Gli ambientalisti lanciano l’allarme: cozze e ostriche, ovvero l’oro nero prelevato dai fondali del Mar Piccolo di Taranto, è a rischio diossina. Le analisi commissionate dal Fondo antidiossina del capoluogo jonico al laboratorio Inca (Consorzio Interuniversitario Nazionale di chimica per l’ambiente) di Venezia, parlano chiaro: c’é una concentrazione di diossina e policlorobifenili che raggiunge i 13,5 picogrammi per grammo quando la legge fissa un limite di 8. C’é quindi uno sforamento del +69%.
A rendere noti i dati, in un incontro con i giornalisti, sono stati il presidente del Fondo Antidiossina, Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti, presidente provinciale di Peacelink, che affianca la onlus tarantina nella ricerca. Aldilà delle vicende tedesche, si apre quindi, in Puglia, a Taranto, una questione determinante: c’é una contaminazione delle cozze. Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha convocato con urgenza per stasera un incontro tecnico per analizzare la situazione denunciata dagli ambientalisti: vi parteciperanno Comune, Provincia, Asl, Arpa e assessori regionali.
E sulla questione è intervenuto anche il governo: Silvio Borrello, direttore generale per la sicurezza degli alimenti del ministero della Salute, ha detto che “si attende una comunicazione ufficiale da parte delle Regioni, alla luce dell’odierna richiesta di monitoraggio dei siti italiani a rischio-dispersione. Se confermato il caso di Taranto, vogliamo partire con controlli ad hoc in collaborazione col ministero dell’Ambiente”. In campo sono scesi inoltre i Verdi: “Abbiamo chiesto all’Ue di fare controlli” sulla diossina, ha reso noto Angelo Bonelli, che giudica “estremamente allarmanti i dati sulla contaminazione resi noti dal Fondo antidiossina e da Peacelink”.
Intanto, sempre Matacchera e Marescotti hanno annunciato oggi di aver appreso che la Procura della Repubblica di Taranto ha incaricato in queste ore la Capitaneria di Porto di raccogliere informazioni: “non è esclusa – hanno detto – l’apertura di un nuovo fascicolo per inquinamento ambientale”. Le analisi, hanno precisato i due ambientalisti, “non riguardano i mitili di allevamento su palo e su galleggiante long-line che godono di una situazione presumibilmente migliore, in quanto non poggiano sul fondale. La diossina non è idrosolubile”. “Può essere assorbita dai molluschi – hanno aggiunto – se i fondali inquinati vengono smossi. Diossine e Pcb dei mitili possono passare alle orate e ai saraghi che si nutrono delle cozze del fondale”. “Nel marzo del 2008 – hanno ricordato – PeaceLink scoprì in un pecorino locale valori di diossine e Pcb superiori ai limiti di legge (19,5 picogrammi per grammo di materia grassa, quando il limite è 6).
Il raffronto fra pecorino e frutti di mare ha evidenziato una maggiore contaminazione nei frutti di mare presi dal fondale del Mar Piccolo: 1314 picogrammi di diossine e Pcb per 100 grammi”. “Mangiando 100 grammi di questi molluschi – ha detto Matacchiera – si supera di 9 volte la dose tollerabile giornaliera di diossine e Pcb se consideriamo una persona del peso di 70 chili. Una donna di 50 chili invece supera di 13 volte la dose tollerabile giornaliera”. Queste sostanze, per gli ambientalisti, “si bioaccumulano nell’organismo e sono un rischio cancerogeno e genotossico. Hanno cioé il potere di modificare il Dna che viene trasferito ai figli”.