Due sono le notizie importanti che stanno circolando in questi giorni a proposito de “l’abominevole uomo delle nevi”. Esiste davvero, ma non è un ominide.
Stando ad una ricerca condotta da Bryan Sykes, docente di Genetica Umana presso l’Università di Oxford, il leggendario Yeti altro non sarebbe che un orso nato dall’incrocio tra un orso polare e un orso bruno. Lo scienziato è giunto a questa conclusione analizzando dei presunti reperti provenienti dalla regione occidentale himalayana di Ladakh e del Bhutan, a circa 1.000 km più ad est.
Il campione proveniente da Ladakh appartiene ai resti mummificati di una creatura abbattuta da un cacciatore circa 40 anni fa. L’uomo rimase così colpito dall’aspetto di quell’animale che decise di conservarne alcune parti. Quello del Bhutan, invece, è un ammasso di peli rinvenuto in una foresta di bambù da un gruppo di documentaristi verso il 2000.
Confrontando il genoma con quelli conservati nel database Genbank gli scienziati hanno trovato una corrispondenza del cento per cento con un campione proveniente dalla mandibola di un antico orso, vissuto tra i 120 mila e i 40 mila anni fa a Svalbard, in Norvegia.
Quaranta mila anni fa è l’epoca in cui orso polare e orso bruno si separarono, continuando poi a vivere come due specie differenti. Sykes ha scritto un libro sull’argomento, intitolato: “The Yeti enigma: a dna detective story” in uscita la prossima primavera. L’”abominevole uomo delle nevi” dell’Himalaya discenderebbe quindi da un progenitore dell’orso polare.
La notizia è stata accolta con scarso entusiasmo dall’alpinista Reinhold Messner, primo uomo ad aver raggiunto la vetta dell’Everest senza ossigeno. Anche lui, nel 1986, mentre si trovava in Tibet si imbatté in quella terrificante creatura e da allora ha iniziato una sua personale ricerca per tentare di capire cosa realmente egli abbia visto.
In un manoscritto di 300 anni fa, ha trovato un disegno di un Chemo, il nome tibetano dello Yeti, con la scritta: “È una varietà di orso che vive nelle aree montuose inospitali”.
“Che novità è questa? – ha affermato in proposito, – Io lo sto dicendo da decenni che si tratta di un orso!”. Il mistero de “L’abominevole uomo delle nevi” è stato tramandato per secoli dalle popolazioni che abitano sul Tetto del Mondo e testimoniato in epoche recenti da alcuni scalatori, terrorizzati dall’incontro faccia a faccia con questa spaventosa creatura.
Quell’essere in grado di camminare sulle zampe posteriori, molto massiccio e coperto di peli, non sarebbe più soltanto il frutto della fantasia o della suggestione. Gli studi di Sykes saranno presto presentati in un documentario che verrà trasmesso da Channel 4. Lo scorso anno lo studioso aveva invitato tutti coloro che sostenevano di avere le prove dell’esistenza dello Yeti a mandargli i reperti in loro possesso per sottoporli all’esame del dna.
L’ipotesi più probabile, per il docente britannico, è che gli Yeti siano proprio degli ibridi fra due specie di orsi. “È un risultato eccitante e assolutamente imprevisto”, ha dichiarato alla stampa, aggiungendo: “potrebbe significare che esiste una sottospecie di orso bruno, sull’Himalaya, che discende direttamente dall’antenato dell’orso polare. Oppure che forse, più di recente, c’è stata un’ibridazione tra l’orso bruno e l’erede dell’orso bianco”.
Vanno completamente deluse le aspettative di quanti speravano di veder dimostrata l’esistenza di un ominide preistorico, sopravvissuto in isolamento qui e in altre zone inaccessibili del mondo.
E concludiamo con le parole di Sykes stesso: “Quella specie di orso non esiste più per la scienza, da 40 mila anni a questa parte. Ora invece sappiamo che un esemplare era vivo fino a pochi anni fa. E la cosa interessante è che abbiamo trovato questo tipo di animale alle due estremità dell’Himalaya: probabilmente ce ne sono ancora molti altri in giro”.
Rimane un quesito però, che si insinua nella nostra mente fino a diventare una sorta di “sinistro presagio”. Se lo Yeti è un orso, come mai, cacciatori e scalatori, quindi uomini preparati ad affrontare più o meno qualunque cosa, sono rimasti così profondamente “segnati” da questi incontri? Cos’hanno visto, essi, in realtà?
Written by Cristina Biolcati