Risolto il mistero delle “bolle gialle”

Creato il 28 gennaio 2015 da Media Inaf

«È partito tutto dalla domanda di uno degli utenti del “Milky Way Project”. Era proprio il primo giorno, quello in cui lanciammo il progetto, e lui mi chiese: “che cos’è questa?”. L’oggetto che lo incuriosiva aveva proprio l’aspetto d’una palla gialla, così non sapendo bene cosa rispondere gli ho detto, un po’ scherzando, che si trattava d’una #yellowball. Su talk.milkywayproject.org, la bacheca di discussioni del progetto, usiamo gli hashtag, e nei mesi successivi quell’utente e alcuni altri presero a taggare centinaia di oggetti. Ebbene, prima ancora di rendercene conto, ne avevamo un intero catalogo».

Così ricorda oggi a Media INAF Robert Simpson, ricercatore all’Università di Oxford nonché ideatore del progetto di citizen science The Milky Way Project, la scoperta delle yellowballs: conformazioni galattiche così chiamate, appunto, per la loro forma sferica e per il colore con il quale appaiono nelle immagini a infrarossi del telescopio spaziale Spitzer della NASA (esito cromatico dovuto alla sovrapposizione fra l’emissione da molecole e quella da polveri, rappresentate rispettivamente in verde e in rosso).

Nato nell’ambito di Zoouniverse (una suite di progetti di citizen science che invita gli utenti ad analizzare immagini astronomiche e altri dati tramite interfacce web dedicate), The Milky Way Project fa esplicito appello alla collaborazione del pubblico sin dal banner del portale. Che recita: “Vi chiediamo d’aiutarci a passare in rassegna decine di migliaia d’immagini del telescopio spaziale Spitzer. Dicendoci cosa vedete in questi dati raccolti nell’infrarosso, ci aiuterete a comprendere meglio come si formano le stelle”.

Detto fatto: appassionati da tutto il mondo hanno raccolto l’invito con entusiasmo, e a oggi sono quasi un milione e mezzo le classificazioni proposte “dal basso”. Fra queste, appunto, le yellowballs: da quel primo fatidico giorno, i “cittadini scienziati” hanno continuato a trovarne di nuove, arrivando a taggarne circa 900. Ma decifrare la loro esatta natura non è stato affatto semplice: ci sono voluti quattro anni, e un’analisi spettrale condotta per 138 yellowballs su più cataloghi, prima che un team di astronomi professionsiti, guidato da Charles Kerton della Iowa State University e da Grazia Wolf- Chase dell’Adler Planetarium di Chicago, arrivasse a concludere che le “bolle gialle” – grandi ciascuna centinaia, se non migliaia, di volte il nostro Sistema solare – individuate dai colleghi citizen scientists altro non sono se non una sorta di precursori di altre bolle (quelle dette “verdi”) che rappresentano a loro volta una tappa nel percorso che porta all’accensione delle stelle

Detto altrimenti, là dove oggi vediamo una bolla gialla assisteremo, in futuro, a un processo di massiccia formazione stellare. Non male, come risultato. E tutto grazie anche all’impegno e all’entusiasmo di semplici appassionati. “Scienziati per caso” che Kerton e gli altri autori dell’articolo scientifico che ne è derivato, pubblicato sull’ultimo numero di The Astrophysical Journal, hanno ringraziato citandone i nomi nelle conclusioni del paper: Sandy Harris, Ipspieler, Greg Galanos e Larry West. «Essere guidati dai volontari che collaborano ai progetti di Zooniverse», dice Roberto Simpson, «è un’esperienza fantastica: tutte le nostre scoperte migliori sono veramente loro, dunque facciamo il possibile per riconoscerne sempre il merito».

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Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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