La realizzazione di un soppalco è tra gli interventi di ristrutturazione che richiedono il permesso di costruire poiché comporta un aumento della superficie utile. Il Comune può quindi sospendere i lavori e ripristinare lo stato dei luoghi, in assenza di permesso, anche se l’intervento non è stato completato mediante il piano di copertura.
Lo stabilisce la sentenza n. 720 dell’8 febbraio 2013 del Consiglio di Stato (Sezione Sesta).
Nella sentenza, i giudici di Palazzo Spada si rifanno all’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 che dispone che devono essere subordinati al rilascio del permesso di costruire “gli interventi di ristrutturazione edilizia”, cioè quelli che, tra l’altro, comportino un aumento di superfici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A comportino mutamenti della destinazione d’uso. Si tratta di una previsione di particolare rigore per i centri storici, finalizzata ad evitare indebite alterazioni dei loro delicati equilibri abitativi e funzionali.
L’art. 33 del d.P.R. 380/2001 prevede che, nel caso in cui vengano eseguiti lavori senza permesso di costruire o in totale difformità, la sanzione irrogata è quella della rimozione o demolizione, cioè senz’altro quella ripristinatoria.
In presenza di lavori in corso, sospesi con apposita ordinanza comunale, non è possibile fare leva sul forzoso mancato completamento degli interventi per dedurne la loro non riconducibilità alle categorie giuridiche descritte dal d.P.R. n. 380 del 2001: è sufficiente che, al momento dell’accertamento, risulti chiaramente, come nella specie, che la finalità perseguita con gli interventi allora in corso di espletamento sia quella di realizzare un soppalco affinché l’amministrazione possa ordinare, come è legittimamente avvenuto nella fattispecie, la sospensione dei lavori e il ripristino dello stato dei luoghi.
Il Consiglio di Stato osserva che gli interventi di costruzione del soppalco costituiscono elementi indici di una complessiva attività edilizia volta al mutamento della destinazione d’uso.