Risorto
di Kevin Reynolds
con Joseph Finnes, Tom Felton, Cliff Curtis
Usa, 2016
genere, biblico, drammatico, avventura
durata, 107'
Della figura di Gesù
di Nazareth e nella fattispecie degli episodi legati alla sua morte e
resurrezione è già capitato che il cinema se ne sia occupato partendo da
un punto vista laico e materialistico. Nel
caso di “Risen” di cui qui vogliamo parlare la vicenda del tribuno
romano chiamato a indagare sulla sparizione del corpo del risorto trova
una corrispondenza ancora più forte con quanto già fatto in passato
negli sviluppi di una trama per molti versi simile
a quella de “L’inchiesta”, il lungometraggio del 1986 firmato dal
nostro Damiano Damiani. Non deve sorprendere allora che in sede di
presentazione la curiosità degli appassionati si concentri non tanto
sull’evoluzione dell’intreccio quanto sul nome del suo
regista e quindi di Kevin Reynolds, sodale di Kevin Costner nel mitico
“Fandango” e nello sciagurato “Waterworld” – diventato leggendario per
le difficoltà produttive e meteorologiche che ne hanno complicato le
riprese – e autore di quel “Belva di guerra”
che era stato capace di narrare il conflitto tra russi e afghani sulla
scia di un carro armato sovietico rimasto isolato in territorio nemico.
Tornato attivo dopo lunga pausa Reynolds conferma le qualità di
storyteller facendo di “Risen” una rilettura più o meno fedele
degli episodi del vangelo collegati agli eventi del film, ampliati dalla
componente apocrifa rappresentata appunto dall’invenzione del
personaggio di Clavio, il militare romano interpretato
da Joseph Fiennes, che nell’economia del racconto giustifica la
presenza della componente thriller legata appunto alle azioni scaturite
dal tentativo dell’uomo di trovare le prove della presunta impostura.
Forte di
un’iconografia oramai consolidata e però variata nella scelta di un
Cristo lontano dall’immagine wasp tipicamente utilizzata e qui
sostituita dalle peculiarità fisiognomiche dell’attore di origine
maori Cliff Curtis, il compito di Reynolds era quello di conciliare gli
eventi della storia ufficiale con il privato dei personaggi chiamati a
compierla, e quindi di rendere verosimile il passaggio che trasforma la
missione di Clavio in un viaggio esistenziale
tormentato e complesso che ad un certo punto metterà il militare di
fronte a una scelta senza ritorno. Al raggiungimento di un obiettivo non
scontato Reynolds aggiunge la coerenza dello sguardo che, nella messa
in scena sobria e parsimoniosa degli aspetti
miracolistici rispecchia non solo il carattere pragmatico e lo
scetticismo del protagonista ma consente al film di essere coinvolgente
senza scadere nell’enfasi declamatoria.