Qualche giorno fa ho pescato due perle belle grosse da un’intervista a Marta Ottaviani ospitata sulla rivista elettronica Diacronie. Studi di storia contemporanea. L’amico Francesco Marilungo ha scritto una lunga risposta in riferimento a quanto dichiarato sui curdi (la parola chiave più adatta è: agghiacciante!), questo blog è ovviamente aperto a TUTTI – Marta Ottaviani compresa, se lo riterrà opportuno – per confronti, critiche, litigi.
D: Adesso passerei ad un ad altro argomento comunque correlato con le minoranze e gli sviluppi storici recenti: la creazione di uno stato autonomo (federato) kurdo-iracheno non ha risolto i problemi, anzi, se possibile ha riacceso la tensione sul confine. È possibile pensare ad una via verso una maggiore autonomia per i Curdi di Turchia o sarebbe necessario un maggior coinvolgimento dell’Occidente?
M O: Questo più che un problema è una maledizione. Anzitutto i Curdi in Turchia si dovrebbero anche accontentare, nel senso che le loro condizioni sono migliorate molto col passare del tempo e i Curdi che oggi si oppongono a questa condizione sono una minoranza nella minoranza. Non vorrei essere cinica o indelicata, ma alla fine se una minoranza nella minoranza vuole creare dei problemi, la Turchia non ci può fare molto. Per esempio, ieri ho preso il taxi e il tassista curdo mi ha detto: «sì! ora le nostre condizioni sono migliorate, ma negli anni ’50 abbiamo passato l’impossibile e ora dobbiamo fargliela pagare». Ma che cosa gli fai pagare? Io guarderei al futuro e al fatto che mio figlio può stare meglio di me piuttosto che a pensare a una cosa che è successa cinquant’anni fa.
D: c’è un risentimento eccessivo…
M O: Beh, sì! A volte mi sembra anche molto strumentalizzato. Secondo me è inconcepibile che venga dato sostegno ad un organizzazione terroristica. Io credo che sostenere i terroristi sia sempre una cosa sbagliata. In secondo luogo, mi sembra errato sostenere un’organizzazione che si è evoluta come il PKK.
FM Stasera ho letto anch’io l’intervista per intero. Mi complimento con la rivista in generale e anche con le domande (anche se un pò più di insistenza e qualche richiesta di chiarimento sulla questione curda le avrei apprezzate).
Dopo aver letto per intero, le affermazioni della Ottaviani sui Curdi mi appaiono ancora più agghiaccianti.
Con ordine.
1- Definire “una maledizione” una lotta popolare nata dall’oppressione e dalla negazione dell’identità e che ha mietuto all’incirca 40.000 vittime (guerriglieri, civili e soldati dell’esercito turco) nel giro di 30 anni e che ancora continua a mieterne è quantomeno irrispettoso e indelicato.
2- Si sarebbe dovuto chiedere di cosa i curdi dovrebbero accontentarsi. Di TRT6? Dell’Istituto delle “lingue viventi” di Mardin? Di non dover oggigiorno pagare multe pecuniarie alla pronuncia di una parola curda? TRT6 lo guarda una grandissima minoranza di curdi e quando li interrogo sulla questione mi dicono “quello non è il curdo che parliamo noi. Quello è turco travestito con parole curde.” L’apertura dell’istituto delle lingue viventi alla Mardin Artuklu Universitesi è un fatto positivo (nonostante l’ipocrisia del nome), ma è una goccia nel mare che non può far fronte alla mancanza dell’istruzione primaria per una popolazione di circa 15 milioni di persone. I curdi hanno visto negare l’accesso al parlamento di 6 deputati regolarmente eletti alle scorse elezioni. 7000 persone della società civile sono sotto arresto preventivo. I processi per il KCK sono bloccati perchè agli imputati non si riconosce il diritto di difendersi in curdo. A dicembre 35 civili curdi tra cui molti bambini sono stati uccisi “per sbaglio” dai caccia turchi. Gli scontri tra forze dei guerriglieri e forze dell’esercito sono molto più frequenti di quello che si pensa e non tutti i giorni raggiungono le pagine dei giornali principali turchi. In questa primavera i bombardamenti degli elicotteri turchi sono stati piuttosto intensi. Ogni giorno da dietro casa mia decollano almeno 5/6 F-16 dell’areonautica; non penso facciano tutti i giorni esercitazioni. La pressione militare a cui sono sottoposti alcuni territori curdi (provinvce di Sirnak, Hakkari, Tunceli/Dersim, Bingol) è simile a quella che Israele esercita sulla cisgiordania.
3-Il successo elettorale storico raggiunto dal BDP (Partito della democrazia e della pace) alle scorse elezioni mi semra smentisca l’affermazione secondo cui “i Curdi che oggi si oppongono a questa condizione sono una minoranza nella minoranza”. Mai erano arrivati ad eleggere 36 deputati.
4-”la Turchia non ci può fare molto”, capolavoro! Sembra che i curdi siano piovuti dallo spazio e per sventura siano finiti a macchiare il lindo pedegree della Turchia. La Turchia dalla nascita della Repubblica in poi ha attuato delle politiche di colonizzazione interna. Potrebbe come minimo riconoscere i diritti fondamentali dei suoi cittadini d’etnia e lingua diverse da quella turca. La religione è un altro conto (almeno in Turchia, dopo Losanna).
5-Checché ne dica il tassista (sarà poi vero? mai sentito un curdo parlare così, nè fare riferimento agli anni’50 come periodo nero), i dolori provocati al popolo curdo non cominciano nè finiscono negli anni ’50. Se si vuole trovare una data discrimine quella è allora il 1984. La gente che ha fra i 20 e i 40 anni oggi ha vissuto nel periodo peggiore della repressione turca nei confronti dei curdi. Non stiamo parlando di beghe revansciste. Ho amici che si sono visti mitragliare i vetri delle scuole, con regolarità, dall’esercito. Conosco gente che è stata svegliata nel cuore della notte e perquisita in malo modo dall’esercito centinaia di volte. Vivo in una città in cui si sono riparate le migliaia di persone evacuate, nel giro di una notte, dai villaggi; gente con un curriculum da pastore finita a vivere di colpo in una metropoli di 1.500.000 abitanti. I ragazzi della mia età vivono un trauma psicologico insanabile: a sei/sette anni hanno iniziato la scuola in una lingua che non avevano quasi mai sentito prima. Hanno avuto difficoltà scolastiche, si sono sentiti dei ritardati. Ora non sanno più parlare propriamente il curdo, la loro lingua madre, e sono costretti ad esprimersi in una lingua che odiano. “Dobbiamo fargliela pagare”, in due anni abbondanti di kurdistan-turco è una frase che non ho mai sentito. In genere sento dire “basta”, “Artik yeter”, la gente è stufa dei morti, di vedere le madri (Le MADRI, turche e curde) piangere per i loro figli. La gente ha bisogno di diritti e libertà tutto qui. Non c’è nessuno spirito di vendetta. L’unica delle due parti che abbia dichiarato cessate-il-fuoco prolungati per favorire il dialogo è il PKK.
6- “Io guarderei al futuro e al fatto che mio figlio può stare meglio di me piuttosto che a pensare a una cosa che è successa cinquant’anni fa.” dice la Ottaviani. Il massacro di Uludere è avvenuto lo scorso dicembre. 35 innocenti. I morti nelle manifestazioni di piazza (Newroz, e altre) sono dei mesi scorsi. Gli arresti KCK continuano a ritmi impressionanti. Il ritratto che fa la Ottaviani dei curdi è quello di gente sfinita dal livore che non vuole accettare di stare meglio e ostinatamente crea scompiglio, terrore, morte…inutilmente. Ovvio, stra-ovvio, che non è così. I curdi vorrebero poter dire “mio figlio sta meglio di me”, solo che loro figlio non parla più la loro lingua, ha perso il contatto con una cultura millenaria e ricca, è stato arrestato per aver chiesto l’educazione in lingua madre, ha subito violenze sessuali nei carceri in cui era finito per aver lanciato una pietra ai blindati della polizia o per aver cantato uno slogan “separatista”, si è visto il proprio territorio devastato irreparabilmente dai “progetti di sviluppo”, di inurbamento forzato e dalle dighe che devastano il territorio per portare energia elettrica alle fabbriche dell’ovest. Perchè questo va anche detto, nel sud-est della Turchia, se si esclude forse Gaziantep, oltre alla repressione non è stato attuato negli anni alcun piano di sviluppo e di impiego, anzi, la migrazione interna verso l’ovest è stata favorita per avere mano d’opera a basso costo nel settore turistico, ad esempio, e per accellerare l’assimilazione.
7- “Io credo che sostenere i terroristi sia sempre una cosa sbagliata”, dice la Ottaviani. Sì, come accettare caramelle dagli sconosciuti, è sempre una cosa sbagliata. Oltre a dimostrare il prono allineamento della giornalista all’uso mainstream della parola “terrorista”, l’intervistata mostra anche di travisare i fatti (EU e USA dettano e i giornalisti scrivono…): il Pkk, checché se ne voglia pensare ha smesso di attaccare target civili da anni e anni, da decenni ormai. Ci sono stati casi di perdite di civili spesso in situazioni poco chiare, nel fuoco incorciato fra pkk e esercito, con quest’ultimo che poi ha tutto l’agio a livello di stampa di gettare la colpa sugli avversari. Se i target civili sono da considerarsi propri delle organizzazioni terroristiche, l’uccisione di 35 persone da parte dell’esercito tramite bombardamento aereo è da considerarsi atto terroristico. Del resto la nozione di terrorismo di stato qualcuno dovrà pure spolverargliela alla nostra giornalista. Io sono fra quelli che spesso critica i curdi per il loro attaccamento spesso miope al pkk e al leader Ocalan, perchè questo attaccamento non fa altro che replicare in senso opposto il kemalismo turco e non può portare alla soluzione, al momento. Però sono pure consapevole che ragazzi e ragazze di tutte le età, laureati anche dalle migliori università di Istanbul, sono partiti per andare sulle montagne a dare la vita per una causa, quando la loro libertà di movimeto, la loro indentità, culturale, storica, linguistica (a volte anche religiosa), veniva non attaccata, ma negata e repressa da uno stato razzista. So che la gente è salita sulle montagne quando non rimaneva loro altra soluzione. Ma i curdi, sebbene la Ottaviani non lo sappia, hanno una dignità e un onore e non si lasciano strappare una storia antichissima dal primo stato-nazione-laicista-militarista che capita. Hanno resistito per secoli all’accerchiamento di turchi, persiani e arabi, tanto per dire. Starei attento a semplificare con la frettolosa parola “terroristi”.
Bene quando ci spiega la laboriosità e la modernità sfaccettata di Istanbul, bene quando ci illustra le politiche ipocrite dell’Europa nei confronti dell’ingresso della Turchia, bene quando ci illustra le relazioni commerciali con l’Italia. Bene. Quando parla di curdi però, la Ottaviani, dovrebbe mettersi in bocca (se in cuore non è possibile…) il rispetto!