Lo sviluppo economico della Sardegna e il rilancio di un settore strategico come quello dell'edilizia passano anche attraverso processi di riqualificazione-rigenerazione dei centri urbani che riqualifichino l'enorme patrimonio edilizio, le aree dismesse, degradate e spesso abbandonate, presenti nelle città isolane. "Le città - dichiarano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale di CNA Sardegna - sono oggi e saranno sempre più i motori della crescita e dello sviluppo, in quanto luoghi privilegiati per l'attrazione di capitali finanziari, di risorse umane qualificate e di nuovi settori ad alta tecnologia. Dalla capacità di queste di offrire migliori condizioni di vita ai residenti, servizi di alta qualità a cittadini e imprese dipenderà la sfida competitiva che oggi si gioca sempre più tra sistemi territoriali di cui i grandi centri urbani saranno il fulcro".
"In quest'ottica, per le dimensioni delle risorse in gioco, - continuano i vertici Cna - i fondi europei 2014-2020 rappresentano una occasione importante, e possono essere utilizzati, integrandoli con le risorse private esistenti per dar vita ad un piano di rinascimento urbano che qualifichi e rimetta a nuovo intere parti di città".
Concezione che è alla base della proposta che Cna Sardegna, illustrando uno studio realizzato insieme al Cresme sulle grandi opportunità esistenti nell'Isola in tema di riqualificazione, riuso e recupero del costruito, ha avanzato alle istituzioni regionali e ai sindaci dei comuni di Cagliari, Olbia e Sassari riprendendo in forma evoluta quanto accaduto, con grande successo in alcune grandi capitali europee negli anni '80.
Punto fondamentale delle proposte è quello di una dar vita ad un modello innovativo di partenariato pubblico e privato diffuso che integri in un unico piano di intervento da un lato le risorse pubbliche e private utilizzate per la riqualificazione e l'efficientamento energetico del patrimonio residenziale privato incentivati fiscalmente e, dall'altro, gli interventi di riqualificazione, efficientamento energetico, riduzione di co2 che interessano il patrimonio pubblico (scuole, uffici, illuminazione pubblica) insistente su un'area delimitata.
Le risorse in giocoSecondo la ricerca Cna-Cresme nel 2013 in Italia gli investimenti privati e pubblici destinati alla riqualificazione e all'efficientamento energetico del patrimonio edilizio residenziale sono stati pari a 45 miliardi di euro. Nel 2014 la spesa incentivata è salita a circa 28,5 miliardi di euro e nel 2015 è previsto che salirà a 30 miliardi di euro. Quanto alla Sardegna - stando alle ultime stime - si può prudenzialmente stimare che nel 2013, 2014 e 2015 gli incentivi fiscali abbiano attivato in Sardegna complessivamente oltre 1 miliardo di euro di lavori, di cui 570 milioni di euro pubblici e distribuiti nel tempo (la detrazione per i lavori annuali avviene su base decennale) e 467 milioni di euro di lavori privati. Se gli incentivi dovessero essere confermati nelle modalità ad oggi esistenti la ricerca ipotizza dimensioni di circa 350 milioni di euro di lavori all'anno da qui al 2019.
La ricerca stima poi le dimensioni annue degli interventi di riqualificazione edilizia e energetica per gli anni 2013, 2014 e 2015 per le province e i comuni di Cagliari, Sassari e Olbia destinatari della idea progettuale avanzata dalla CNA. Nel 2014 la stima per la provincia di Cagliari è di investimenti di riqualificazione incentivati pari a 109 milioni di euro, di cui 29 nel Comune di Cagliari; a Sassari 70 nella provincia e 23 sul territorio comunale, e a Olbia 68 e 17.
Fonte: Stime Cna Sardegna/CRESME
L'integrazione delle risorse pubbliche e privateIl principale vantaggio di questo modello è quello finanziario.
La tradizionale articolazione del cofinanziamento degli interventi con i fondi strutturali europei (50% Europa, 25% Stato, 25% Regione) potrebbe infatti diventare queste: 50% Europa (ma per progetti complessi in grado di integrare risorse e coesione sociale il contributo europeo può salire al 60%), 25% incentivi fiscali già esistenti; 25% investimenti privati in micro riqualificazione. In ogni caso una quota parte del cofinanziamento sarebbe già disponibile.
Nel periodo 2015-2019 - evidenzia la ricerca - la Sardegna dovrebbe avere a disposizione per i progetti di riqualificazione un contributo potenziale misurabile in 1,7 miliardi di euro, di cui 555 nella Provincia di Cagliari, 355 in quella di Sassari e 345 in quella di Olbia. Questo mentre l'intero Piano Operativo della Regione Sardegna prevede 930 milioni di euro di interventi, dei quali 465 di cofinanziamento.
Fonte: Stime Cna Sardegna/CRESME
In pratica, secondo la Cna, il programma europeo 2014-2020 può essere una grande occasione per rilanciare il tema della riqualificazione urbana per l'efficientamento energetico e la riduzione della co2, integrando le risorse private, incanalate dagli incentivi pubblici sulla ristrutturazione (50% e 65%), mettendole in relazione con gli obiettivi tematici dei Fondi europei 2014-2020 attraverso un programma di " sviluppo locale sostenibile di tipo partecipato ".
" L'utilizzo dei fondi strutturali europei nella forma innovativa proposta rappresenta una straordinaria occasione di rilancio delle politiche urbane in Sardegna, un'opportunità per le nostre città, per il sistema economico e per l'intera filiera delle costruzioni chiamata a riposizionarsi in chiave ecosostenibile - dichiarano Piras e Porcu - L'industria delle costruzioni può non solo convivere, ma crescere e svilupparsi senza che vengano meno e si allentino le tutele ambientali, paesaggistiche, culturali.
La proposta che avanziamo intende rilanciare in chiave innovativa la cultura della rigenerazione come soluzione ai problemi prodotti negli ultimi 40 anni dalla cultura della espansione. Oggi è necessario spostare l'attenzione sulla città costruita, dentro la quale avviare azioni peculiari di restauro, ristrutturazione, bonifica e manutenzione del patrimonio edilizio esistente"
Lo stock edilizio in Sardegna e la sua manutenzioneIl numero di abitazioni coinvolte in interventi di riqualificazione e le somme complessivamente investite è quindi sicuramente rilevante, e destinato a crescere. Ma se da una parte il potenziale per la rigenerazione edilizia e immobiliare risulta elevatissimo, dall'altra va riconosciuto come non vi sia, come in passato, l'esistenza di un vero e proprio progetto/processo di riqualificazione del tessuto immobiliare, ma piuttosto una polverizzazione di interventi spiccioli mirati a sostituire elementi fabbricativi, impianti guasti o a migliorare l'aspetto estetico. La vera novità rispetto a quanto accaduto nei decenni passati, come vedremo, riguarda invece il tema, sempre più urgente, dell'efficienza, del risparmio e dello sviluppo sostenibile in ambito energetico ambientale.
Abitazioni in edifici con oltre 40 anni (ipotizzando che l'attività di nuova costruzione rimanga stazionaria sui livelli attuali)Fonte: elaborazioni e stime Cna Sardegna-CRESME/Si
Iniziamo con l'osservare come in Sardegna entro il 2020, ipotizzando che l'attività di nuova costruzione rimanga sui livelli degli ultimi due anni, oltre il 55% delle abitazioni insisterà su edifici costruiti più di quarant'anni prima. Se si riflette sul ciclo di vita del prodotto edilizio queste percentuali assumono una rilevanza ancora maggiore. L'aspettativa di vita media delle componenti di un edificio è infatti pari a circa 61 anni[1]. Ne consegue che il patrimonio edilizio regionale andrebbe, come minimo, tenuto sotto osservazione e monitorato costantemente, anche perché nel 2020 le abitazioni in edifici con oltre 60 anni (quindi, proprio il periodo convenzionale di aspettativa di vita prestazionale dei fabbricati) saranno circa 240 mila.
Stock regionale per epoca di costruzione nel 2011Fonte: elaborazione e stime Cna Sardegna-Cresme/SI
Ma come si presenta lo stock edilizio regionale oggi? Circa un quinto degli edifici e il 13,4% delle abitazioni sono stati costruiti prima della seconda guerra mondiale. In seguito, fino a tutti gli anni 90 l'edificato abitativo in Sardegna si è espanso rapidamente (il 76% degli edifici e l'82% delle abitazioni si riferisce proprio a tale periodo), con un numero medio di alloggi per edificio che è però rimasto relativamente basso (1,8, contro una media nazionale di 2,7). Solo l'ultimo ciclo immobiliare (post 2001), assecondando l'espansione urbana ed edilizia delle principali città, ha generato un numero elevato di edifici di dimensioni più elevate raggiungendo una media di 3,7 abitazioni per edificio (il 6% degli edifici e il 12% delle abitazioni risulta costruito dopo il 2001).
Per quanto riguarda le condizioni di manutenzione del patrimonio edilizio regionale, le indicazioni che arrivano dai dati Istat e dalle stime del Cresme non sono incoraggianti. Alla fine del 2012, oltre il 21% degli edifici si stima in stato di conservazione mediocre (19,3%) o pessimo (2,1%). Nel complesso si tratta di circa 106 mila edifici con evidenti necessità di riqualificazione. La forte correlazione tra la vetustà dell'edificio e le condizioni di manutenzione appare evidente: oltre il 44% degli edifici precedenti il 1919 si trova in pessime condizioni, ma su tutti i fabbricati risalenti a prima degli anni 70 si osservano alte percentuali di immobili con impellenti necessità di manutenzione straordinaria.
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[1] La media è ottenuta attraverso la ponderazione fra le aspettative dei singoli componenti con il costo necessario alla loro sostituzione o ripristino. Per esempio, i 15 anni delle chiusure con il loro costo di sostituzione, i 20 anni della lattoneria, i 150 anni del calcestruzzo (si pensi che il D.M. 14/01/2008 individua in 50 anni la soglia minima di vita delle strutture di opere ordinarie), ecc.