Riscoprire i classici: Il mare non bagna Napoli

Creato il 08 settembre 2014 da Vesuviolive

Capolavoro di Anna Maria Ortese, “Il mare non bagna Napoli” è un romanzo ibrido formulato attraverso inchieste giornalistiche, reportage e cronache sul mondo della Napoli del dopoguerra. La Ortese durante la prima Guerra Mondiale nel 1915 si trasferì direttamente a Portici, una cittadina del napoletano che vive la miseria della Grande Guerra. Solo nel 1928, l’ autrice ritorna a Napoli. Osservando la meravigliosa città, la Ortese rimane così sbalordita dal fascino partenopeo che lo descrive con le seguenti parole nel suo romanzo “L’ infanta sepolta”: “Per Napoli (…) il forestiero che giungeva in questa città ne aveva (…) una impressione stranissima, come di una orchestra i cui istrumenti, composti da anime umane, non obbedissero di più alla bacchetta intelligente del Maestro, ma si esprimessero ciascuno per proprio conto suscitando effetti di meravigliosa confusione”(L’ infanta Sepolta, Adelphi, Milano 1994).

Nell’opera “Il mare non bagna Napoli” è descritta attraverso cinque differenti racconti la realtà napoletana in tutta la sua miseria e distruzione: un mondo oramai decaduto in cui c’è ancora uno spiraglio di speranza. I vicoli partenopei sono il simbolo della difficoltà e della sofferenza di tutti i cittadini che abbandonano la città e allo stesso tempo si sentono da essa abbandonati. I protagonisti delle storie diventano uomini finiti e miseri, donne vecchie, deformi e malnutrite, persone che sfiorano ogni limite della sconcezza e la più profonda degradazione. Ma nonostante questo panorama disastrato la Ortese vuole sviluppare e riaccendere nei suoi lettori, e più nello specifico nel popolo napoletano, quello spirito critico e quella forza di mettersi in gioco per risollevare e migliorare la sorte della perla partenopea deturpata dalla cattiveria e dall’ ignoranza.

Anna Maria Ortese

Il romanzo si apre con un racconto di alta valenza simbolica intitolato “Gli occhiali”. La giovane protagonista Eugenia, una bambina quasi cieca, vede in un oggetto così semplice come un paio di occhiali, la sua risposta, la libertà, il suo riscatto. Tuttavia quando Eugenia riceve finalmente i suoi occhiali è costretta a fronteggiare un tipo di realtà turbata che proprio non si aspettava nella sua mente. Osservando i vicoli sporchi e ricolmi di gente abbrutita  dalla fame e dalla miseria, la giovane reagisce addirittura con un improvviso svenimento. Era forse meglio rimanere in un mondo opaco nel quale tutti i problemi erano offuscati? I racconti successivi invece sono perlopiù reportage sullo stile di vita napoletano, usi, costumi e tradizioni come in “Oro a Forcella” e il particolare racconto “La città involontaria”, grande omaggio alla “Divina” dantesca. Il romanzo si conclude con il racconto “Il silenzio della ragione”.

Anna Maria Ortese con questa ultima storia – denuncia vuole riscattare il ruolo dell’intellettuale partenopeo all’ interno della società come consigliere e maestro contro l’ignoranza (il vero tumore della città). In particolare la conclusione è dedicata ad un episodio dell’epoca in cui un gruppo di intellettuali partenopeo si sciolse. La cosa rappresentò un enorme salto indietro per la società verso l’ annebbiamento dei sensi e la distruzione intellettuale di una città che durante gli scorsi secoli è da sempre stata apprezzata da scrittori, scienziati, archeologi e personaggi colti e importanti provenienti da tutto il mondo. “Il mare non bagna Napoli” è un’ alta testimonianza della coscienza intellettuale dell’epoca del dopoguerra in cui a tutti i costi era necessario risollevare una città  ricca di meraviglie ormai rannicchiata e assopita sotto il velo della guerra. Il messaggio della Ortese non è però rivolto esclusivamente al secolo scorso, ma è un messaggio universale che possa fungere da obiettivo sociale per le future generazioni.


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