembre 2013 da Digitalsat

In tema di divulgazione non autorizzata dell'immagine, segnaliamo la sentenza emessa dalla Suprema Corte, III sezione civile, il 24 settembre 2013, n. 24110. Nello specifico, il caso di una persona casualmente oggetto di ripresa televisiva tra la folla dei passeggeri della stazione ferroviaria di Milano nell'ambito della partenza dei partecipanti alla manifestazione gay pride.
In particolare, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla persona oggetto di ripresa avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma del 30 luglio 2007 che l'aveva visto soccombente, avendo la Corte d'appello, tra l'altro, affermato il legittimo esercizio del diritto di cronaca.

In sostanza, afferma il provvedimento del giudice di legittimità
che il ricorrente, recatosi in stazione e ripreso nell'ambito di un gruppo di persone che si recavano al gay pride, non ha diritto al risarcimento del danno, in quanto la manifestazione (e una sua fase preparatoria, quale la partenza dalla stazione) configura un fatto di rilevanza mediatica ai sensi dell'art. 97, primo comma, legge n. 633 del 1941, con la conseguente non necessità del consenso del soggetto alla pubblicazione dell'immagine.

Riconosciuta la valenza di evento mediatico
al gay pride, ed estesa tale valenza al raduno della folla in partenza dalla stazione, la decisione si pone in continuità con la giurisprudenza della Suprema Corte.
Con riferimento poi al lamentato pregiudizio all'onore e alla reputazione, la cui lesione è comunque tutelata dal medesimo art. 97, al secondo comma, la Cassazione rileva l'incensurabilità in tale sede dell'accertamento di fatto di cui alla sentenza della Corte d'appello:

  • a) la ripresa televisiva riguardava una folla "anonima" che rappresentava uno "sfondo generico al servizio televisivo"
  • b) la persona non era facilmente individuabile. La ripresa non poteva pertanto essere considerata lesiva della dignità del ricorrente. Seppure tale punto non fosse oggetto di giudizio, la Corte rileva comunque come la liceità e l'assenza di intrinseca negatività della manifestazione escluderebbero qualsiasi influenza sull'onore e decoro della persona che, senza alcun contatto con i manifestanti, si trovi casualmente coinvolto, come nel caso di specie.

Infine, la Suprema Corte ricorda che il diritto di riservatezza non si configura in una stazione ferroviaria negli stessi termini in cui si può porre in una dimora privata: " chi si reca in una stazione [...] deve accettare il rischio di poter essere astrattamente individuato nella folla dei passeggeri"; si tratta, in definitiva, volendo riprendere ancora un passo della sentenza, di un " rischio della vita ".


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